Archivi tag: libro

11 luglio

Orvieto 9 7 2016 foto Borrelli RomanoFrugo  nella tasca dei pantaloncini,  prima a sinistra,  poi a destra,  alla ricerca delle chiavi del portoncino di casa.  L’unico tintinnio però  è  di qualche spicciolo rimasto da chissa’ quale viaggio.  Resto,  di chissa’ quale mostra o galleria. Perche’il viaggio e’ trasversale,  a cavallo tra storia,  geografia,  storia dell’arte, architettura,  religione,  usi,  costumi. La vita si sa e’ un viaggio e ciascun viaggio e’ una metafora di vita. Ma quel che mi servirebbe ora manca.  “Dovro’ aspettare che qualcuno entri”,  penso. ..   Come si vede,  siamo sempre in attesa di qualcun*.  Allargo l’orizzonte e scruto una panchina,   dalla parte opposta della strada che si offre alla mia vista e stanchezza. Mi strizza l’occhio e mi invita.  Ripiego verso di lei,  mi siedo e aspetto che qualcuno dall’altra parte della strada inserisca le chiavi nella toppa e  apra quel benedetto portoncino.  Aspetto,  come il cane aspetta il rumore del carretto,  o,  orecchie attente,  un ipotetico intruso. Aspetto,  come il bimbo il suo riposo notturno. Il tempo passa,  i bus caricano passeggeri madidi di sudore.  La voce metallica del bus si sprigiona e investe l’aria circostante  ad ogni apertura di porte mentre da esso si   scarica fuori aria fresca condizionata che si disperde in tempo zero;  intanto  il bus incorpora e sale a bordo   calore,  “sprovvisto” di biglietto. L’autista ha un fazzoletto al collo e il braccio fuori dal finestrino. “Direzione,  numero e prossima fermata”,  nel mentre si aprono le porte sento la stessa filastrocca una infinita’ di volte: numero, linea,   direzione,  prossima fermata. Tutto cio’ mi ricorda che sono “atterrato”in citta’ ancora una volta,  ritornato  dai miei “pellegrinaggi”.  Citta’ che in quel fazzoletto di terra tra corso Principe Oddone e corso Regina Margherita (a due passi da piazza Statuto) e’ avvolta da un nastro d’asfalto intorno ad una rotatoria perenne. Solo il tempo di disfare lo zaino,  cambi,  ricambi,  libri (viottoli cartacei e vere autostrade da sfogliare,  Costantino in primis) biglietti e “viaggero'” (un tempo avrei pensato tratte e paghero’). “Comunque andare”.  Ancora.  11 luglio.  L’Italia campione del mondo. Zoff,  Gentile,  Cabrini,  Scirea… Cabrini al 5 sbaglia il rigore: e la leva calcistica del ’68  risuonava ma solo in quel momento,  poi Rossi,  l’urlo di Tardelli e Pertini che esultava. Pertini Presidente della Repubblica . Pertini Partigiano. Pertini con la pipa,  gli occhiali e un mazzo di carte di ritorno dalla Spagna.  Controllo le cose da fare,  gli appunti presi,  e questi si che non li scordo,  nel blocchetto sempre a portata di taschino. “Davvero? Davvero?” faccio il verso alla ragazza della pubblicita’ che si vuole sempre connessa.  Si. Tra i tanti foglietti,   uno che L.  mi regalo’ con un appunto,  sul viaggio.  “Le nostre valigie battute erano ammucchiate di nuovo sul marciapiede,  avevamo una lunga strada davanti. Ma non importava,  perche’ la strada era lontana”(Jack Kerouac). Sorrido,  torno a Orvieto,  a riguardare le cose, con gli occhi,   le prospettive sono varie. Orvieto 9 7 2016.Borrelli Romano foto Un cartello e come viaggiare.  Essere come vuoi d’ una questione di scelte.  Oh,  finalmente entra qualcuno. Salgo. Ho lo zaino da preparare.  Il viaggio continua. Gli esami di maturita’ anche. Almeno fino al 13. Poi,  vacanze vacanze.

Palme tra le “palme” e vita agli Ulivi Salentini

Foto, Borrelli Romano. Ulivi, SalentoAvremo Palme tra le mani da consegnare e donare ad amici e parenti. Mani piene e piene mani e palme delle mani aperte, strette di mano in segno di pace che non saranno mai abbastanza perché avremmo dimenticato sempre qualcuno con cui vederci, sentirci, riconciliarci. Palme.Foto Romano Borrelli.marzo 2015Sappiamo sempre come fare per essere in deficit di pace, interiore. Felicità a metà, tirocinio quasi ultimato e relazioni da scrivere. Ma la felicità non può essere per intera e goduta fino in fondo, nonostante questo viaggio, questo percorso, pare non abbia mai termine. Eppure, l’ arrivo, senza scorciatoie, è li, a due passi dall’arrivo. Passaggi, di funzioni.Ad ore alterne, nella stessa scuola. Passaggi, Biennale Democrazia, viaggi. L’infinito viaggiare, ma non e’ il libro, suo, estivo, mio, loro, della maturita’, ma e’ Claudio Magris, con un “passaggio” tra i Passaggi d’apertura. Torniamo ai nostri, al mio, di passaggio. Il processo Di Bologna, senza fasce. Quali nubi oltre le nubi, oltre la pioggia si addensano nel cielo? Lentamente ci avviciniamo alla domenica delle Palme. Le palme mi riportano laggiù, in Salento. Il trenino, la Sud Est, l’immensa distesa di ulivi tra Santa Maria di Leuca, Otranto, Gallipoli…”Vivi, vivi…” grida un mercatale a Porta Palazzo, mercato torinese (dove da sempre e’ terra di Passaggi) volendo dire “olive, olive”, e io recepisco e rilancio:” vivi, vivi, gli olivi”. Un ritorno, per un girotondo, intorno agli alberi e poi un altro, intorno a quel palazzo che già troppo ha preso, violentemente, but, Not in my name. “Xylella” o sputacchina, e politica insieme.Quel palazzo non si prenderà anche il Salento e i suoi alberi, i nostri alberi. Not in my name Quando di qui a poco avremo le palme tra le palme, ricordiamoci del Salento. Alziamoci in piedi e scuotiamole, in un grido all’unisono. Centinaia di anni, di storie, di lavoro, di sudore, di fatiche non devono morire per i capricci di qualcuno. Avro’ le palme tra le mani e il Salento nel cuore, ma non avro’ pace in quello fino a quando la politica, o i burocrati del Nord Europa non si arresteranno davanti alle loro….politiche.

