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“La mite”

La primavera irrompe e si fa sentire. Lungo le strade  della nostra città  comincia il tripudio dei colori: alberi che si rivestono di piccolissimi fiorellini  che sono gemme e  foglie in potenza.  E’ il risveglio della natura.  La primavera bussa alle porte,  le donne cominciano ad alleggerirsi dei cappotti e maglioni,  troppo pesanti e di pensieri ugualmente tali. Le vedi,  in giro,  tutte graziose e cool. Temperatura mite. A proposito: ho appena tetminato la lettura de “La mite” del grande Dosto. Un amore sconfinato,  di un addetto ai pegni,  un uomo,  che decide di sposarsi e innamorarsi strada facendo,  e mentre ne fara’,  conoscera’ il coraggio,  il perdono,  il rimorso,  la volontà;  è  insomma,  un capolavoro che abbraccia tutti i dilemmi quotidiani dell’uomo. Come tutti  i romanzi di Dostoevskij non vedevo l’ora di portare a compimento la sua lettura e non appena lo  chiudo (il libro) mi domando perché  sia finito così in fretta,  lasciandomi in dote quel senso di tristezza-piacere per averlo concluso.  Nel frattempo ho ripreso  tra le mani  “La Storia” di Elsa Morante. I ricordi,  e sono tanti, si sovrappongono sempre…. pagina dopo pagina,  un libro stupendo. Un capolavoro. “Useppe è  appena nato,  Nino ha condotto Bliz a casa e sullo sfondo si è  appena concluso il 1941. Il 1942 vede Useppe fare i primi versi e i suoi occhi volti alla ricerca dei misteri della vita. Ida invece…. “

Un libro oltre

torino-24-2-2017-foto-romano-borrelli-via-montebLa fine del mese di febbraio ha sempre un odore particolare: annuncia primavera strizzando l’occhio al passato-presente che e’ ancora inverno. Quell’odore da esame di diritto penale che nonostante gli anni ti resta nelle narici,  attaccato sulla pelle che non si scrolla mai di dosso,  in questo periodo. Esame tostissimo. Al tatto,  sui polpastrelli,  par di  sentire ancora le pagine di quel manuale oramai consumato,  (consunto,  arato,  da piu grafite, sottolineato,  evidenziato), e del codice che era appaiato.  Era un pomeriggio di fine febbraio,  la data,  l’esame,  il voto, la firma del  prifessore.  Avevo incassato uno dei piu difficili esami di Scienze Politiche.  Il pomeriggio vedeva sera e questa ben presto si sarebbe trasformata in una lunghissima notte ventosa  di viaggio. Le giornate,  pero’, oggi,   si sono allungate e  verso Est il barometro segnala  bel tempo, mentre   a Ovest incalzano danzanti  le nuvole. Sara’ pioggia o un’ultimissima coda di fiocchi? Per ora sulle strade si registrano solo quelli colorati,  che fanno tanto Carnevale,  grasso,  prima della Quaresima. In ogni fazzoletto del mio quartiere spuntano resti di un recente passato industriale e glorioso. Via Saint Bon: chi la ricordava piu?  torno-24-2-2017-foto-borrelli-romanoIl trinceronetorino-24-2-2017-foto-romano-borrelli di un treno che non passa piu,  lontano dal centro,  dove il Re sul corso Vittorio,  scruta ridendosela sotto i suoi baffi verso Roma canticchiando “sognando California” e così io,   insieme a lui, a cavallo tra passato e presente. La storia,  sognando California e gli anni ’70,  il palazzetto dello Sport di Bologna e DP,  ovvero,  la scissione nel PD. Ma questo è  un capitolo poco interessante.   Sempre al confine, meglio,  oltre il confine,  un libro aperto sulla staccionata,  letto nel pensiero  da una ragazza piena dei suoi  che volano alti,  oltre,  verso il trentesimo salone del libro,  ricordando Toto’,  don Milani,  Primo Levi.  A proposito di Primo Levi,  di “Se questo è un uomo”,  de ” I Sommersi e i salvati” la Stampa di oggi racconta cosa è  il treno della memoria.  Sfoglio l’articolo che crea in me l’occasione per rivisitare i sei giorni trascorsi col mio Istituto all’interno del nostro treno della memoria.

