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La dad. “Per chi suona” la campanella

Si fa veramente fatica ad addormentarsi  e quando ci si sveglia, nel cuore della notte, il tempo passato a rigirarsi tra  coperte che oramai, pensi, anche per loro è  giunto  finalmente il “distanziamento socile”, tale per cui  bisognerebbe presto “confinarle” negli armadi, almeno fino a ottobre.  O almeno, con un Dpcm, di volta in volta. E di giro in giro, tra le mura domestiche di giorno, tra lenzuola e coperte, che proprio di dormire non se ne vuole sapere, si resta in silenzio, in ascolto  di qui soli tic tac tic tac tutti sfasati delle uniche 3 sveglie che resistono in altra stanza. Il lamento delle ambulanze, fortunatamente si è  attenuato mentre sullo sfondo, impercettibile, resta quello della polizia. Lo sbuffare dei bus, quelli che dal deposito Venaria si smistano e diluiscono perso la città  alle prime luci dell’alba,   oramai non se ne sente quasi più; solo l’impresa di pulizie,ha anticipato, da parecchio e di molto la pulizia degli ambienti, il che mi coglie preparato tra le pagine dei giornali che la sera prima mi ero detto “domattina approfondisco”. Cosa c’era da approfondire? Il sito “La voce.info”. Ne avevo sentito parlare della sua esistenza, ai tempi belli, quando sempre era primavera,  da un professore di Scienze delle finanze, durante gli anni di Scienze Politiche, il cui cognome ricordava una catena di supermercati del torinese. E così, di tanto in tanto…o sempre buttato un ocvhio a qualche articolo, e insieme a questo ho dato un’occhiata al rapporto  Oxfam che prevede mezzo miliardo di poveri in più nel mondo mentre in Italia, le stime, parlano di 10 milioni di possibili poveri in più (notizia rilanciata da Repubblica, a pag.29). Già il titolo della testata non prometteva nulla di buono: “10 milioni a rischio poverta”. Ma delle notizie da “ripassare” nel qual caso la sveglia naturale avesse bussato alle porte del mio sonno, poco profondo, a dire il vero, avevo tenuto anche l’articolo di Corrado Augias su di una Roma ed i suoi silenzi e il ticchettio della sua storia. Quella di Roma e quella di Augias.Un articolo davvero realistico che ha avuto l’effetto di riportare Roma in ogni suo punto. Bellissima descrizione, davvero, in questo periodo di immobilità è  riuscito col suo scrivere  a rendermela vicina, evidente e presente, con le sue fontane ed i suoi colli, i suoi profumi, glicini, aquilegie,  memorie storiche.Poi, a rasserenare tutto e farmi sorridere ci ha pensato la mail, divertente, leggera, di altruismo, attenzione, simpatia, della studentessa di medicina Verdiana Lamagna, dal titolo “Una proposta inaspettata” (di Concita De Gregorio)….”Oggi è  la seconda volta che porto la spesa al signor Giovanni, 87 anni…” così è  l’inizio… un incipit di una studentessa in medicina che  dipana in maniera assolutamente divertente, curiosa, una storia di  Cuore, di quelle che lo scaldano e fanno ben sperare.  “Stai a vedere che in isolamento forzato, quarantena, lockdown, ho trovato marito. Vado a dirlo a papa’”., è  il yermine del racconto. Divertente, leggera…ci voleva proprio….del mio sonno, invece, manco a parlarne.  Non ne vuole proprio sapere. Chi l’ha visto? Mi vado a preparare, è  quasi arrivata l’ora del “meet”.  Per chi suona la campanella? Per la dad. E allora, anche questa è  storia da “meet”.