Not in my name.

ps. Ancora un passaggio nel mio passaggio: i mondimdi Primo Levi con la classe.Foto Borrelli.Romano.Torino. i mondi di Primo LeviI mondi di Primo.Levi.foto Borrelli Romano

Diego Novelli e il libro “Le bombe di cartapesta”

Torino gennaio 2015. Diego Novelli, foto, Borrelli Romano.

Continuando la conversazione con l’ex-Sindaco di Torino, Diego Novelli gli pongo alcune domande sul perché del libro “Le bombe di cartapesta”.

“Il libro è stato scritto perché mi era stato richiesto dalla Casa Editrice. Lo scopo era quello di pubblicare qualcosa, come già avvenuto per altri autori, tipo racconti inerenti la loro vita, il lavoro, l’ infanzia”.

A Diego Novelli fu chiesto di raccontare la sua storia di Sindaco. “Risposi si  con un certo entusiasmo.”

” L’ idea di rimettermi alla macchina per scrivere  mi entusiasmava. Unico neo, il tempo. L’occasione mi fu fornita da  un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Allora ero Presidente della Federazione mondiale dei Sindaci delle città unite con sede a Parigi,  un incarico della durata di tre anni. Ero stato invitato ad un convegno sulla pace nel mondo, alle Nazioni Unite. Salgo sull’aereo per recarmi a New York dicendomi: perché non usare questo lungo viaggio per scrivere il libo? E così è stato. Una telefonata da parte dell’editore proprio alla vigilia del volo mi aveva creato un certo imbarazzo… Ed eccomi qui a bordo. Un libro scritto quasi in diretta su un DC dell’Italia volo numero 615 alla volta degli Stati Uniti. Sono le  ore 12. 30 di un giorno qualsiasi del mese di giugno. L’aereo sta rollando sulla pista quando la nostra hostess ci comunica che il nostro volo durerà 7 ore e 50 minuti dal decollo. Ci provo. Mi ci butto. Non leggerò giornali o riviste non mi farò distrarre da nessuno perché voglio cercare di mantenere l’impegno assunto. Pronti via…Sono nato il 22 maggio…e inizia la storia della mia famiglia, da bambino, di mio padre, Direttore Generale di  una grande azienda. …Io non ero ancora nato, quando sotto il fascismo uno dei provvedimenti presi dal regime fu quello delle misure contro le imprese straniere che operavano sul  nostro territorio. Quella di mio padre era una azienda belga che fu, in seguito a quelle disposizioni, costretta a chiudere i battenti. Trovare lavoro a Torino per uno che sdegnosamente aveva rifiutato la tessera del partito fascista era praticamente impossibile. Così, dall’agiatezza economica che aveva conosciuto la mia famiglia siamo caduti in indigenza se non proprio in miseria. E lì, a completare il quadro, sono arrivato io. L’ultimo di tre già nati, ospite tardivo e inopportuno, sono nato io, Diego. La passione di mio padre  per il melodramma spiega i nomi dei quattro suoi figli: Walter, Edgardo, Alfio, Diego”.

E così Diego snocciola date e ricordi. La scuola, la Cesare Battisti, la maestra, i compagni di scuola, la guerra. Il dieci giugno del 1940. La povertà, la radio, il discorso del duce in un bar di zona San Paolo…Riannoda il filo e riparte…” e poi quando siamo arrivati mio padre viene a sapere che mio fratello, il primo si era arruolato volontario per andare in guerra. Un colpo duro, per mio padre, che si era sentito tradito. Il regime imbottigliava la testa. Poi, mio fratello, ha fatto la guerra ma dopo l’8 settembre ha fatto il partigiano con l’altro fratello. In queste poche pagine racconto quando la sera dell’8 dicembre del 1942 siamo stati colpiti nel rifugio dove eravamo, da una bomba, e fummo sepolti da una casa. Io, piccolino e magrolino, fui il primo a uscire da quel mucchio di macerie, tra morti e feriti”.

Diego poi passa a raccontare lo sfollamento e  la guerra della Resistenza. “Non avevo  più voglia di vedere altri morti prodotti dallle guerre e anche per questo motivo mi trovavo  su quell’ aereo diretto negli Stati Uniti.  Andai negli Stati Uniti dal Segretario Generale dell’Onu, per consegnargli un appello scritto con il sindaco di Madrid a nome della Federazione Mondiale delle città unite”.

A quell’ appello risposero oltre tremila città di 90 Stati dei cinque continenti… “Nonostante le  le tante cose che vorrei dire, la radio di bordo ci dice che stiamo per arrivare”…ma della professione di Sindaco dissi ben poco…tranne che il mestiere di Sindaco, Diego non l’ha scelto.

