La sedia della maturità è molto più di un oggetto. In quella mezz’ora, di seduta, sulla sedia, tutto ruota nella testa, le sue rotelle, (ma anche senza rotelle, che va bene ugualmente) in quel preciso momento, con tutta l’ ansia accumulata, poi, a radiografarla e’ come in un flipper, che stelle ce ne sono a milioni; ruota il candidato, alla Mose’ in san Pietro in Vinvoli, con la sua torsione, che sembra prendete la via di fuga, verso sei visi, che scrutano, domandano, ascoltano, pesano, la solitudine di quell’istante. Passano velocemente in mezz’ora cinque anni, due guerre mondiali, morti, vinti, vincitori, Foscolo, Ungaretti, Montale, Pavese, i contratti, le societa’, atti e contratti, Cassola e la fabbrica e la sua paga del sabato, l’iscrizione dopo la terza media, le gite, le vacanze, di Natale, estive,
di Pasqua, gli amori, soprattutto quelli non corrisposti, le delusioni, quelli che non si sa mai… gli intervalli, i libri, gli appunti; poi termina tutto con la domanda del Presidente: “che farai da domani? Progetti? Lavoro o Università? ” La seduta è tolta, e tutto si scioglie in un men che non si dica: in una stretta di mano.. rimettere la sedia in ordine, al centro della classe, chiudere la porta, che dentro si discute il voto e… e avanti il prossimo. Sembra ieri quando al posto del candidato A. e la sua tesina sul lavoro, c’ero io e la mia solitudine e la giacca e la cravatta troppo stretta che non vedevo l’ora di toglierla e la sedia messa in ordine per A. Ma non era ieri. Era oggi, la maturita’ di A., C, A., S…
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Roma, 60
Ri-ri-ri buongiorno Roma
Ri-ri-ri verrebbe da chiedersi il lettore o potenziale letore. Bhe’ perche’ da qui il buongiorno e’ stato dato varie volte. Buongiorno Roma, romane e romani, sindaca o sindaco il che e’ lo stesso. Mi son sempre piaciute le finestre sul mondo e forse per questo mi piace leggere i giornali in ogni citta’ in cui mi reco. E poi, le finestre sul mondo aprono nuovi sguardi, portano aria fresca e ti proiettano oltre. Oltre me. Ma non era un vino? Non solo. Grida, per le strade e piazze romane eppure fino a un’ora fa la citta’ era sonnacchiosa, luce e ombra ricercata per quei pochi scommettitori e fini ricercatoti di angoli sconosciuti in una grande bellezza. Ecco vorrei scrivere fino ; giochi di bimbi festosi, una colazione pronta e una consumata a meta’. E una da fare. La mia
. Mi piace consumarla a Termini dove i viaggi cominciano e…. terminano. E’ tutto un gioco, anche scivare trolley che ti vengono incontro per poi titirarsi con semplici scatti come onde marine. Viaggi che terminano cominciano e talvolta continuano anche. Mi piace consumarla qui, la mia colazione, sotto la lampada Osram, che e’ un po’ la mia finestra. Qui, nell’atrio di Termini dove non si sprecano mai sorrisi…. lunghi come dei viaggi. Qui dove il tempo resta cristallizzato anche quando gli anni trascorrono. Qui dove allungavi qualche mille lire per un Porta Portese ad uno dei tanti giornalai per la pesca di un lavoro.
Il tabellone arrivi-partenze gira in continuazione e io e noi tutti con lui. Le storie si che ci muovono sempre. E sai quante se ne potrebbero scriverle dopo averle ascoltate? Allora sai che si fa? Mi ci tuffo, nella citta’ Eterna. Oggi ho programmato la visita ai dipinti di Caravaggio. Vedremo cosa riusciro’ a pescare. Questo fa parte anche del mio lavoro. E allora, programmiamo questo lavoro, un occhio al Senato, un occhio a via del Corso.
