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Recanati

Dopo un breve passaggio a Loreto per un ripasso veloce sul significato delle formelle poste sui portali della Basilica  (nascita di Adamo,  Eva,  nascita del lavoro,  teologicamente,  uccisione di Abele,  cacciata dal Paradiso,  caduta,  ecc. ecc. ),  all’interno della Basilica,   sulle sibille e profeti,  sul Pomarancio e sul Lotto,  d’obbligo era il recarmi ancora una volta presso “Casa Leopardi”,  a Recanati,  città  della poesia. C’ero stato un paio di volte ma ad ogni visita aggiungo un pezzetto di conoscenze che per un motivo o un altro non avevo ben recepito nelle passate visite. Solo un dato si è  scolpito bene-bene fin dalla prima visita: la quantità di libri letti dal poeta italiano,  catalogati dalla stessa famiglia ed esposti al pubblico.  Un gioiello,  una biblioteca che il papà di Giacomo  avrebbe voluto a disposizione di molti.  Un’ altra informazione che voglio condividere e ritengo sia utile a quanti si appresteranno in futuro a fare visita.   Nel Palazzo che si  apre al turista si manifesta con tutta la sua imponenza con uno scalone monumentale,  il primo consiglio-obbligo,  utile e’ che non è  ammesso scattare fotografie.  Nel Palazzo infatti (che vede la prima pietra di costruzione,  indietro negli anni,  ben prima dell’insediamento del Conte Monaldo),  al secondo piano,  risiedono ancora i discendenti di Giacomo Leopardi.  Unica concessione,  si possono scattare foto ma fuori dalla finestra della biblioteca, affaccio direzione piazza e casa di “Silvia”. Il caldo è  davvero insopportabile e quel piccolo fazzoletto di ombra prima dell’accesso e inizio percorso con  visita guidata,  ce lo contendiamo in una quindicina di innamorati della cultura e della storia di un grande uomo,  poeta,  letterato, e della sua grande famiglia. Nell’attesa che si faccia l’ora esatta  per la visita, si sconfigge il caldo con tutti gli stumenti a disposizione: ventagli,  acqua e ventilatori portatili,  di quelli a pila. Si,  anche questi,  “ventolatoli” con pile a “mandola”.  Troppo forti e simpatici. Gli orientali non si fanno mancare nulla,  neanche l’autan contro le punture dei “moschito”.

Tra i 12 mila e i 15 mila,  letti dal giovane Giacomo,  la sua biblioteca,  il ruolo dei precettori,  il suo luogo di studio e punto di osservazione per la bella Silvia,  cioè  Teresa Fattorini. “Ah,  Silvia… ” morta così precocemente,  nel fiore degli anni,  quando a quella età,  normalmente si progetta,  si programma.  Ma “a Silvia” era più  che altro la necessità di scrivere,  10 anni dopo la morte di Teresa,  un giudizio sulle speranze disattese dei giovani. Questa volta non mi sono fatto mancare una visita presso la residenza dei Fattorini (il papà  di Giacomo,  Conte Monaldo,  aveva promosso a rango superiore quello di Teresa,  adibendolo a cocchiere di famiglia),   la dimora di Teresa (la Silvia),   la sua cameretta,  i suoi attrezzi da lavoro. “E l’amore? C’era posto per l’amore tra Giacomo e Teresa? ” Chiede qualcuno tra i visitatori.  Certamente i due,  Giacomo e Teresa,  si conoscevano e probabilmente qualche scritto e qualche occhiata ci saranno stati ma… socialmente erano posti su gradini differenti,  quindi,  probabilmente, niente amore. Anche se il dubbio,  a visita conclusa,  a qualcuno,  resta.

Col cuore al Centro Italia

torino-30-10-2016-foto-romano-borrelliDomenica 30 ottobre. L’ultima di un ottobre 2016. Notte più lunga delle altre per via di un’ora legale che lascia il posto a quella solare. Sette mesi dopo. Mi giro e rigiro nel letto avendo definitivamente da un pezzo sfrattato il sonno. Decido di alzarmi e lasciare nel letto solo il tepore e le lenzuola stropicciate. Un caffe’,  nero,  espresso con un occhio fuori dalle finestre.  Mattinata più lunga e sofferta. Cellulare e tg passano brutte notizie.  Le notizie provenienti  dall’Umbria e dalle Marche infatti non sono delle migliori. Il terremoto continua a far paura,  devastare,  distruggere. Penso alle due regioni che l’estate scorsa mi hanno ospitato per lunghi periodi. Tristezza. Patrimoni artistici, culturali,  case e altro ancora,  giu’. Non posso far nulla tranne che stringermi a loro in un abbraccio virtuale. Col cuore al centro.