 

Sulle…tracce

Torino 9 genn.2015, foto Borrelli RomanoTorino 9.1.2015, foto Romano Borrelli.Le tracce dei temi sono a mio modo di vedere interessanti. Fatti di cronaca (attentato di mdrcoledi 7 gennaio al settimanale Charlie Hebdo), diritti civili, lotta al terrorismo, quale e come (restringendo quelli?), liberta’ di parola come strumento capace di armonizzare le diversita’ con la liberta’,  liberta’ di movimento e tutela della privacy,  libertà di stampa, diritto di cronaca, opinione  e libertà di espressione, terrorismo e l’uomo, di ieri,  di oggi. L’uomo puo’ sperimentare ancora la solitudine? Penso: ma può esistere l’isola felice, oggi? E se si, dove potrebbe essere? Può trovarla ancora in un mare di informazioni? E ancora, il viaggio, il viaggiatore, oggi, nel lontano 1951 e nel 1985.  Tracce. Che bello, il momento del tema. Ricordo che il giorno prima, lo trascorrevo a leggere una quantità indescrivibile di giornali e riviste. Uno, era sempre di attualità. Tracce, ieri, come oggi. Tracce di matita, tracce di una ricerca, sulle tracce di qualcosa, di qualcuno. Tracce da ricercare con l’ausilio della lettura di un buon libro. Ma questa città davvero non si stanca mai di farsi leggere. Una città che ama…leggere! Ad ogni…modo. Fortunatamente. Anche io seguo le tracce di una storia, della storia, di cronaca, di storia locale, di alcune pagine di un libro. Dopo aver fatto il tifo abbastanza, in mattinata,  affinché da quelle penne o matite dei ragazzi uscissero  pensieri, riflessioni, decido di mettermi  anche io sulle “tracce”, per andare a scovare  cosa era rimasto di quegli spezzoni, o di quello spezzone,  dalle parti di Corso Re Umberto, 9 bis. Ci sarebbe stato ancora  qualcosa riguardante gli spezzoni? Chi lo sa. Torino 9.1.2015, Romano BorrelliNon restava allora che mettersi sulle …tracce. Giunto sul luogo, osservavo con scrupolosa attenzione e leggevo attentamente le modifiche del territorio, mappa alla mano, di ieri e oggi. Torino, 9 gennaio 2015, foto, Romano BorrelliE di lettura in lettura osservo che dalla parte opposta del corso quello che era ricercato, era un “espresso”  infine, trovato, e gustato. Difatti, l’apertura di un nuovo bar era, oggi,  l’occasione per molti di gustare gratuitamente un caffè. Una cinquantina di caffè, offerti ai numerosi passanti su corso Re Umberto 34 E,  da una ragazza appena ventitreenne, Monica, titolare del bar. Una ragazza  che non ha avuto affatto paura di cimentarsi in questa nuova impresa.  Un po’ di arte e un po’ di psicologia, hanno totalizzato un bel diplomino. Ma questo era ieri e resta. Oggi e domani, la consapevolezza di aver trovato la giusta dimensione. Un suo mondo nel mondo.  “Stare in mezzo alla gente mi è sempre piaciuto”, dice con un sorriso a quanti chiedono se  per caso non ha sentito minimamente la paura di un investimento così impegnativo in un periodo economico come questo …”La volontà, la determinazione e la grinta non mi mancano. Il resto, si vedrà“. Mi allunga un caffè ed un sorriso. Snocciola esperienze di lavoro  che compongono un lungo curriculum, tante imprese prima di questa, tutta sua.  E’ determinata. Mi mostra la sala, il reparto dolci. Torino 9 genn.2015, Romano BorrelliTutto è luce, qui dentro.  E’ un bel locale. Dalla parte opposta un collega continua il suo lavoro, parla al telefono. Da domani non si scherza e non si puo’ e non si deve sbagliare. Ci sono gli ordini e le consegne. Si fa il conto, dei negozi aperti, domani e di quanti faranno rifornimento. Il mercato e altre variabili. Tutto da ponderare. Oggi non fa molto testo. Di tanto in tanto, entrano ed escono clienti. Il cartello è un invito ad entrare. Molti, ancora, per l’espresso. Da domani, lo pagheranno. Il giusto. Esco, dopo aver gustato l’espresso, velocemente. Il tempo di pensare alla grande forza di una ragazza e la sua fiducia “nell’impresa” in un mondo in cui verrebbe voglia di dire e scrivere, dopo averne letto traccia e libro, “E lo chiamano lavoro” ( Carla Ponterio e Rita Sanlorenzo). Ma quale lavoro o quanto lavoro e quanti lavori, per farne uno soltanto, nel mio “nuovo concetto di lavoro…” discusso ormai mesi fa.  Esco, ricordo che ho un  appuntamento con la storia. Dalle parti di Valdocco, ovviamente. Natale ha trovato lettere molto datate, inerenti la storia del nostro quartiere e, allo stesso tempo son venuto a conoscenza che in uno di quei cortili, del nostro borgo, dove un tempo passava il treno, oltre all’unica Temporini, si costruivano anche…Torino 9 gennaio 2015, foto, Romano BorrelliE indovinate un po’ dove si producevano? Nello stesso cortile dove si affaccia la panetteria Corgiat di corso Principe Oddone, a Torino.Torino 9 gennaio 2015, foto, Romano Borrelli

Natale mi aspetta. Leggiamo insieme le lettere e il giornalino…un salto nella storia, tra il 1951 con  notizie di viaggi, viaggiatori, Sud America, e da Valdocco.Torino 9 gennaio 2015, foto, Romano Borrelli (2) …fino al 1985.Torino 9 gennaio 2015, foto, Romano Borrelli (3)Ps. Tra sabato 10  gennaio e domeniche 11 verranno poste a Torino, le prime “pietre di inciampo”  un ricordo che non morira’. Un esempio sulla scia di quanto gia’ fatto in altri Paesi Europei. (La prima, in corso Regio Parco 35, edicata a Luca Pernaci, operaio partigiano nelle Sap torinesi, arrestato poi dopo gli scioperi del marzo ’44, deportato poi a Mauthausen.