Questa mattina avevo pensato di dedicarla ai dipinti del Caravaggio, disposti in varie Chiese o Basiliche o gallerie. Alla fine, direi che e’ andata bene anche se non benissimo. Di strada ne ho fatta parecchia e… poveri piedi: (i piedi, quelli rappresentati da Caravaggio nel dipinto della Madonna dei Pellegrini nella Chiesa di S. Agostino, stupendi) da piazza del Popolo a piazza Navona
, passando per via del Corso
passo piu’ passo meno. Ma ho tratto anche tanti particolari fonte di allegria. Bimbi che giocano in piazza del Popolo con un papa’ e preti lungo via del Corso. Gia’, in fondo a piazza del Popolo lato Nord vi e’ una Basilica al cui interno sono conservati dipinti del Caravaggio ma in quel preciso istante si celebrava la messa per cui velocemente ripiego su San Luigi dei Francesi. Entro, la messa e’ in francese. Qualcosa la comprendo. Sento la lettura, Mose’. Penso a quello di San Pietro in Vincoli, quello di Michelangelo
che tanto mi emoziona. Per vedere il Caravaggio dovro’ attendere il termine della Messa. In fondo, a sinistra, la cappella Contarelli. Anche qui era in corso la celebrazione della santa messa, in francese. Le letture di oggi ci parlano di Mode’ e io non posso non pensare a quello di Michelanfelo in SanMa ho saputo attendere. Il ciclo di Matteo, vocazione, ispirazione, martirio. Il ciclo appare in tutto lo splendore. Luci che continuamente si accendono e spengono. E’ tutto una meraviglia. Esco e vado a rivedere la Madonna dei pellegrini, sempre di Caravaggio, piazza delle 5 Lune e sono in S. Agostino. Qui si puo’ ammirare anche un dipinto di Raffaello.
Ieri un pomeriggio intenso e vorrei lasciar parlare le immagini.
Conero-Ravenna-verso Roma
Causa mal funzionamento pc ho dovuto interrompere la descrizione del viaggio che si e’ concluso a Ravenna dopo una breve puntata a Pesaro. A Ravenna un veloce “ripasso”dei mosaici presso s. Vitale e S. Apollinare Nuova e una lustrata alle vetrine e ai dolci del bar-psticceria Ferrari.
. Una visita al mare e un’altra tra le dolcezze infinitedel bar pasticceria Ferrari. Questa mattina il viaggio riprende e continua la bella estate.
Roma Termini. Ore 12. 15. Un pochino di ritardo ma riesco a tollerare e a perdonarlo. Binario 2, carrozza 11 che diventa prima, testa treno. Via Marsala, qualche passo per la chiave e mi butto dentro. Ma, solo il tempo di lasciare lo zaino e poi perdermi nella citta’ eterna. Piazza della Repubblica, un’occhiata come sempre a Santa Maria degli Angeli per contemplare il capolavoro di Michelangelo. Starei ore ad ammirare questa notevole struttura. Via Cavour e la prima cosa che cerco e’ il Mose’ in San Pietro in Vincoli. Chiusa. Riapertura per le 15. Opto allora per il Colosseo, appena restaurato. E’ stupendo. Poi via Claudia e sono al Celio. Lavori per la metro fervono. Non c’e’ che l’imbarazzo della scelta.
Da Torino a Roma
Un sorriso, un viaggio, lunghi entrambi, quanto basta e non importa il quanto ma quanto intensi.
Non importa la meta ma il viaggio stesso. Siamo arrivati a Roma, quasi una classe. Di classe. Si e’ scelto come trascorrere le vacanze, due giorni che attaccati al sabato e domenica fanno 4. Le nostre vacanze di Carnevale un pochino anche con gli ultimi. Coriandoli e stelle filanti pet noi e il nostro coraggio. “Mi riguarda”. Partenze con mezzi e orari differenti ma un unico obiettivo: conoscere e capire di piu’ di quel che sappiamo e siamo. Un pomeriggio, una sera, una notte e Roma e’ nostra. Non e’ un “sacco” ne vogliamo saccheggiarla, Roma, ma riempire solo e soltanto il nostro, di sacco. Di conoscenze. Ritrovarsi sulla spiaggia verso le 14 dopo aver dato una mano per come potevamo e per come sapevamo, “per ultimi insieme agli ultimi” e’ stato bello, empatico, formativo. Chi ha e chi no. Il mondo diviso. Molti di noi non vedevano il mare da un po’, praticamente dall’anno scorso.