Un “infinito” amore.

Il viaggio, una scoperta da gustare

Ancona 15 7 2016.foto Borrelli Romano“Benvenuto inverno”, o buongiorno novembre,    avrei voluto dire oggi sulla dorsale Adriatica,  osservandola dal mio finestrino. C’e’ del romanticsmo,  quando l’estate si  e’appena  conclusa e il vento ci respinge “indietro” nei giorni dei ricordi e figuriamoci oggi, in  piena estate.  C’è del romanticismo,  certo,  anche quando il mare si mangia pezzi di spiaggia e le reti,  non quelle dei pescatori,  ma quelle per il gioco della pallavolo, quando sono inondate dall’acqua e si stenta a riconoscerne le linee di demarcazione del campo,  e gli ombrelloni sono chiusi. C’e’ del romanticismo nel guardare quelle pizzerie montate su palafitte accarezzate dall’acqua mentre mani innamorate si accarezzano il viso. Un pallone sospinto dale onde va su e giu’,  meglio sarebbe dire,  avanti e indietro o a cavallo dei cavalloni.  I cavalloni si susseguono fino allo stremo e solo a riva trovano pace e si mischiano e si impastano,  ognuno con la propria storia. Torno al mio “banco” del treno che fa tanto scuola.   La collina sulla destra,  coi girasoli che oggi non girano e Leopardi con Silvia e Teresa a braccetto appena oltre,  circondati da buona musica.  Il mare si agita. Ha la febbre. Il sole si e’ preso una pausa di riflessione e sole e mare per oggi non faranno l’amore.  Il Nord alle spalle e il Sud oltre gli ulivi.  Gli alberi sono dei santuari sosteneva Hesse.  Basta ascoltarli,  parlare loro.  Poi noi,  i nostri riti,  rituali,  raccomandazioni e i nostri ex-voto mentali. Comincio a immaginarmi la terra rossa,   muri a secco,  le casette dismesse,  quelle da riempire,  chi le riempie,  gli alberi di fichi. I pulmini al mattino presto,  il brontolio del loro  motore e la ghiaia che scricchiola al passaggio.  Una mano sulla visiera del cappello e una sulla schiena,  come a proteggerla;    due dita sotto le palpebre a fare diga alle prime gocce di sudore.  Cose del passato e del presente che rivivono in vecchi e nuovi ricordi.   Casa cantoniera 10.  Il “Libro di Aron” e’ su questa piccola mensola del treno. Il bicchierino del “c’era una volta qui dentro un cappuccino” mi ricorda che “il viaggio,  una scoperta da gustare”

. Provo a passarmi la lingua sulle labbra e poi si contraggono: si,  e’ un vago ricordo di cappuccino. Di stazione.

Dal Conero buongiorno

2 7 2016.foto Borrelli RonanoDopo i rigori e l’uscita dall’Europeo 2016 ai rigori contro la Germania (complimenti.Bellissima partita combattuta), dopo aver svuotato tasche e zaino, una doccia fresca, la buonanotte a questo colle e a questo mare. Lascio la finestra aperta per sentirli vicini e lasciarmi cullare dai loro solletichi, sonori. “Allora, domattina lascero’ che sia il destino a scegliere  quale biglietto estrarre. Poi, il viaggero'”. E cosi sara’.

E cosi sia. E cosi sara’.Che sia in treno, tra i libri, tra i sogni da dilingere poco importa.

Intanto Buongiorno mondo!!! Apro la finestra e questo colle e’ davvero un infinito su  infinito di bellezza. La  luna la notte scorsa avra’ detto la sua a molti innamorati sotto un diluvio di stelle e tante Silvia  (o Teresa il che e’ lo stesso) avranno sentito battere forte forte il loro cuore. Meraviglioso. Meravigliose. Recanati. 2 7 2016.foto Borrelli Romano Se rimembrano e rimembrano  ancor e ancora. E a me pare sentirla ancora cantare la Silvia, a dire il vero. b7Il mare questa mattina luccica e spira forte il vento;  il sole e’ gia’ alto e la brezza marina notturna ora chissa’ dove sara’. E io che uscendo andando incontro al vento di liberta’ sogno di dipingere il mio sogno. Il Conero e’ a due passi…davvero grande bellezza.