 

26 Dicembre

Torino, 26 dicembre 2014, via Garibaldi, foto, Romano BorrelliTorino 26 dicembre 2014, piazza Castello, foto, Borrelli RomanoLe ragazze sono brave. La musica è dolce. Le loro penne, un flauto traverso ed un violino. Scrivono melodie nell’aria e suonano dal cuore al cuore di molti. In via Garibaldi e oltre. Melodie natalizie che rimandano ai migliori anni. Molti si soffermano, spostano leggermente il cappello per lasciare libero spazio al libero suono in liberato orecchio. Un biglietto ai miei piedi, lo raccolgo, lo leggo, lo colgo: “Io sono presente al mondo solo tramite il mio corpo. I miei pensieri, i miei sentimenti, non si esprimono o non si rivelano se non tramite il mio corpo”, (sul retro e me ne accorgo solo dopo, “l’insieme degli eventi-avventi, con il loro perpetuo moto costituisce una sorta di ritmo naturale e anche un messaggio da captare per cui la materia e lo spirito si danno in un unico insieme come creato”, Stefano Verdino), lo piego e lo conservo…le ragazze continuano a suonare e allietano passanti e coloro che sono in sosta ormai da un pezzo.  La città, nella giornata tradizionalmente dedicata al cinema è stupenda. Dopo le poltrone rosse e il maxi-schermo, una camminata, su questo porfido liscio che sembra un puzzle. I discorsi, il vociare sono una cascata di cibo e di ricette. A raccoglierle ci verrebbe fuori un libro da far concorrenza a suor Germana. L’Italia del pranzo di Natale è servita. (il pranzo di Natale, anche. La tv, per la cronaca,  ha restituito immagini del Vescovo di Torino, Cesare Nosiglia, che serve il pranzo ad una decina di persone in difficolta’. Con tanti auguri “a mille”). La città, e’ squadrata. Il suo mantello, disteso al nostro passaggio sembra una scacchiera ed ogni suo pezzo in perenne movimento.  L’alfiere posto dinanzi alla torre prova ad infilzare la luna.Torino 26 dicembre 2014, piazza Castello, Foto, Romano Borrelli I cavalli ancora ai loro posti, aspettano un cenno, per essere mossi, sull’enorme scacchiera. Una “L”, la mossa del cavallo, nel cuore di Torino, nella piazza preferita, una fuga, ed uno scacco.  I pedoni si ergono a difesa del palazzo, d’inverno, in attesa di Jvan, previsto nelle prossime ore notturne. Atteso, come la neve. Le luci abbagliano e assumono forme diverse…Non avevo granchè voglia di scrivere, onestamente, solo di immaginare questa enorme tavolata torinese. Su di essa, torinesi e turisti si muovono a loro agio, ado occhi chiusi, un po’ per sognare un po’ per forza d’abitudine, molto per amore e sognarsi e trovarsi ancora innamorati. Cioccolata alla mano occhi posati un po’ qua un po’ la, oltre le vetrine, alcune “accese” and “open” in questa appendice natalizia. I sorrisi si allargano e si donano, a …piene mani. I piedi, di tanto in tanto, quelli battono il ritmo sul selciato. Un po’ per scacciare il freddo un po’ per darsi il ritmo.  Un gesto democratico, “orizzontale”, al apri di quelli sulla rete. Alcuni tra le mani i doni di ieri, da cambiare. Altri, i doni di ieri, per cambiare. Altri ancora provenienti dallo shopping center di Porta Nuova, aperti per le feste.  Ad ogni modo, il luogo migliore delle mani e’ quello di ritrovarsele tra altra mano, a patto, come scriveva una scrittrice, che non sia la propria. Il caldo delle tasche era un luogo sicuro per le mani…….levarle da quel tepore, un affronto poco carino, e poi, c’era questa partita immaginaria su di una scacchiera tutta torinese…con tanta voglia di giocare. Torino 26 dicembre 2014, foto, Romano BorrelliTorino 26 dicembre 2014, foto, Romano Borrelli (2)Torino 26 dicembre 2014, piazza Castello, Palazzo Madama,foto, Borrelli Romano

Storia di devozione tra fabbrica, edicola e altro. Quando un’ immaginetta sacra va in processione. A Torino

Storia di una immagine di Maria Ausiliatrce del 1973. Ritornata a casa, dopo un furto. Amorosi Teresa. Foto di Romano B.Storia di una immaginetta di Maria Ausiliatrice, del 1973. Amorosi Teresa. Foto di Romano B.Questa è la storia di una donna, Amorosi Teresa, nata a S. Arcangelo di Potenza  il 16 giungo del 1951.

Meglio. Questa e’ la storia di un’ immaginetta che va in processione. A Torino.

Lastoria di una mamma, come tante. La storia di una mamma, alle prese prima, con la crescita di due figlie, in una Torino operaia, forse grigia, negli anni ‘ 70 .Alle presse, poi. Una citta’ grigia ma anche un pochino rossa, come il colore di talune rose, di quelle che si vedono in alcune zone della citta’ il 22 di maggio dalle parti di Santa Rita. La storia di Teresa, una donna operaia prima, edicolante ora. ( a Torino, in via XX Settembre dove fin dalle prime luci dell’alba e’ presente nel suo chiosco a distribuire quotidiani alla nostra citta’).

Sposata con Guarini Luigi, nato a S. Arcangelo di Potenza..

Due figlie, G., e S. M. Una bella famiglia, con una storia importante alle spalle.