XX Settembre

20150920_111723Il calendario e l’orario dei treni in arrivo e in partenza da Torino Porta Susa20150920_111233 mi ricorda che oggi è il 20 Settembre 2015. Una data che è stata ed è una “porta” (e breccia). Una data che ha fatto Storia ed è stata “via” ( in un paio di sensi) per una storia. Piccolina, personale, ma storia. E che storia. “Mi piace”. Perche’ l’ho scritta io. “Buongiorno Prof“.  Sembra il titolo di un libro e lo e’ come quello ricevuto in dono dal prof. Giovanni Carpinelli, nel mio primo giorno di scuola. Da prof. Ma quel “buongiorno” è stato, oggi, il saluto di una studentessa che ha colto l’occasione per presentarmi  la sua famiglia.  Ero appena “sbucato” dalla “balena” spiaggiata, in vetro, che è Porta Susa quando sono stato “investito” dal suo divenuto più largo, saluto. Su uno dei tavolini del bar di quella avevo raccolto idee per una breve riflessione. “Comunità e prossimo”. Una riflessione. Riflettere su se stessi, sulla comunità e di cambiare mediante l’empatia. Quale comunità? Domani proveremo a dargli corpo, con la riflessione e la scrittura. Con “la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari che portano alla salvezza e al trionfo…” (ricordando Italo Calvino).

LaStampa_t2_20150918_018Pagine estratte_2

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dall’ “inopportuno” all’opportunita’. Una “storica” alleanza tra soggetti

La storia di Massimo e’stata toccante per molti. In tanti hanno scritto e in molti hanno incoraggiato la scelta di Massimo. Decido, per oggi di restare dalle parti di “Massaua” che per chi e’ torinese sa che e’ una piazza e allo stesso tempo, una fermata della metro. Torino 30 dic, foto Borrelli,RomanoDa queste parti, un tempo, nel cinema Massaua, venivano effettuate le “chiamate” dell’ufficio di collocamento. Il martedi era il giorno delle centinaia di persone che si recavano di mattina presto, libretti alla mano, per un posto, a termine, pubblico. Qualche mese, ma mai piu di 4, perche’ senno’ ripartivi da zero e addio al tuo punteggio. Era l’incontro con la “disperazione” ma qualcuno, un contratto, a casa, riusciva a portarlo, ora come addetto alle poste, ora bagnino, ora bidello. Questa mattina e’ stata la volta di Massimo e di un suo riscatto. Spero di cuore che questo articolo lo leggano in tantissimi, per conoscere la forza e la storia di un riscatto.  Oggi pomerigio, un altro incontro.Torino 30 dicembre 2014, Vescovo Cesare Nosiglia e Sergio Durando. Foto, Romano Borrelli Con la speranza. L’evento in corso e’ “storico”, ma forse, a dire il vero, ho forzato la penna, meglio, la tastiera. L’incontro e’ in Via Madonna de la Salette, presso la palazzina situata al numero 12 della stessa via dove si trova l’ex pensionato dei missionari de La Salette ora un tetto per rifugiati.  L’incontro storico e’ tra il Vescovo Nosiglia, centri sociali quali Askatasuna e Gabrio. In nome dei profughi. Oggi pomeriggio in fase di incontro si sigillato il progetto che trasforma “l’inopportunita’ in opportunita”, Torino 30 dicembre 2014, foto, Romano Borrelli (2)slogan coniato dalla Pastorale dei Migranti e dalla CaritasTorino 30.12.2014, foto Borrelli Romano che insieme coordinano il progetto. 20141230_161509Torino 30 dicmebre 2014, foto, Romano BorrelliUna palazzina di quattro piani, circa 70 persone alloggiate, un giardino, meglio, un ortoTorino 30 dic 2014, foto Borrelli Romano dove si coltivano ortaggi e si provano a vendere, come frutto del proprio impegno e lavoro. Perche’ la promozione dell’individuo, come viene piu’ volte ribadito, e’centrale, in questo percorso di ” reintegro” e di scrittura e riscrittura personale che non prevede tempo. Si “esce”quando si completa il percorso e si lascia spazio ad altri. Una struttura in comodato, con tanto di regole e norme appese in bacheca. Torino 30 dic 2014, foto Romano Borrelli.Torino 30 dic 2014, foto Borrelli Romano.Una struttura che vedra’ i primi lavori di ristrutturazione in marzo. Una precisazione. Lo stabile, era vuoto ed e’ cosi diventata dimora di una settantina di disperati che saranno di passaggio e che nel frattempo si occuperanno di recupero della palazzina. Insomma, dal recupero al recupero. Dall’altra parte del cortile l’istituto dei religiosi che una mattina hanno conosciuto questo “incontro” e accanto la parrocchia di Maria Riconciliatrice. Torino 30 dicembre 2014, Foto, Romano BorrelliLa  Chiesa, a parere del Vescovo, come anche oggi ribadiva la Repubblica, riportando una affermazione di Nosiglia,  “non deve lasciare immobili vuoti”. Torino 30 dic 2014, foto Romano BorrelliUna guida mi ha condotto a visionare la palazzina, in alcune sue strutture.  Tra gli interventi, quelli di Nosiglia e Durando e rappresentanti centri sociali. Torino 30 dic 2014, foto Borrelli Romano..Torino via Madonna de la Salette, foto, Borrelli R