Ostia.
Non e’ dei migliori ma il mare e’ sempre il mare. Calmo, come noi, ora. Viaggio come spostamento e interiore. Surf in mare e spiaggia compatta, scura. Devo dure che alcun* sono stati grandi: dopo un viaggio lunghissimo con Megabus, dodici ore circa, da Torino, per fare del volontariato bella capitale. Un impegno che sottolinea certamente una gran voglia di fare meglio, per un altro mondo possibile. Una scena da film vedere i ragazz* correre e lasciarli li, nei loro spazi e vita. Poi, un ciao e un arrivederci al servizio serale. Gli ultimi saranno i primi e noi affianco a loro. Io intanto ne approfitto e vado a fare incetta di cultura. Parto dal Mose’

di Michelangelo e molto altro. Per il “flipagram” …quelli di prima devono fare i compiti.
Intanto assaggio qualche cosa di buono da mangiare condivisa da alcun*….compagni….Compagni che significa condividere il pane. Giro e rigiro alcune zone di Roma, per arte e cultura. Incrocio sacche di poverta’ a me sconosciute. Un fuoco per scaldarsi, tende come riparo e casa e cartoni per dormire. Nascosti, a due passi dal via vai frenetico.
Poi, a sera, Roma by night.
In giro per la citta’
Iniziano i lavori su corso Principe Oddone. “Zitti, zitti, forse la ripresa, allora, e’ davvero vicina”. Finalmente verra’ cicatrizzata, e presto, la ferita che ormai da anni divide due circoscrizioni.Da queste parti. Questione di mutamenti sociali per mezzo dell’accelerazione sociale. La’ dove un tempo passava il treno..a bassa velocita’, la direttrice Torino Milano Venezia, ora sistemata anche come alta nella pancia -“bassa” almeno fino a Stura; prima, un ponte in ferro divideva via don Bosco da via Maria Ausiliatrice, poco distante da li, la palina del bus, luogo di incontri e di amori e di promesse da mantenere, una sorta di lampada Osram ( e non solo a Termini, vedi Baglioni) tutta torinese e per pochi intimi.
Cosi le voci da corridoio di corso Principe Oddone. Una macelleria, una tintoria, una pasticceria in una manciata di numeri civici mentre ora, niente. Una farmacia , Ausiliatrice, che resiste, e una palina dei bus e una cabina dove ci si sentiva e si pensava all’amore infinito e agli infiniti amori trovando talvolta ricovero proprio sotto quel cerchio e la cornetta rossa, in occasione di certe “tempeste”. Da dietro questa recinzione scruto come certe distanze si accorcino: corso Venezia e oltre… Se da una parte della citta’ i lavori vanno a cominciare a due passi da li basterebbe fare solo un po’ di pulizia. Di tanto in tanto qualcuno, armato di bastone e lenza, si dedica alla “pesca”, complice anche la vicinanza del fiume l’analogia e’ immediata: racchette da tennis, scarpe, oggetti di ogni tipo e fattezza…. da pescare, sul vero senso della parola, oltre le sbarre dopo che alcuni hanno gettato centinaia di oggetti, oltre, pensandola come fosse discarica. Siamo a due passi dal fiume Dora, due da via san Pietro in Vincoli… Ma girando per la citta’ alcune stranezze che potrebbero far sorridere altri si palesano ai nostri occhi confondendo un po’…. dalle parti dell’ex stadio comunale ora Olimpico qualcuno ricerca ma non si sa bene cosa…