Teresa la incontro per caso. Nel cuore della fede della nostra citta’, un pezzo di terra racchiuso tra la Consolata, divenuta Patrona di Torino a partire dal 21 maggio del 1714 con atto ufficiale del Corpo Decurionale cittadino, il Cottolengo e Maria Ausiliatrice in quella che e’ la terra di Valdocco, don Bosco. Senza dimenticare che verso sud della citta’ dove un tempo erano di moda le tute blu, vi e’la presenza di Santa Rita. Venuta a sapere del dipinto di Maria Ausiliatrice, lasciato in dono, (almeno per il momento, dato che saranno in vista opere di ritinteggiaturanello stabile, ler sentito dire) agli occhi dei torinesi e non, che si trovassero a passare sotto quella casa di ringhiera da me ricordata, (opera attribuita ad un tal  Savino, proveniente da Minervino Murge, come riferito da alcu i condo ini dello stabile di via Caselle) ha cercato di trovare analogie e somiglianze in altra storia di forte devozione.  La sua. E la sua immaginetta, datata, rubata, ritrovata, confrontata, amata.Ma torniamo a questo nuovo racconto.

Teresa e Luigi, sposi nel 1972,  si stabiliscono poco fuori Torino, ad Avigliana. La residenza  stabilita in una casa in affitto,   di proprietà di anziane signore andatesi  a stabilire a S. Ambrogio, altro paese a qualche km dal capoluogo. Teresa, una giovane sposina, 21 anni, con tutta la vita davanti. Gioia, felicità e tanti sogni nel cassetto. Il primo, una bella famiglia, coronata possibilmente dalla presenza e dalla gioia di bambini. Bimbe che presto arriveranno.  I tempi degli inizi per la nuova sposina , sono un po’ lenti, a dire il vero, al pari di quelli dei bambini quando si trovano ad assistere a qualche funzione, in una delle tante Chiese sparse nel nostro Bel Paese. Tempi lenti, in attesa di notizie dal paese d’origine, arrivate, per come si usava in quel tempo, nella buca delle lettere. Il telefono era un lusso, almeno in quel periodo. Un paese d’origine lasciato all’inseguimento del grande amore, Luigi.

Edicola via XX Settembre, Torino. Foto, Romano Borrelli

Di tanto in tanto, nelle cassette delle lettere,  Teresa ne ritrova alcune, a lei indirizzate, mischiate ad altre, non sue, ai Bollettini Salesiani, riviste collegate al  Santuario. Riviste intestate alle due signore anziane, proprietarie dell’appartamento. Le riviste, in realtà, sono indirizzate alle proprietarie dell’alloggio, che a fine mese, si recano in loco per ritirare i soldi dell’affitto e la posta. Teresa, le apre, le sfoglia.  Comincia ad interessarsi  e approfondire temi teologici. Forse, in queste, è “inscritto” un destino. Intanto, dalla lettura del Bollettino impara  di tutto un po’. E comincia a conoscere paesi lontani, usi, abitudini, costumi diversi e soprattutto  a sapere chi sono  Maria Ausiliatrice, don Bosco,  e cosa fanno le attività missionarie. Inoltre, si appassiona alla lettura delle suppliche, guarigioni,  miracoli,  promesse. Non è suggestione, ma un interesse da approfondire. Un interesse che matura, giorno dopo giorno: dalla religione alla geografia alla storia sociale ai costumi.  Al proprio credo. Per ogni numero di ciascuna rivista , si ritrova sempre più ricca , grazie alle storie altrui. Un Incontro, sempre più ravvicinato. Con l’Altro.  Storie stampate, illustrate, vissute empaticamente.  Al termine di ciascuna storia, di ogni articolo,  si ritrova a ribadire la stessa promessa: appena le sarà possibile, partecipare a quella bella missione cominciata con una Ave Maria. Un abbonamento e un’offerta per le missioni.

Teresa, nel marzo del 1973 rimane incinta. A fine dicembre dicembre nascerà  G. che allieterà la vita di Teresa e Luigi. Il pensiero della futura mamma corre immediatamente ad altre Scritture. Giulia, in realtà, in onore alla Madonna, avrebbe dovuto chiamarsi G.M., ma, si sa, spesso,  tra una corsa e l’altra, all’anagrafe ci si dimentica di qualcosa. In questo caso, di un pezzo di nome.  Una dimenticanza, cosa che non accadrà invece per un’antica promessa pronunciata al termine della lettura di ciascun numero del Bollettino e delle opere salesiane. L’offerta promessa, “s’aveva da fare”.  Saranno  5 mila lire l’equivalente dell’offerta relativa alla promessa. Non molto, ma tanto, se tenuto conto che il solo “portatore”  di reddito famigliare era il solo marito. E con i ringraziamenti del Bollettino Salesiano, nella buca delle lettere è inclusa anche  una bellissima immagine di Maria Ausiliatrice, di quelle di un tempo, con lo sfondo verde. Da quel momento in  poi,  l’immaginetta sarà custodita nel portafogli come una reliquia. E nel cassetto dei sogni e delle promesse ben presto ne aggiungerà un’altra. “Se avro’ la fortuna di avere una seconda bambina, il suo nome sarà anche Maria”. E così,  in agosto del 1976 nascerà la seconda figlia, S.M., in onore della Madonna e col ricordo dell’Ausiliatrice.

Ma Teresa, nel frattempo, oltre che fare la mamma, di cosa si occupa?

Dal 24 maggio del 1979 al 24 maggio del 1989 lavora in Fiat, come operaia,  a Mirafiori, reparto carrozzeria, verniciatura. Forse quanto si dirà successivamente lascerà   in alcuni dello scetticismo, ma  per Teresa, questo non importa. Il credo e’ personale vissuto in maniera ecclesiale. La coscienza non va coartata, e Teresa risponde alla sua . Continuando il racconto della   sua storia,  si comprende che per lei, le date diventano anche un simbolo. Una parentesi con corsi e ricorsi a leggere le cronache. Elezioni europee alle porte, devozione quotidiana.