Dal cappello, una storia. Con tanto di …cappello. Almeno per un giorno

Torino 30 novembre 2014, fermata Metropolitana e facciata stazione di Torino Porta Nuova. Foto, Romano BorrelliTorino, 30 novembre 2014, atrio stazione Torino Porta Nuova. Foto, Romano Borrelli Domenica mattina. Torino, 30 novembre. Pioggia insistente, ma non fastidiosa. Ho programmato di ritagliarmi alcune ore di tempo, di questa mattina, per  imparare a “farmi compagnia”. Un po’ di libertà da utilizzare per terminare la piacevole lettura di un libro, suddividendone il piacere, meglio, quel che restava del godimento di quella lettura, in termini di pagine, tra le due stazioni ferroviarie di Torino: Porta Susa e Porta Nuova. Una lettura, non sotto le coperte, tempo permettendo, ma comunque al coperto. Una buona lettura, ripara sempre. Protegge. In entrambe le stazioni, la prima di passaggio, la seconda terminale, ho cercato una “buona terrazza”, una di quelle di uno dei caffè in esse presenti. Via vai continuo di gente. Scale mobili, tavolino, pila dei giornali. Oggi è domenica, e il Corriere della Sera ha un allegato, Lettura. Repubblica, al suo interno, propone alcune recensioni di buoni libri. Poteva mancare La Stampa. Certo che no. Mi sistemo, come fosse uno scompartimento di un treno. Davanti alcuni turisti aprono come una tovaglia la cartina di Torino. Butto l’occhio. Sembra di volare sulla nostra città. Riconosco corsi e viali alberati e so esattamente quali scuole sono localizzate in alcuni tratti. Il lavoro, non se ne sta mai tranquillo. Dietro, alcuni ragazzi alle prese con tabacco e cartine.  Al mio fianco, qualcuno estrae una carta. Da cinque. Pronto per il conto. Torno sulla mia, di carta, del libro. Dieci pagine a testa per stazione,  per la par condicio. Terminate, pago, e compero uno degli ultimi biglietti della metro, shopping, tre euro per la durata di quattro ore. Tempo di utilizzo, dalle 9 del mattino alle 20. Recupero le scale mobili, attraverso la “dorsale” della stazione, altre scale mobili. Poche fermate e sono nell’altra “pancia”, a Porta Nuova. La metro ha lanciato un fischio. E’ ripartita, direzione altra stazione. Lingotto. Peccato che il Lingotto in questione, sia un centro commerciale. Il Lingotto stazione ferroviaria, è altrove. Dall’altra parte del muro. Recupero la penultima scala mobile. Sono nell’atrio. A destra, piove. Alcune transenne perimetrano la potenziale “vasca”. Sento un profumo famigliare. Odore di stampa, di libri e di brioches. E’ la Feltrinelli.Torino 30 novembre 2014, Porta Nuova, liberira Feltrinelli, foto, Romano BorrelliHo tempo. Dieci pagine in fondo si leggono velocemente. Entro, mi piace la disposizione, l’odore dei libri. Mi muovo a mio agio, tra i libri. Ne annoto qualcuno. Un paio nella mente, altri, sulla memoria del cellulare. Mi piace passare da qui. Quando devo viaggiare, ma anche no. Così, come capita. Appena uscito dalla libreria recupero la scala mobile. Una terrazza, un tavolino. Mi sistemo. Come è cambiata Porta Nuova. Sempre bella. E’ una bella signora che non mostra la sua età. Un po’ di trucco sulla facciata e qualche lacrima al suo interno ci possono stare. Il resto è in ottima forma. A tratti, splendente. Al tavolino, sedute appena dietro,  un paio di ragazze si scambiano le “news” della serata torinese appena trascorsa. Non recepisco se  immerso troppo a fondo nella lettura del libro o se in fondo le ragazze che si scambiano le loro confidenze, con un timbro  alto siano una realtà di fatto.  Fatto è che ieri, a Torino, si è concluso il Tff e all’uscita da una delle sale di proiezione, di una tal sezione, un ragazzo  che era in compagnia di una delle due si è dichiarato, proprio come capitava una volta, con il permesso di un bacio. Tanto di cappello. Forse, non era un caso il voler terminare la lettura del libro, proprio qui, fra viaggiatori e sognatori, nel momento esatto in cui leggo “quanto effettivamente sia lungo il minuto passato con la mano sul fuoco di cui parla Einstein (al contrario di quello, superveloce, che viviamo baciando qualcun*”).Torino 22 novembre 2014, piazza Castello, foto, Romano Borrelli (2) E dal cappello non soltanto ne è nata una storia e il biglietto, dopo quello del cinema, per un viaggio nella vita. La cosa curiosa è che ad un certo momento ho sentito le tazze dei cappuccini “baciarsi”, questa volta, senza dolcezza,  e sentire dire la ragazza, alzandosi in piedi: “Io non viaggio più da sola”. Sorrido, chiudo gli occhi, e ripongo il libro. In copertina, una bellissima ragazza, abbraccia un trolley. Il titolo? “Io viaggio da sola” (Maria Perosino. Super ET. Einaudi).