San Pietro in vincoli, il cortile del Maglio, Borgo Dora
Una giornata al mercatino, tra San Pietro in Vincoli, il Maglio e oltre. A Torino. Una babele di lingue. Tutto così diverso, rispetto al mattino, quando un campanile batte le sette. Tutto così diverso, quando l’identico campanile batte le 14. Una folla mai vista. Il blocchetto resta infilato in una delle tasche del giubbotto. Impossibile scrivere e appuntare stati emotivi, speranze, dubbi, ansie. E’ un mercato enorme, a cielo aperto. Si contratta ogni cosa. Ogni tipo di prodotto: scarpe di ogni tipo, orologi, cellulari, macchine da scrivere, una bicicletta…..quadri. Un quadro ha ricordato la ragazza con l’orecchino di perle. Ora esposto a Bologna. Questo è una copia. Molto alla lontana. Un altro quadro è una sequenza di vita: il mare, d’inverno, la sabbia e scritte su di essa, la schiuma che se la mangia e il vuoto. L’urlo di sofferenza. Ma l’urlo vero è altrove. Questa è una riproduzione. E poi, mobili, pentole, un baule. Piatti, bicchieri, posate. Armadi. E poi libri. A montagne. Un libro di poesie, con una foderina proveniente dalle parti di Urbino, il titolo, molto confuso, come l’autore. Si vede solo sulla foderina un fischietto da ferroviere e un treno. Sbiadito, confuso. A tratti doppio. Forse era un libro per bambini, di fantasia, dato che è appoggiato ad un Pinocchio della stessa zona che abbraccia un giocattolo, forse un violino. Una bandiera del Brasile, molto sciupata. Peccato. Un triangolo di oggetti a pochissima distanza. Triangolo, figura geometrica misteriosa, perfetta. Jules, jim ed Helen osservano gli oggetti. Una quantità impensabile di oggetti. Cassette di una volta, mangianastri, televisioni. Musica di Battiato e Renato Zero a confronto. E molto altro. E tutti a curiosare. Dieci, cinque, due euro. Vestiti, poi, in gran quantitativo. Chissà. Ho provato a ripercorrere quella “manica” che confluisce verso il Maglio. Impossibile passare, talmente affollato, questo spicchio di terra, da così tanta umanità.
Il ritorno di Piazza Sassari
A ben osservare la vita dei Quartieri, Piazza Sassari, nella Circoscrizione 7, quella vicino il “Pere Lachaise” torinese, san Pietro in Vincoli, è stata riconsegnata ai cittadini. Liberata. Incastonata fra una via, Sassari, e un corso, Ciriè, chiusa da una via, Cigna, a traffico sostenuto, da sempre è stato un piccolo polmone per i residenti della zona denominata Valdocco. Per intenderci, alle spalle della Basilica di Maria Ausiliatrice, o, davanti il teatro don Bosco. Per festeggiare il ritorno al pieno possesso e la fruibilità di spazio pubblico da parte dei cittadini, sarebbe valsa la pena farvi un giro, una visita, con “riciclo“, una bici in bella esposizione in centro, a Torino. Fabbricata con materiale da recupero. Una bici bianca, in piazza Castello. Davvero carina. Una cartolina. Anzi, due. Perché anche Piazza Sassari truccata a nuovo, ora, non è male. Certo, in Via Cigna non transita la metro, pero’, anche il bus dieci, con un po’ di immaginazione…riuscirebbe nella trasformazione. Non era una chitarra che nei sogni di bambino diventava una spada?