Il concepimento, la nascita della figlia, il 24 maggio la data di assunzione, il 24 maggio la data di licenziamento.  Molto evangelico, il tutto. Mirafiori, una tappa fondamentale. Per l’inizio e per la fine della storia.  Immaginare il viale alberato torinese, con il tram dieci o novantuno che corrono, su quei binari, carico di lavoratrici e lavoratori. Lavoratrici e lavoratori carichi di pensieri all’andata e  di fatica e stanchezza al ritorno, alleggeriti di ogni forza e di tempo sottratto dalle catene, dalla vernice, dalle carrozzerie.    I tram stancamente raggiungono il capolinea, nel viale alberato di Corso Tazzoli. Donne e uomini si apprestano, in procinto dei cancelli, meglio, le porte,  a mettere mano ai propri portafogli. Il mitico tesserino, un’occhiata a qualche fotografia, che ritrae la famiglia, i figli, il fidanzato, la fidanzata. Teresa, oltre a questo, concede un’ulteriore occhiata alla sua immaginetta dell’ Ausiliatrice.  Un pensiero, una richiesta di aiuto e protezione costante, per sé e la propria famiglia. Una compagnia in ogni movimento, ripetuto all’ossessione. A fine turno, poi, un saluto, alle colleghe, i colleghi, e alla sua Madonnina, riposta all’interno del portafogli.  Un ringraziamento per aver superato indenne quelle otto ore incatenata  ad una fabbrica.  Scorriamo le cronache di quel giorno. Il 24 maggio del 1979, viene  ricordato dalle cronache cittadine perché un detenuto,  andato, insieme ad altri, in  pellegrinaggio a Lourdes, non farà  più  ritorno alle  carceri Nuove di Torino.  Altre notizie da Mirafiori, proprio lo scatolone manifatturiero  in cui Teresa lavora. 24 maggio: le cronache ci raccontano  un gravissimo atto di intimidazione contro militanti e attacchini del Pdup.  Devozione,  luogo di lavoro e ancora devozione si concentrano nella quotidianità di Teresa, che osserva fuori  dal finestrino del tram, dalla catena di montaggio e nel frattempo,  cresce dentro.Sovente in questo periodo ricorda come collghe e colleghi di lavoro, dopo qualche fermata ditram erano soliti scendere, per un saluto veloce, di devozione, a Santa Rita.

Il  24 maggio, festa di Maria Ausiliatrce. La processione è alle porte, proprio come a migliaia, che entravano ed uscivano dalle porte di Mirafiori. E ad ogni entrata e uscita dallo stabilimento, quella Madonnina è la fedele compagna di viaggio e di lavoro di Teresa. Immagine custodita gelosamente all’interno di quel portafogli.  L’immagine sarà fedele compagna della nostra narratrice  fino al  mese di giugno del 1999  quando in seguito ad un furto del portafogli e del suo contenuto, si perderanno notizie della “reliquia”.  Una compagnia durata  26 anni. Una vita.  Le pene  di Teresa per questo fatto sono enormi. Per lei  era come avere, sempre con sé la propria famiglia. A quell’immagine confidava e affidava molto. Quell’immagine era Altro, per Teresa. Era tutto. L’assenza dell’immaginetta dura una decina d’anni.

Nel 2009,  sul finire dell’estate, durante le pulizie che Teresa svolgeva  in casa,  si  ritrova, inspiegabilmente,  l’immaginetta che rubata  dieci anni prima. Il ritrovamento avviene all’interno di  un cestino di vimini, in una stanza usata un tempo dalle figlie. All’interno di un cestino di vimini più volte movimentato nel corso di quegli anni, di quei mesi, prima del ritrovamento. Nel suo interno  vi erano contenuti oggetti quotidiani utilizzati d’abitudine. Una pinzatrice, ad esempio, utilizzata poco tempo prima di partire per le ferie d’ agosto. “Strano, ho pensato. Ho utilizzato questa pinzatrice ad agosto, prima delle ferie, e non mi sono accorto della sua presenza”. Il ritrovamento dell’immaginetta si accompagna ad episodi particolari, personali, intimi e delicati di Teresa. Episodi che toccano direttamente la salute, racconti di sofferenze e malattie troncate sul nascere, miracolosamente. Guarigioni  che, la stessa interessata attribuisce a qualcosa di grande, misterioso, miracoloso. Una storia di referti e cartelle cliniche, che agli inizi lasciavano presagire qualcosa di cattivo, e che invece, hanno avuto, fortunatamente per Teresa un’altra storia. L’immaginetta è tornata a casa, o forse non l’ha mai lasciata, la casa,  e questo vorrà dire qualcosa.  Teresa non si pronuncia, né pretende che si accetti questa storia per come la intende lei.  E’ una donna che lascia liberi di credere o meno. Era importante per lei, socializzare l’immagine dell’Ausiliatrice e sulle ricorrenze. In definitiva, sul 24 maggio.

Teresa la potete incontrare al mattino, presso la sua edicola, in via XX Settembre, a Torino, dalle cinque del mattino alle tredici. Dopo pausa pranzo, si reca qui, nella Basilica di  Maria Ausiliatrice, dove l’ho incontrata ,  e dove con tanta devozione continua a pregare per sé e per altri. Terminata le preghiere,  è solita accende una candela. Ad osservarla da lontano, nella sua compostezza, davanti a quel treno di candele, viene da  pensare a quanto mistero si trovi in una candela, nella luce, all’interno della Luce.