Dopo aver riposto il tutto, giornali, libro, e biglietto, esco per un attimo solo dalla stazione. Ovviamente, restando in tema, caffè espresso. Il tempo di attraversare il corso, e proprio accanto all’Hotel Roma ( fa  sempre breccia il profumo di un grande della letteratura, Pavese.) e  centinai di cappelli esposti nella vetrina, in  vendita, solo per oggi compaiono alla mia vista.  (Alessandro Finessi, temporary shop per un giorno)Torino 30 novembre 2014, piazza Carlo Felice, cappelli per un giorno. Foto, Romano BorrelliTorino, 30 novembre 2014. Cappelli per un giorno. Foto, Romano Borrelli E dal cappello, una storia. O meglio, dal cappello di quella storia un tema  che si svolgerà a quattro mani: qualcuna  (e qualcuno) da ieri sera non viaggia (viaggerà) più da sola. E per la storia del bacio e del permesso richiesto (e accordato): togliamoci il cappello. Almeno per un giorno.

Ps. è piacevole pensare che il viaggio non termina ma comincia.

Ancora un grazie alla scrittrice Maria Perosino, per questo lascito. Si sente molto la sua mancanza.

Ps. Oggi su La Stampa, in evidenza La Ristonomia. Pagine colazione consigliata. Vot0 7. Felice di esser andato quasi un anno fa. Mi è sempre piaciuto il clima famigliare e …………la sala giornali e riviste poi……..Torino, La Ristonomia, interno. Dove c'era Barattero, gastronomia, ora ristonomia. Foto, Romano Borrelli.