Allora che si fa? Direzione Osimo. DSC03609La mostra di Sgarbi mi attende e i sieme a questa uns visita al paese e a San Giuseppe da Copertino, al quale devo raccomandare i miei studenti. Osimo  e’ una bellissima cittadina.Certo non facile da raggiungere per via del giorno festivo e nel non aver cercato piu’ i formazioni sui trasporti. Osimo, quella che il palchetto fa…Come che sia, treno, autostop e destinazione. Una cittadina bellissima con un panorama mozzafiato. Una funivia, le scale mobili e via. Si comincia. Cerco subito i dipinti del Lotto. Poi gli altri. Terminato il giro20160702_154251

Ieri, studio presso “Casa Leopardi” a Recanati.Poi Loreto. Un bel po’ di arte. Ma di questo raccontero’ dopo.

Arrivederci…dalla scuola

Arrivederci...scuola. Foto, Romano Borrelli

Torino. Ultimo giorno di scuola.

Non ho fatto in tempo a dirvi, a tutti, proprio tutti, un arrivederci. Buone vacanze. Una stretta di mano, una pacca sulle spalle. Non saprei dire neanche  se sarà un “arrivederci a presto”. Il mondo della scuola, dei lavoratori della scuola, è simile ad “un viaggio”. La meta non la si conosce  ma tanto questo non è importante, è il viaggio quello che conta. Incontri. Fondamentali. Orme. Frasi dette, mancate. Domande, risposte. Mi sono limitato ad osservarvi da quassù. Una finestra. Due mondi apparentemente distaccati ma congiunti.  Adulti, ragazzi. Una finestra. Un brivido ricorre ad altra finestra. Il ricordo di Recanati, dello studio di Leopardi. Il suo guardare con un po’ di malinconia o nostalgia.  La finestra dove ognuno di noi, fin da piccoli,  eravamo  scrutati da un occhio vigile e attento, ora da un padre ora da una madre nel nostro lento, incerto incedere e   attraversare la strada della vita e  per andare a scuola. Ecco. Forse un occhio vigile e attento, potrebbe essere il simbolo che racchiude il guardare da questa finestra. Strade che si separano. “Cose che restano”. Avete salutato la fine della scuola con una festa fatta in casa come succede in molte famiglie e la scuola è stata la vostra. Lo  è e continua ad esserlo. Avete aspettato il suono dell’ultima campana per poi andare. Prima avete messo in comune qualcosa da mangiare e da bere. Compagni. Per una volta, azzerate differenze e gruppetti vari che durante l’anno vi hanno contraddistinti.   Prima vi siete abbracciati, qualcuno ha pianto, altri hanno riso.  Abbracci. I migliori, quelli che arricchiscono, non si riescono proprio a raccontare. Non ci si riesce proprio. Lasciano qualcosa dentro. Un misto di emozioni che non si riescono a raccontare. Non si possono, raccontare. Siete andati. Oltre. In mare aperto.

Arrivederci, buone vacanze e buona maturità.Ultimo giorno di scuola, 2013-2014. Torino. Foto, Romano Borrelli

Ps. Domani qualcuno racconterà delle fontane, dei bagni e gavettoni. Ma con “occhio” freddo come l’acqua fredda e ghiacciata delle fontane del centro di Torino, in piazza Castello. Acqua che “lava”  via un anno di scuola e altro ancora. Raccontare non basta. Bisogna viverle, quelle emozioni. E le emozioni non durano un attimo. Una fotografia, due righe su un giornale, qualche notazione a margine  non saranno mai sufficienti. Bisogna viverle, impastarsi con centinaia e centinaia di emozioni differenti.  Che appartengono ai ragazzi e le scambiano. Che durano un anno. Cinque anni.  Non due righe. Anche queste non saranno mai sufficienti e non renderanno sufficientemente giustizia.

Un saluto.