“La luna è splendida in questa calda luce serale, proprio come la fiamma di una candela è bellissima nella luce mattutina. Luce nella luce. Sembra una metafora di qualche sorta. Mi sembra una metafora dell’anima umana, la luce individuale racchiusa nella grande luce universale dell’esistenza” (tratto dal libro Gilead).

Abbiamo voluto fare luce, nella Luce, su una storia. Di un ritorno a casa. A questo mondo, non abbiamo una casa. Ma quell’immaginetta, ci è voluta tornare. Forse dopo una lunga Processione. La storia di una immaginetta che va in processione per le strace di una citta’.

A Torino…

DSC00522La nostra città, Torino, presenta spaccati davvero caratteristici, originali. Nei pressi del nostro Borgo, Aurora, o Borgo Dora, o nel nostro quartiere, Valdocco, o la nostra circoscrizione, la sette, la devozione popolare è davvero notevole. Ma si registrano anche aspetti davvero carini, come il portone rotto, che si aggiunge al palazzo con la scritta dell’ultimo piano, “ben tornata” (anche se questa, è posta in quartiere centro, quindi, oltre il Cottolengo, oltre corso Regina Margherita).

Tantissimi messaggi lasciati, non all’interno di una bottiglia, non “attaccati ad un cancello” ma, posti alla visuale del semplice viandante, in altra forma. Nel borgo tutto rinasce, parallelamente al “rifiorire” della natura.  Le attività pullulano e così la gelateria popolare nei pressi del Serming.  La “coda” per un cono, comincia a prendere forma.  Anna, è da un po’ che non la si vede, e in tanti non la vedono. Si spera stia bene, senza ansie e preoccupazioni di sorta. La gente esce per strada, si siede a qualche caffè,  chiacchiera, talvolta si riconcilia, con sé stessa, con gli altri. La natura diviene davvero complice e ci aiuta a ritrovare una dimensione interiore davvero diversa. Una dimensione davvero più umana. Davvero tutto molto carino. Lungo l’acciottolato, le viuzze qui nei pressi, la realtà pare d’altri tempi. Un quadro ben rappresentativo dei mille lavori, qui, tra il fiume, il Cottolengo, Porta Palazzo e la Dora. Osservare un artigiano che lucida il legno e pensare che anche quel pezzo era albero, con la sua memoria. Un fioraio mentre pulisce delicatamente i fiori, i vasi, la terra. Pensare ai girasoli…un occhio, la madre, anche qui la memoria.

Stemma Torino sui tram

Intanto il corso sui libri e tra i libri, continua il suo…”corso”. Come ogni cosa bella, anche questa conoscerà il suo termine. E probabilmente la sua storia lascerà “orme” e qualcosa dentro  a cui ripensare. Intanto dopo un “espresso” consumato velocemente in compagnia di un compagno di corsi, dal ponte sulla Dora dedico gli ultimi spiccioli di liberta’ prima del lavoro alla lettura del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“.  Un posto non casuale, questo scelto per ultimare la lettura del libro citato, e neanche vincolato al “cancello” che separa la “libertà” dalla necessità,  ma voluto, qui, dove la via diventa “una strada antica, un acquerello lucido di azzurro, bagnato di lacrime di gioia e attesa…quell’attesa che il blu entri nei giorni…”. Qui, a due passi da “lettere”, o meglio, dalla facoltà di Lettere, e dallo studio di Verga e Svevo e Montale, “scrittori che parlano un linguaggio piu’ vicino al mio’ e che ti fanno innamorare. In attesa di qualcosa o, e, di qualcuno. Autori, scrittori che popolano ‘il silenzio di frasi altrui’. In attesa, osservando lo scorrere dell’acqua di questo affluente del grande fiume. L’attesa di ‘un fulmine che crei un incendio dentro…” … nelle notti stellate estive, da questo ponte, da questi gradini, puoi scrutare un cielo bellissimo, nitido, stellato e ricamarci sopra splendide filastrocche e immaginare a costruire quel pezzo di cielo, tuo, che verra’. Alberi, qui intorno. Memorie, qui intorno, e dentro. Altre volte, nel cielo puoi notare la presenza rassicurante, che ti richiama, con forza, anche quando buio non e’.   Una forza interiore, antica, da “principio del mondo”.  Alzi gli occhi al cielo e un stella pare ti indichi il percorso, la meta. “Una stella splendente in tutto quel silenzio. La stella era Dio”. Qui, sul ponte, dove tutto e’ acqua e dove tutto e’ vita e ancora dove “gli alberi muoiono ogni inverno. Ma in primavera compiono il loro annuale meraviglioso miracolo. Cosi’ la loro storia non finisce. E neanche la nostra”. In attesa ci un fulmine, di qualcuno e mettere a tacere la paura e finalmente poter dire: “Insieme possiamo aprire quella porta”.

Ps. Il libro merita, anche per un ulteriore motivo. Elix, uno dei personaggi, ha trovato domicilio su questo blog, dove un altro mondo e’ possibile. “Era stata a Genova nei giorni del G8; aveva visto il sangue sui marciapiedi, le mani alzate verso il cielo muto. Credeva che le cose sarebbero potute cambiare, che la gente finalmente, avrebbe capito”.