Piovono luci

DSCN3571DSCN3569Un piccolissimo scorcio di Torino, una piazza, il Comune, alcuni taxi, le luci, bentornate, nello stesso identico posto di altre edizioni.  Dietro di me,  l’entrata al Comune, dove di giorno, stazionano due o più vigili. Le scale, che sembrano interpellare ad uno ad uno i nomi dei freschi coniugi, frutto di matrimoni civili celebrati durante l’anno. Sabato pomeriggio, come molti altri. Riso, battito di mani. Videocamere, macchinette fotografiche, tavolette di ultima generazione, cellulari trasformati in macchinette fotografiche. Gli amici che leggono fogli stropicciati, scribacchiati velocemente e ripiegati malamente in tasche da abiti da cerimonia. La narrazione di come si sono conosciuti gli amici novelli sposi. Quale canzone, la gita, il primo bacio, il mare, la montagna, chi ci credeva e chi no. Chi diceva si, chi diceva no. A ritmo di Vasco. E chi sapeva già come sarebbe andata a finire, perché lo sentiva e lo sapeva già. E quindi, giù di foto: con i parenti, con gli amici, con i colleghi, con i compagni di classe, con i vicini di casa.  Le “mappe” distribuite al termine della cerimonia, per trovare quel ristorante e ritrovarsi, perché qualcuno, sempre, smarrisce la strada, nonostante i navigatori. All’interno, del palazzo, la Sala delle Colonne, dove un tempo risuonava la politica, i convegni della politica. La Sala Rossa, gli interventi, gli auguri allo Statuto dei Lavoratori. Pare rivedere e sentire Diego Novelli e Marco Revelli. Davanti al Comune, sulla piazza, piovono luci. Le pozzanghere formatesi per la pioggia insistente formano una sorta di specchio. Impressi sul selciato prendono così forma i visi dei tanti volontari “Torino for you”, di memoria olimpiaca,  le felpe rosse, in attesa che qualcuno si affacci al balcone per immortalarli con una foto. Quanto rosso. Davanti “il naso della mole” grattato dalla pioggia.  Continua a piovere colore. In attesa che si tramuti in neve. Prima o poi.

(le luci tornano dove erano state messe e incontrate, “pubblicate” su La Repubblica il 29 dicembre 2009)

Landini, uomo dell’anno. Landini al governo

Non si conoscono con esattezza i numeri, dei presenti alla manifestazione, a Torino,  se quindicimila o ventimila o cinquemila. Poco importa.  Come nella vita, di molte cose non si conosce mai la verità. La coerenza e il rispetto non sono per tutti. Chi ha partecipato allo sciopero, al corteo, alla manifestazione,  puo’ chiudere la giornata con la coscienza a posto. Sereno, tranquillo, per aver dato voce ad un malessere. Il Paese reale scende in piazza. Il Paese reale, quello che è stanco di esser preso in giro, che continuamente spera che domani…. domani….La scuola, ad esempio.

La scuola 2.0 arriva. Dove e in quanti istituti non è dato sapere. O forse si, forte dei 77 mila tablet distribuiti, in edifici vetusti, del novecento, o anche prima. Edifici che richiedono manutenzione “urgente e necessaria”, come i requisiti per un decreto legge (vero, nuovi dirigenti scolastici, che chissà quante volte vi è stata posta questa domanda). Forse dove si passa il badge e l’insegnante rileva le presenze (o le assenze) utilizzando registro e rete, non sono molti, anzi, pochissimi, mentre sono tantissimi gli istituti dove manca personale e questo non è qualificato per le nuove domande che una società fortemente mutata impongono. A cosa servono i cinque nuovi spazi se manca il personale per i tagli subiti? Quando è che torna al cento il lavoratore (con la sua dignità?)…E andare a scuola in infrastrutture colabrodo, o con suppellettili, strumenti idonei per i lavoratori  che ricordano l’800?

Era una giornata di fine agosto. In tantissimi eravamo alle nomine. A tantissimi fu detto “quest’anno si stabilizzeranno circa duecento persone”. Il periodo degli annunci su Intenet lasciavano intravedere spiragli di speranza…Le riunioni sembravano dovessero mettere a posto ogni cosa………….Ma, quest’anno quando? Siamo al 15 novembre….e ancora non si è mosso nulla. Eppure ogni giorno pretendono, (dalla catenda di comando), lavorativamente parlando, da una persona, mansioni  che fino a poco tempo espletavano in due. Ridicoli. Ma venite a dare un’occhiata, come si lavora… I Presidi  (Dirigenti scolastici) freschi vincitori di concorso, e “anziani” che si apprestano ad affrontare una “gita”a Genova, in visita al salone dell’educazione “ABCD” lo hanno stipulato il loro contratto, giusto? Noi?  UMILIATI E OFFESI!!! E ora,signori, alzate il vostro grido a tutela dei vostri lavoratori. Ho aderito allo sciopero, ma voglio, esigo sapere perchè non si stabilizza come promesso. Possibile che La Stampa, La Repubblica  non sappiano dare voce, intervistare uno che è uno, del giro dei governanti, politici, che sappia dare una risposta senza infingimenti? Possibile che nessuno dei governanti si domandi cosa voglia dire vivere ogni giorno con la speranza che il giorno dopo qualcosa è davvero mutato rispetto alla condizione di precarietà? Forse,ascoltando un l’intervento di un manifestante in piazza Castello, qualcosa poteva indurre a riflettere, a ritroso:  “La prossima volta so cosa votare: Alì Babà, almeno i ladroni erano solo quaranta e non così tanti”. Ladri di futuro, di sentimenti, di fatiche quotidiane… di posti di lavoro non stabilizzati  e da stabilizzare! A conclusione della giornata, un ricordo,   in particolare, e un lungo applauso  vanno a Maurizio Landini e agli operai Fiom.