Un pezzo di verde che torna ai cittadini. Finalmente. Tra poco, con le giornate che si allungano, torneremo a vedere biciclette, di quelle vere, pero’, e palloni. Tempi lunghi e spazi dilatati. Talvolta “spuntano” anche quaderni e libri con nonni improvvisati maestri intenti al doposcuola. Nonni multitasking, a dire il vero. Con un po’ di immaginazione, la “pianta” della piazza potrebbe rassomigliare ad una conchiglia. Tendendo l’orecchio, si potrebbe provare a sentire il mare e vociare di bambini e gabbiani in lontananza. A dire il vero, anche senza ricorrere al pensiero del mare, le grida dei bambini e dei gabbiani, si sentono ugualmente. Piuttosto, la memoria, potrebbe aiutare nel recupero di quanto e come in questa piazza, complessi da oratorio hanno allietato le feste di Carnevale. Sembra di sentire ancora Fulvio intento a cantare qualche canzone di Zucchero. Tempo di Carnevale, un po’ come oggi. Coriandoli e bugie. In gran quantità. Dolci, a volte meno. Zuccherose, a velo o con granuli. Talvolta amare. Difficili da digerire e da scordare, in certi frangenti della vita poco carnevaleschi. Coriandoli a pioggia. Piazza Sassari. Luogo di parcheggio dell’auto. Punto di ritrovo per le gite di Oreste, Davide, verso Sud, direzione lavoro. E che dire delle lezioni ripassate, strada facendo, direzione fermata dieci e poi scuola, con la compagna di banco? Giacchetta e vestitino buono, per l’interrogazione. Poesie mandate a memoria mentre la “fusione” poteva attendere. Tempo che va, tempo che viene.
San Pietro in Vincoli come Pere Lachaise
L’orologio ha battuto la sua ora. Per sette volte il suono della campana è stato fedele compagno di viaggio, nello scandire tempo e ritmi. Di lavoro nel lavoro. E nei viaggi, spesso, si è costretti a chiacchierare e ascoltare con chi non se ne avrebbe voglia. Un po’ come capita a taluni quando il lavoro… E spesso alcune attività non sono e non sono mai state proprio ottimi compagni di viaggio. Spesso capita che durante un viaggio, pur non conoscendone i compagni, forzati, se ne condivide almeno una cosa: la meta finale. Ci si sopporta. Si pena. Si condivide. Si fantastica. Poi, la meta finale. Un “mondo nuovo”. Nel viaggio capita che si parla, oltre il più e meno. Li sopporti meglio, anche se quei compagni, dicono di tifare Atalanta, e la domenica, finite le vacanze, saranno allo stadio comunale, biglietto alla mano per vedere Juventus-Atalanta. Li sopporti. Anche se non tifi Atalanta e non tifi Juventus. E magari del calcio non ti importa più nulla. Sopporti, loro, le loro compagne, addobbate in twin-set e cappotti neri, lustrate come fossero già pronte per il Capodanno, appena arrivate per festeggiare sugli Champs Eliysees. Bottiglia alla mano. Invece, il viaggio, è ancora lungo su quel “Napoli express”. Il confine, la neve, la notte. La fatica si fa sentire. Ti entra dentro, la porti addosso. Ma poi, la meta. Come l’uscita. Dal lavoro. Questione antica, nuova, modificata. Lavoro assente, alienato. Lavoro che ingessa. Perso e da ritrovare. Lavoro di un tempo, faticoso certo, ma con momenti belli, di festa. Come quando comprare un paio di scarpe diventava una festa, e il giorno di festa si espandeva e generava festa quando la domenica eri orgoglioso di calzare quelle scarpe. E un po’, qui intorno, alcuni “scheletri” oggi ci indicano fabbrichette di un tempo. Sale igieniche appena terminato il lavoro e armadietti dove riporre tute blu. Apprendisti con contratto alla mano, accompagnati da qualcuno che sapesse difendere le ragioni degli ultimi. Contro il padrone. Operai e famiglie felici di rivedersi, ricongiungersi dopo una giornata lavorativa, per un gelato, da consumarsi in piazza. L’operaio Mario, che aveva lasciato la figlia Marina, la sua frangetta, così bella nel suo dolce dormire nel lettone con la mamma. Marina, che non va ancora a scuola ma che sicuramente è brava e diventerà bravissima col caldo abbraccio del papà. Mario, che pensa e ripensa a Giovanni, il suo “sindacalista” quando