DSC00520

Lourdes in corso Francia, a Torino

DSC00348 DSC00352Bellissime piantine di fiori, in corso Francia, costeggiano il marciapiede e accolgono ciclisti sulla pista a loro dedicata. La fermata della metro, a due passi. Principi D’Acaja. Una M, rossa. Anticipo di partenze, o di arrivi, per il mare. Un mare aperto, come certe discussioni, a tratti traditore, come sa esserlo, in certi periodi. Schiuma e rabbia mangiano quel po’ che resta. Parole spazzate via, frettolosamente, come briciole dalla tovaglia.  Viaggi urbani ed extra-urbani, che ci sono stati e restano nei ricordi, monchi. Il sole pare un anticipo di marzo. Lungo il tragitto, in mattinata, molta gente, direzione una piccola Chiesetta. Sita anch’essa in Corso Francia.  Folla che usciva e gente in attesa. Tra una messa e l’altra. La Chiesa, con la Madonnina di Lourdes, oggi era in festa. Dal sottosuolo, “memorie” e la metro, immaginata mentre corre e trasporta sul posto di lavoro centinaia e centinaia di persone. Studenti e pensionati. Un tempo, questo era territorio del tram, l’uno. Il “carrozzone”.  Oggi, il corso è libero. Anche se le memorie dal sottosuolo affollano e il caos è quello di un tempo. Confusione. Distrazione. Assenza. Troppi a ruotare intorno a questa rotatoria del corso di vita. Una panchina, nei pressi di queste belle piantine e un libro sotto il braccio “Un uso qualunque di te”, di Sara Rattaro (Giunti editore). Consigliato dall’amico libraio Massimo. Un consiglio, lui che di libri se ne intende.  Ovviamente, La Stampa nella mazzetta. E poi, riti, rituali, e antropologia urbana. Solitudini. Esami. E la vita che continua. Dalle scale mobili della metro, un eco sussurra…”anche senza di noi”.

Torino con quelle piante e un abbozzo di sole, questa mattina era davvero bella.

DSC00350

Due angioletti fanno primavera

 Fra “dieci paperoni” che sguazzano tra tre milioni di “paperino”……Un dato significativo, impressionante apparso ieri su alcuni quotidiani e tratto da un dato del 2006, che non dovrebbe essersi discostato di molto, oggi,  come spiegato dall’economista di Bankitalia Giovanni D’Alessio.  Numeri che analizzano la distribuzione della ricchezza e le disuguaglianze nel nostro Paese. Un dato impressionante, che scaturisce dalla ricerca,  è sicuramente quello che fa riferimento alle famiglie operaie: “Fatta cento la media della ricchezza degli italiani, le famiglie di operai sono scese dal 60% al 45% della media nazionale”. (Riferimento “occasional paper su Ricchezza e disuguaglianza in Italia”, di Giovanni D’Alessio). Inutile dire che nonostante i dati ci narrino una situazione “devastante” per le classi medio-basse, proprio in questa fascia  si continua ostinatamente a tartassare per rimettere a posto i conti. Oltre il mantra “vendi Italia” o svendi Italia. Già una ricerca apparsa su Lavoce.info aveva messo in evidenza come in Italia chi viene da una famiglia monoreddito e rimane senza lavoro ha il 91% di possibilità di entrare a far parte della fascia “poveri”, contro il 55% degli spagnoli e il 75% dei disoccupati del Regno Unito.  A cio’ aggiungiamo 2,1 milioni di disoccupati e 2,764 milioni di inattivi, cioè scoraggiati e chi non ricerca piu’ un lavoro. E poi, i Neet, 2 milioni di ragazzi che non si formano, non studiano, non lavorano. “Fantasmi che camminano” con il paracadute sempre aperto dei genitori. Una sorta di ammortizzatore sociale. Il tutto mentre lontano dai nostri confini, in Oriente,  si profila e si “consuma” una bulimia diplomatica, al fine di attrarre capillari investimenti. In pochi mesi, un’intensa azione diplomatica, forse come mai fino ad ora viste e narrate. All’interno dei confini, intanto, la zona grigia incrementa, il precariato non vede soluzioni, gli esodati neppure.  Intanto l’ A B C della politica italiana non dice nulla, anzi, in vista delle amministrative genera  all’interno delle liste. Mi rincuorano i numerosi giardini, così curati, in giro per le nostre città. Così belli, colorati, adornati da angioletti. Che certo non mi inducono a pensare ad un altro “angelo”, quel tal Angel Gurria, segretario generale Ocse, che plaude le riforme fin qui prese, da qusto governo, in intensa attività diplomatica. Riforme che permetteranno, a suo dire, aumenti del Pil dallo 0,6% allo 0,8%.  Dati che ci riportano ad una sommatoria di politiche, poco “eleganti” che si trascinano dallo scorso governo.  La realtà, pero’, è che questo eventuale saltello, lo si compie “sulla pelle”. Dei tanti paperini, mica dei pochi Paperoni. La gente desidera incrementi, ma delle proprie buste paga. Li vuole, li reclama, ma non a discapito dei servizi essenziali, tagliati per “vincolo di bilancio”. I trasporti pubblici subiscono rincari, e come giustamente ricorda qualcuno, il costo dei biglietti sugli autobus raggiungono cifre davvero insostenibili. (due euro e cinquanta un biglietto emesso sul bus?Già un euro e cinquanta una corsa mi pare una cifra davvero esagerata).

Fiori e angioletti, rinascita della natura e profumi delicati.  Certo, non è “Il Profumo della città” che” sprigiona” in una città di mare,  al fianco di un sindaco che accoglie l’istituzione- istruzione (Gramillano, Calascibetta, Profumo) in un contesto in cui si racconta che “La comunità scolastica è di grandissimo valore, è la parte migliore del Paese”. Certamente. Ma se un profumo deve “persistere”, allora che provi a dare soluzione agli annosi problemi del precariato all’interno della scuola.  Per tornare ai giardini in giro per le città, è bellissmo notare questo passaggio, questo cambiamento, di stagione, che è anche un po’ personale .Un cambiamento che un po’ ci riporta a noi.

Felicità è anche questo, la rinascita della natura, e non tanto nel desiderare quel che si ha ma desiderare quel che si è…

due angioletti in mezzo ai fiori……..tra campi di margherite e rumore, in lontananza, di mare……..

Primavera, primavere……..