Più presìdi, meno prèsidi (o meno soldi)

Ho idea che su molte cose non circoli sufficientemente l’informazione, e, in tal modo, molti sono  propensi ad accettare una sorta di “status quo”. Noi, che siamo tra coloro che non accettiamo discorsi contenenti la parola “oramai”, siamo il “braccio operativo” di associazioni, movimenti, partiti che non accettano tagli, che non accettano la cig, la mobilità, che non accettano la distribuzione di aiuti a chi davvero non avrebbe bisogno. Noi siamo e ci mobilitiamo con la speranza che gli aiuti arrivino là dove effettivamente vi è il bisogno.
Noi siamo “Barbara” che non accetta e soffre quando in ogni discorso “ormai” ha sostituito altre parole. Ma noi abbiamo bisogno di essere sostenuti dall’informazione, dai giornali, dai politici che più ci sono vicini.

Cara Liberazione, capisco che in tempi di risorse scarse, anche voi dobbiate fare i conti con i vincoli di bilancio, ma onestamente avrei preferito un titolo diverso da quello odierno: “Fumo negli occhi”, che campeggiava in prima pagina. Più volte ho scritto e vi ho scritto (mai pubblicato!) che a Torino “una nuova disoccupazione era alle porte”. Oggi vi dico che a Torino, da giorni nuovi disperati “sono stati accompagnati fuori dalla porta della scuola”.

Cara Liberazione, cari politici di sinistra, di Rifondazione Comunista, noi siamo i vostri alfieri: ci danniamo per portare voti al nostro partito, non al singolo; al partito a cui vogliamo bene, da morire, ma farsi “superare” anche da La Stampa con un titolo, che è si locale, ma di con un certo impatto nazionale, non va bene. Non va bene! “Tagli, la rivolta della scuola. Così si chiude”. I sindacati: situazione grave, sciopero nell’aria. “Senza bidelli qualche istituto non ce la farà”.

Ma sapete, cara Liberazione e cari politici, cosa affermava La Stampa oggi, dando voce ad uno dei tanti presenti al presidio di Torino?