Gia’,  mi ero dimenticato: quali libri “oltre”?  Una storia di Costantino (Alessandro Barbero) e “La mite” di Dost

Una giornata “all’insegna del femminile”

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Donna americana in ascolto. Al Teatro Regio di Torino

Tutto al femminile. Dopo i bellissimi racconti  e stupendi personaggi femminili che ci hanno regalato i  racconti di Sara Rattaro, Alice Corsi, la Lettera di una sconosciuta e la Mite del grande Dostoevskij, prosegue la strada “all’insegna del femminile”. In una piazza Castello aperta a numerose sensibilità, vi è anche chi, in religioso silenzio ascolta  musica proveniente da sotto il porticato. Una sorta di  “pronao” al Teatro Regio. Dal New York Times, applausi al Teatro Regio. Ma anche fuori, dal teatro Regio, come questa donna americana che si trova a gustare della buona musica.  Di tanto in tanto, al tempo giusto, con un po’ di fortuna,  una musica  “avvolge” il passante come un nastro al suo lento incedere. E’ una esperienza stupenda. Musica classica. A tratti pare di essere a Parigi, in metropolitana. Di tanto in tanto ci si imbatte in turisti che ascoltano e ammirano la nostra stupenda piazza. In maggior parte, donne. Forse, una sensibilità diversa. Occhi fissi e attenti. Orecchie aperte e sorriso. Pensieri che volano. In attesa. Che la musica continui. Una giornata al femminile. Anche una studentessa, felice e contenta per aver “vinto con un manifesto contro l’alcool”. Un bel manifesto. Davvero. Meriterebbe un bel pezzo. Oltre ad aver espresso un grande talento grafico e comunicativo, lodevole è l’impegno per il tema della prevenzione. Brava. L’Asl dovrebbe tenerne conto.  Ma la strada al femminile continua. Anche “in attesa” di un caffè, quando si consuma velocemente la colazione e ti trovi a “recepire” pezzi di comunicazione “serviti” al banco, ma diretti altrove, ad altri “chi”. “Pensieri e parole”, un sottofondo di Battisti e di gente comune. La mattina, al bar. Gente divertente, pensierosa a volta “carica”. Di chi pensa al dopo “il timbro” del cartellino. Al dopo aver varcato il cancello che separa la necessità dal piacere e ci si riappropria della nostra libertà. Chi “consuma” questa libertà nello studio, chi nello shopping, chi ancora in palestra. E allora, essendo “girato” tutto al femminile, anche nel racconto, colto a pezzi, di chi “investirà” il proprio tempo libero in palestra, cerco di coglierne i motivi di una scelta per una palestra “tutta al femminile”. Incuriosito, come tutti, provo a domandare direttamente, per quale motivo.

 

“Ho scelto una palestra per sole donne, perché posso allenarmi incurante di chi mi sta intorno,  in fondo siamo tutte li per lo stesso motivo chi per dimagrire o per tonificare. In una palestra mista, la maggioranza degli attrezzi sono strutturati a prova di uomo e il più delle volte ti senti a disagio.”  Quindi comprendo che uno dei motivi nella sua scelta è dettato dalla tipologia dagli attrezzi in essa presenti.  Non hanno bisogno di “competizione”, le donne, lì. E non è scelta  neanche per socializzare. Almeno  con l’altro genere. Quindi, solo una scelta mirata. Per meglio concentrarsi. Su quanto si fa. Provo ancora a chiedere la dimensione della palestra.
“È piccolina come palestra, il che la rende un luogo abitato, quasi come se fossimo tutte di famiglia; è un bell’ambiente sereno e spesso divertente. Inoltre all’interno della palestra si trova anche un asilo nido, baby parking e dei corsi adatti anche ai bambini come Hip Hop, Danza…il sabato affittano persino per feste di compleanno. Decisamente, questa palestra racchiude le esigenze di tutti senza rinunciare a nulla. ” Questa la trovo davvero una risposta interessante. Mi fa pensare ad una sorta di……paese scandinavo, dove lo Stato “ci pensa”. Questo tema dell’asilo nido è davvero interessante. Molto. Pensare che la neo mamma possa fare un po’ di palestra con il bimbo vicino…Elemento che rientra nel pomeriggio quando le chiacchiere diventano accenni “politici”. Provo ancora a chiedere da quanto tempo è iscritta e se hanno un istruttore.

“Anche se da poco che frequento questa palestra, posso dire di essermi trovata bene, il personal trainer che ci segue è una donna qualificata e competente, va su appuntamento per potersi dedicare ad un gruppetto di massimo 5/6 persone e seguirle a pieno. Questo denota grande serietà, inoltre a seconda delle esigenze e di eventuali problemi fisici,  preferisce farci lavorare con la ginnastica a corpo libero (addominali, esercizi per gambe e braccia ecc…), piuttosto che con l’ausilio dei macchinari (vengono utilizzati anche quelli, ma non come in una palestra qualsiasi “.

Il caffè, che da espresso, è diventato un pochino lungo, termina con la curiosità che manifesterebbero i lettori, anche se, non è intento fare della pubblicità. Dove e come si chiama, naturalmente. Via Oulx, “La casa del fitness”.