Amore di…classe

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Certo mai avrei pensato ad una risposta simile. “Alla lavagna…” e sembra di ricordare Cochi e Renato. E tra chi discetta librandosi su “territorio europeo” se il nostro e’ un ‘bel Paese’ da porre dietro o davanti la lavagna, come in altri temi, gli autori veri, quelli che a loro modo sono di classe e la classe la vivono, appuntano i loro pensieri “ingessandosi” le mani, sull’amore e su altri temi che lentaMente e approfonditamente fanno scuols. E cosi’  nuove leve “istruiscono” sull’amore. Senza attenderlo. La primavera bussa alle porte e queste schiudono “la classe”: l’amore è un sentimento…che deve essere vissuto con gioia. Che “consigli di classe” in questa giornata primaverile. “Consigli” da luna piena, che inevitabilmente rimandano a Leopardi. “Dimmi, o luna…”.  Da parte mia, provo a sfogliare un libro di Pascoli, velocemente, e poi Montale…Nel cielo torinese una luna piena come non mai. Da queste panchine, davanti al Duomo, al termine dei consigli, altri “miti” consigli vengono richiesti alla luna.   Speriamo che le profezie si avverino…Da un portone provengono voci…qualcuno spiega, altri ripassano, altri ancora ripassano, profeti, falsi profeti, oracoli, di condanna e di salvezza. “Ascolto” in silenzio. “Daniele”, “Geremia”, “Osea”, …Visione? No. E allora, Bravo, 7 più….anzi, no: 8!Anzi, 24!

DSC00536 (il Duomo di Torino)

In attesa

DSC00487Dell’acqua, non vi è più traccia. Nei pressi dell’anagrafe, raccontata un paio di post fa. Pozzanghere asciutte. Giardino totalmente libero e così pure i giochi. Le altalene sono in “movimento” e così le altalene della storia, meglio, delle generazioni. Giustamente come osservato da Corrado Stajano sul Corriere, i Leopardi, i Gobetti, i Gramsci nascono poche volte in un secolo.  Ma questo era un paragone tra la classe dirigente venuta dopo la seconda guerra mondiale e quella di oggi. Tornando a questo “fazzoletto di realtà“, dietro la cancellata, lingue e dialetti incomprensibili, ma belle, affascinanti. Lingue profumate.  Paesi di altre grandi bellezze. Anche le panchine sono piene o quel che può ricordare una panchina,  pur di godersi questo bellissimo ritorno di “quasi primavera” atteso un inverno, che, in verità, sembrava un lunghissimo autunno. Mamme in attesa. Della fine del gioco, di questa giornata. Non di altro. Forse in attesa di altro ancora, del lavoro, ad esempio. Intente a vigilare il gioco dei figli. In attesa di qualcosa. E a cantare “clap and jump…”. Due chiacchiere di una terra lasciata, a malincuore e una speranza. Un futuro migliore. Un po’ come piantare un albero, coltivare un orto. Guardare avanti, speranzosi e fiduciosi. Occhi che fissano e si perdono. Tratti di malinconia.  Lungo la direttrice che porta verso il centro-centro, una traccia, una costruzione particolare.  Una coincidenza. Tre piani “terrazzati”. Un po’ come le colline liguri terrazzate. Un pochino. E difatti, ricorda quando in macchina il mare era lì, a portata di mano, dopo un’ora e mezza di autostrada. Occhi su. In alto.  Che cercano e ricercano. Ragazze e ragazzi al termine del primo traguardo. Universitario. Tre anni. Uno step. Il lavoro. Sete di sapere, sete di conoscenza. Un seminario, di studi.  Il centro, un “chiostro”.  Che ne sarà di noi? Sembra il titolo di un film, in realtà, non lo è. O lo è stato.  Poi, “Lettera di una sconosciuta“, qualche pagina, prima di dormire. Giornata calda, primaverile. Niente altro da aggiungere.

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Tramonto, al Sud

Osservare da quassù il tramonto è davvero spettacolare……..tra vecchie “chianche” trovo, ripiegata su un vecchio foglio, una poesia, di Tommaso Landolfi……….Poesia, che, come Leopardi sosteneva, è “aumento di vitalità”……E una poesia è questo tramonto, stupendo……..come solo questa parte del Salento riesce a regalare.

Solo, amore mio, solo

Come neppure l’usignolo,

Io questa “solitudine

fo pegno.

Di segreta delizia

Ed essa eleggo a mio splendente regno………Eppure, amore, Io mi scava una nicchia dentro l’ora

Fuggevole e alterna,

E piango e soffro e tremo ancora (Tommaso Landolfi)