“Se la scuola torinese fosse un’azienda in crisi con 847 lavoratori disoccupati si sarebbe già mobilitato mezzo mondo”. Dobbiamo salire anche noi su qualche tetto di qualche scuola? del provveditorato? cosa dobbiamo fare? Potete dedicare, nella vostra magrezza, una pagina che è una, ai precari della scuola? Oggi, subito! Ma qualcuno ha scritto due righe sulle chiamate effettuata a Torino riguardanti il personale A.T.A.? Alcuni, sostengono che “saranno alla fine 300-350 i precari che non avranno il posto” (tratto da La Stampa di oggi, cronaca di Torino, pagina 48, articolo di Maria Teresa Martinengo). Qualcuno era presente il giorno 31 agosto 2009 presso l’I.T.C. “Russel Moro” in Corso Molise 58 a Torino? Le chiamate, per i collaboratori scolastici terminavano con il numero 4700. Qualcuno si è chiesto quanti quel giorno sono rimasti senza lavoro? Quanti sono tornati a casa disperati? Quanti altri iscritti erano presenti quel giorno, con un punteggio superiore e quanti negli anni scorsi hanno ottenuto un posto di lavoro pur avendo un punteggio superiore al 4700?
Negli anni scorsi, si arrivava anche a chiamare il numero 8000. Possibile che non ci sia stata un’azione forte, incisiva, una dichiarazione tesa a dire:”per quest’anno niente tagli alla scuola, lasciamo i lavoratori nelle stesse scuole”. Possibile che si è pensato ad aiutare altri soggetti?
I lavoratori e ora disoccupati non hanno voce. Non hanno avuto voce, cara Liberazione: nessuno ha colto le lacrime di tutta quella gente che ci sperava in quel posto di lavoro. E penso a quanti, a torto, hanno in passato e continuano, ora, a “concertare” sulla pelle dei lavoratori.
Sono stati dei rulli compressori.
Davvero non ci vogliono bene. Si concerta in situazioni del genere? In situazioni così drammatiche?
Anche la Repubblica dedicava un articolo alla complessa situazione che insiste sul territorio torinese: “Guerra di cifre sui tagli ai prof. Presidio sotto gli uffici del Miur”. I sindacati chiedono di recuperare 250 posti. (cronaca di Torino, pagina 3, mercoledì 2 settembre 2009).
Noi continueremo ad essere sempre gli alfieri del nostro partito, io, mi sento un “funzionario” della mia area, e sono fortunato che il gruppo regionale di rifondazione comunista è sempre attento e sensibile a tutto ciò che capita nel nostro mondo regionale.
Juri Bossuto, Sergio Dalmasso, e altri sono sempre in prima fila e ricordo che già nel mese di dicembre avevano presentato un’interrogazione su questo tema. Ma, cara Liberazione, non basta essere magri, bisogna essere anche agili e correre là dove il bisogno e i bisogni chiamano. Non è dimagrendo che si aggiustano i conti, invertite rotta!!

“Avanti popolo”, “con classe”

precariatoPresente e futuro. Due tempi, due mondi. Il nostro, il loro. Una speranza, in comune: quella  che nessuno di noi, mai più, debba pagare un conto, una crisi, la loro, di quelli che “hanno giocato a monopoli” senza il nostro consenso; una crisi che noi non vogliamo e non dobbiamo pagare. Cosa vorrebbero farci pagare? Lo dicono i giornali di oggi. Ecco il conto che ci presentano: “In Europa, negli ultimi tre mesi del 2008, sono stati persi più di 670.000 posti di lavoro. Pessime le previsioni per il futuro: secondo la Cgil entro il 2010 i disoccupati in Italia aumenteranno di un milione. “(Il Manifesto).

“Crisi, l’Italia un paese di disoccupati e precari” (Liberazione, il giornale da me preferito); all’interno dell’articolo si snocciolano  alcuni dati: “Se il 2010 era la data più probabile per il “fine corsa” della depressione economica, per l’Italia non sarà così, anzi. Da qui a quella data, l’Ires Cgil prevede un milione di disoccupati e un prodotto interno lordo ridotto al -4% complessivamente; il tasso di disoccupazione nel 2010 rischia, infatti per la Cgil, di salire fino al 10,1% ed anche nelle ipotesi più ottimistiche di arrivare al 9%. Ciò comporterebbe una perdita di un milione di posti di lavoro fino al 2010: solo nel 2009 si prevede infatti un calo di mezzo milione. I nuovi disoccupati, calcola l’Ires, porteranno il totale dei senza lavoro a 2,3 milioni nel 2009 e a 2,6 milioni nel 2010. Il tutto mentre si allarga a 3,4 milioni di persone l’area della cosiddetta instabilità occupazionale: quel mondo di dipendenti a termine e di collaboratori vari su cui incombe di più il rischio di perdita di lavoro. Un’area di instabilità così suddivisa: “”Parasubordinati” 14, 4 %;

“Non occupati da non più di 12 mesi, 19,3%;

“Dipendenti a termine volontari”, 6%;

“Dipendenti a termine involontari”, 60,3%. Il dato è tratto da Repubblica, a pag. 6, articolo di Luisa Grion,  (fonte: indagine forza lavoro-media 2007). Proprio la Repubblica, sempre a pag. 6, titola, “L’Europa perde 670 mila posti. Cgil: verso un milione di disoccupati”.  (articolo di Luisa Grion).