La giornata al femminile termina con un atto di devozione. Una donna raccoglie alcuni petali, bellissimi, depositati dal vento su un “francobollo” di prato antistante una scuola. Lì, nei pressi, vicino al Cottolengo, tra due ali e all’incrocio con due vie, esiste una madonnina. Devozione popolare. La mano gentile di quella donna, posa quei petali con tanta devozione e mani giunte. Tra tanta polvere, “crescono” fiori. Offerti ad una Donna. Una Mamma. Madre di Uomo.

Ps. Fuori dall’Italia, è una “settimana” all’insegna del femminile. Due donne candidate sindaco nella Ville Lumiere. Una sfida tutta al femminile.  “La forza di una donna”. Pare il titolo di un libro. E difatti lo è. (Patrizia Berti).Come sosteneva in un saggio il sociologo francese Alain Touraine, “Il mondo è delle donne”.

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Madonnina nei pressi del Cottolengo. A Torino

 

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Tornata

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DSC00163E’ tornata? Chi? Cosa? Si puo’ dire qualunque cosa? E’ cambiato il nuovo modo di comunicare? Libertà, responsabilità. Etica, estetica. La prima, che non cambia, la seconda, si. E poi, gerarchie, priorità.  Pensieri, che si affacciano alla finestra. Dando il benvenuto. Anzi, bentornata. All’ultimo piano, qualcuno ha scritto ” tornata”. Sotto la Mole, a due passi dall’anagrafe, i residenti, ora, aumentano di una unità.  “Sopra” la Mole, una mano anonima, ma non tanto, a meno che qualcuno non si sia aggrappato fin lassù usando la grondaia ha scritto: “Tornata”.  E’ tornata la neve? E’ tornata una lei?  Soprattutto, dove era andata? Dove era stata?  Università, lavoro, gita? Le persiane, aperte, inducono buoni pensieri. Hanno l’aspetto di due braccia aperte, in segno di accoglienza, davvero di bentornata. Aria fresca, in ogni vano. Deve esser stato triste, per chi abitava lì, patire  l’ assenza di chi ora invece è tornata. Quella finestra, ora pare un sorriso. Ora qualcuno potrà immaginare un arcobaleno in cima alla Mole, perché “tornata”.  La giornata è davvero rigida, fredda, come da programma, dei giorni della merla. Pero’, il cielo è davvero bello. Sarà quel tornata, che rende diverso, migliore l’umore. Anche nella solitudine si è meno soli. Un campanile batte le ore. Il suono sembra recitare: “tornata, tornata, tornata…”. Sarà per la Chiesa a due passi, ma un sottointeso pare essere il finale de “La mite” di Dostoevskij: “Uomini, amatevi reciprocamente“.   A pochi passi dal mercato di Porta Palazzo, nel centro di Torino. “Cielo gotico su un inverno di neve, cielo di poesia“. Cielo che comincia ad annunciare neve. A tratti. In un “scendo non scendo”.  E il coro di ombrelli, che risponde a tono: “apro e chiudo”. Gente che torna dal mercato, o che si reca.  Gente che torna dall’ufficio, dal lavoro. Il sale per le strade della città, è stato già versato, fin dalle prime luci dell’ alba. Bianco. Lunghe strisce di sale. La macchina organizzativa, è pronta. Anzi, è tornata. Ma per ora,  è solo tornata la pioggia. Invece della neve. Per ora. Insieme a quella, tornata, è, la speranza.