ancora non ne conosceva l’esistenza. Latte caldo e miele, le notizie alla radio. Tram che sferragliano, come il dieci, il dodici. Tempi duri. Risvegli. Dopo la suonata della settima campana, la riappropriazione dello spazio, del tempo, del pensiero, del sogno. Come il primo battito, anche questa “settima battuta” di campane da istruire” si ripropone l’identico scenario del mattino. Torino un po’ come Parigi. Il fiume, in riduzione anche questo, le nebbie, un caffè, corto, da poco sorseggiato, anche questo, in riduzione…ma la metro è nei ricordi. Come il Trocadero, Bouburg, la Tour Eiffel. Il vento che smuove i capelli. Il freddo che gela le dita. Un cane appostato, un grigio. Da queste parti, è sempre stata un’ottima compagnia, discreta. Un fedele compagno, perché è nelle difficoltà che un amico si fa presente. A nostra insaputa. In “lontananza” altri bambini che giocano alla lippa. Un ragazzo, che potrebbe essere un valido apprendista intona e fischietta una canzoncina: “Now Main street’s whitewashed Windows and vacant stores, Seems like there ain’t nobody wants to come down here no more” (Bruce Springsteen, My hometown)… I cancelli della scuola e del lavoro, oggi, per lui sono chiusi. Nessuno lo accompagnerà e aiuterà a firmare un contratto. Il lavoro, semplicemente, manca. Per ora. Sa solo fischiare. E quindi, si diletta a fischiare. In attesa. Così di moda, gioco e fischio, da queste parti, su queste strade, su questa terra, sempre nuova, oggi come ieri, quando il lavoro, almeno un po’, c’era. Terra santa, sociale. Terra di promesse e di riscatti. Passion, lives here. Again.
San Pietro in Vincoli un po’ come Pere Lachaise
Lasciati alle spalle i giardini, in rifacimento, e attraversata la strada a grande scorrimento, via Cigna, ci si inoltra in una via, piccolissima. In alto, a lato di una costruzione, all’inizio della via, due insegne, una nuova, in marmo, una datata e ne indicano il nome. La cifra è identica: Via Robassomero. Da qui, alcune volte, si riesce a sentire il rumore delle campane di una Chiesa poco distante e immaginare “abiti bianchi” al lavoro, affacendati nelle cure del prossimo. In una Piccola Casa. Lentamente, camminando, socchiudendo gli occhi, si puo’ facilmente immaginare un paio di stazioni della metro, due linne che attraversano questo spicchio di città, la 2 e la 3; una salita, appena sbucati fuori dalle viscere della metro e un grande boulevard. Un vialetto, al fondo cinque arcate, una centrale. Illuminazione. Non come un tempo. A sinistra, un altro vialetto con una piazzetta. Qualche vetro e residui “bellici” da capodanno sparsi qua e là; numerosi vetri, a far loro da compagnia. Peccato. Una nota stonata fuori da questo bel coro. Più avanti, verso destra, un altro vialetto, verso il Maglio. L’umidità annuncia acqua, fiume. Una delle due Dora. Continuando a tenere gli occhi chiusi, con un ulteriore sforzo di fantasia, si puo’ immaginare di essere nei pressi del grande Pere Lachaise, ragazze e ragazzi che sciamano, chitarre al collo, anche se fuori stagione, e cappelli vari, sciarpe, guanti, libri aperti, sottolineati, guida turistica, a raggiera e tantissimi numeri. Jim Morrison, uno dei primi nell’affannosa ricerca: qualche bottiglia, un pacchetto di sigarette, poesie, biglietti vergati a mano, pelouche, qualche lumino acceso. Il freddo gela. Vapore fuoriesce dalle narici. Alcuni gradini, una sosta. Poi, è la volta di Oscar Wilde, Piero Gobetti…Il grande sogno proprio nel momeno in cui fa rivivere una grande bellezza, è interrotto dal rintocco di una campana…uno, due, tre…sette. E’ quasi ora…Pero’, in questo breve tratto torinese, con questa minuscola via e questo altrettanto piccolo cimitero, dove d’estate si tengono concerti, si è avuta davvero la sensazione di vivere “per sottrazione”, (come lsa esserlo Torino in alcuni frangenti), a Parigi. A due passi da qui, il Serming e la scuola Holden..Potessi frequentarla! Il sogno prende nuove e diverse forme…anche la nostra città è molto lumiere.