Lavoratori e studenti, un appuntamento, per domani ed il nostro domani: a Piazza Arbarello, alle ore 9.30, per lo sciopero indetto dalla Flc-Cgil. Lavoratori, come quelli della Indesit e chissà quanti altri. Studenti, collettivi, ragazzi del Politecnico, precari della ricerca studenti, medi, gruppi di genitori, lavoratori della scuola, docenti, tecnici, amministrativi, collaboratori, ecc. ecc. Uno sciopero che serva a dire ancora una volta che noi, popolo, noi classe, il conto del taglio, non di un pezzo di stoffa, ma “di persone in carne ed ossa”, non lo vogliamo pagare. “NO  AL TAGLIO DI 87 MILA DOCENTI E 42 MILA LAVORATORI DEL PERSONALE ATA”. E la “classe”? La classe che prova a “surfare” l’onda si ritrova in un periodo in cui, “nel frattempo il governo ha aggravato la situazione, c’è una legge, la 133 e un dl, il 180 approvati che hanno dato un ulteriore colpo di grazia  all’istruzione del nostro paese, già abbondantemente martoriata” (il Manifesto”, pag.7, Stefano Milani).

Il corteo terminerà in Piazza Castello dove saranno presenti e interverranno rappresentanti degli studenti e precari della ricerca, oltre alle associazioni studenti. Le conclusioni saranno affidate al segretario generale della Flc-Cgl Piemonte, Rodolfo Aschiero e al segretario generale della Cgil Piemonte, Vincenzo Scudiere.

Per quanto mi riguarda, domattina sarò in Piazza Arbarello. Ritengo che aderire sia essenziale, per il futuro, nostro e loro.  Ancora questa mattina, discutevo con alcuni colleghi sulla necessità di aderire per non morire, “di fame”. Molti avranno la “pancia piena”, perché stabilizzati, perché prossimi alla pensione, o perché ritengono lo strumento dello sciopero poco utile, magari vorrebbero “un anticipo di quello virtuale”; altri, mi riferiscono, timorosi per eventuali ritorsioni, nelle scuole-caserme, da parte di DSGA e Presidi, nel caso in cui risultassero da soli nella lista degli scioperanti. Parrebbe che alcuni non abbiano “insistito” abbastanza nel coinvolgere. Eppure, mi pareva di aver capito il contrario: in ogni caso, rispetto il diritto a non manifestare. Vorrei però, che tutti i sindacalisti Cgil ritenessero opportuno e necessario aderire; per quanto mi riguarda, quest’anno ho aderito a tutti gli scioperi, anche a quelli dei Cobas. Ritenevo e ritengo valido il merito. Non vorrei, da domani, rispolverare, anche per una questione sindacale (e non politica, che a volte ve ne sarebbe bisogno)   Georg Simmel, che indicava i “socialisti da parrucchiera” ( gauche caviar), coloro cioè, che  stavano a sinistra, ma non vivevano in modo conseguente. Non  vorrei, dicevo, applicare questo concetto ai sindacalisti, eletti, ma “assenti”.

Un’ultima considerazione: non so chi si cimenta a leggere il blog, penso lavoratori, precari, disoccupati,  e ne sarei contento; non ritengo condivisibile l’etichetta di “vecchio”, nel senso di proporre argomentazioni rimaste indietro rispetto all’evolversi della società. Penso che la risposta stia proprio in quell’affermazione precedente: “gauche caviar”. Penso che il benessere se non correttamente gestito può far male a tanti, e che le comodità, le ricchezza, ma spesso, “le cose inutili” abbiano preso molto presto il posto delle “relazioni”. Vogliamo essere, ma traduciamo il nostro operato in maniera difforme. Questo è lo sforzo, per una sinistra che torni alle origini, e voglia riscoprire il senso della giustizia, dell’equità. Perché molta gente non crede più nelle grandi associazioni quali il partito o il sindacato? Quanta voce diamo alle necessità e quali risposte diamo ai bisogni? In quali territori abbiamo deciso di stare e fare per? Vendere pane di sabato forse, e sicuramente non lo è, sufficiente, ma lo è ancor meno se neghiamo voce e spazio a chi la chiede anche di sabato.

Domani, tutti in Piazza Arbarello.