Innamorati di storie

DSC00149Torino. Sabato pomeriggio. Non è solo una canzone, mielosa, molto bella. Non è Claudio Baglioni.  Direzione Barriera Lanzo. Dove c’era l’industria, in via Livorno, ora, dal finestrino del bus, si notano frotte di ragazzi, ragazze, diretti all’assalto di Ipercoop, Bennet, il Gigante,  megacentri commerciali,  e molto altro. Corso Mortara, Via Cigna. La stazione Dora in fondo. Fabbriche andate. Gusci, all’interno dei quali ora si trovano bar, sale giochi, negozi di ogni tipo. Un tempo un cavalcavia, che serviva da parcheggio e da sosta, per giovani amanti. E il sabato diventano punti di aggregazione.  Sulla sinistra, il Parco Dora.  Palazzoni ammassati, quasi schiacciati, l’uno contro l’altro. Il tunnel. Corso Mortara. Riti, rituali, fratture, margini, aggregazioni. Sembrerebbe un libro.  Il bus, prosegue, veloce, in una corsia protetta. Spingendosi verso la periferia torinese. Verso le case Atc, verso capolinea di Piazza Stampalia. Un capolinea del tram, il nove,  la circoscrizione. Cinquantenni e trentenni. Un tempo avrebbero detto,  due generazioni diverse, forse, altri anche “contro”: “garantiti sul lavoro e precari“. Oggi, semplicemente due generazioni che condividono la stessa situazione. Padre e figli. Sembrerebbe il titolo di un libro. Parlano, osservano il tram che lascia il  suo posto per il prossimo arrivo. Un centro di aggregazione per anziani. In molti giocano a carte, nonostante la giornata di sole, tiepida. Una pasticceria addolcisce il tutto. Nei pressi, una Chiesa, dedicata a S. Antonio Abate. Il suo parroco, uno dei primi preti-operai, anni ’70, don Reburdo, intreccia ricordi, snocciola dati. Mi racconta di lavoro e precarietà, del nuovo concetto di lavoro, di Saldarini vescovo. Gli arrivi dal Sud.  Ricorda visi e mani dedite al lavoro in fabbrica.  Storie di amicizia nella Torino anni ’70. Lavoro, città del lavoro. Questa questione così antica. “Era tutto da costruire.” Nella zona superiore, livelli, gradini. Quattro? Cinque? Ha la forma di una scala. La Chiesa è una costruzione di una quarantina di anni fa. Probabilmente, in quel tempo, qui non c’era nulla. Là dove c’era l’erba ora… E anche questa, potrebbe essere una canzone. Un’occhiata alle vetrate, all’interno della Chiesa. Il cantico dei cantici.  Esco. Uno dei primi preti operai, descrive il mutamento storico-sociale di questo spicchio di città.  Il tempo di osservare alcuni “mutamenti” sociali e si è sulla via del ritorno, con cambio bus. La strada, via Venaria,  fiancheggia il “trincerone” dove correva il trenino Torino-Caselle-Ceres. Sulla destra il vecchio cinema Apollo,  ora, solo un guscio. Anche questo. Il ponte, una sopraelevata. Il corso che taglia in più parti la città. Ricordi. Incontri da queste parti, anni orsono, per una partita, una squadra del cuore, ma non la mia. Poi, la vecchia fabbrica di scarpe, Superga e sinistra, la Casa di carità Arti e mestieri, Benedetto Brin. Il corso. Per il resto, una volta entrati col bus nella corsia protetta, l’urbanizzazione torinese è identica a quella che si vedeva nel viaggio dell’andata. Cambiano solo i numeri dei bus. Prima era il 60, ora, l’11. Velocemente recupera la zona semi-centrale.  Si scende. Qualche passo a piedi per bearsi di questi ultimi scampoli di sole. Una libreria e libri.  Zona Piazza Castello, fine via Pietro Micca. Una miniera. “Consigli dei lettori“. Tantissimi post-it sullo scaffale. Lettori o potenziali lettori che lasciano consigli. Sembra  un albero di Natale. Pronto per essere fotografato, dopo aver analizzato ogni singolo bigliettino. Sarebbe bella una pagina de La Stampa e un titolo affidato alla penna di qualche bravo giornalista che di lettere se ne intende: “Ci provate a leggerli?”, e provare a pubblicarla il sabato. Libri consigliati e letti da gente comune. Libri e storie da portare a letto, per farsi compagnia. Libro, virus difficile da debellare. Smarrimento davanti alle pagine, dei libri letti e da leggere. Libri che favoriscono conoscenze e passioni. Che fanno volare e che volano.  Libri un po’ come le prostitute. In prestito, nelle biblioteche. Diceva Benjamin. Consigli e bigliettini che fanno immaginare lettrici, lettori. Compro la mite, di Dostoevskij. Storie raccontate dai libri. Davanti a questi scaffali ci si sente meno soli. Da quelle pagine, un flusso ci investe, e siamo uno, nessuno, e centomila. Insieme. Un libro giusto, al momento giusto, e grazie a quelle pagine, ci sentiamo meno soli nelle pene, d’amore o altro. Da tante penne, meno solitudine, anche nelle giornate in cui quella ci schiaccia. E ci pare che “il cielo ci cada”. E vorremmo che le promesse avessero senso. Fossero realizzabili. Che quelle pene “diventassero” piccole piccole, senza quegli eventi che diventino valanghe. Fortunatamente,  esiste la biblioterapia. Storie racconate dai libri e dai dipinti. Che prendono il “volo” e ti fanno “volare”. Che dopo solitudine e paura, prenda corpo altro. Altro, che infonde il coraggio giusto per cambiare.  Un altro mondo è possibile. “L’anima vola”, canta Elisa.  Preghiere dell’anima. Storie di vita. Che ti fanno innamorare. Delle storie.DSC00147