Archivi tag: inverno

Senigallia…a “lume di candela…”

Senigallia. 19 luglio 2014. Foto, Romano Borrelli

Senigallia. Sabato 19 luglio 2014. Foto, Romano BorrelliIl mare è calmo, la spiaggia è bella, anzi, “vellutata”,  l’accoglienza idem. Senigallia a…lume di candela, ci puo’ stare. Per un paio di volte…perdoniamo tutto, dopo “le ferite”. In fondo, vedere un “mare” di cellulari accesi nello stesso istante per “farsi strada“, o per farsi mare,  utilizzati come fossero torce, è stato uno spettacolo nello spettacolo. Centinaia o migliaia di cellulari, mani alzate e danze lente imposte dall’occasione. Zero panico, per la cronaca. Solo spettacolo. E nonostante questo variegato mondo danzante, appendice umana, quasi una terza mano, nella danza di luci pare in fondo che  qualcosa manchi sempre.  Per quanto ci si sforzi di riempire i “buchi” qualcosa manca.Senigallia. 19 luglio 2014. Foto, Romano Borrelli (2)E siamo continuamente alla ricerca di Luce nella luce. Ad ogni modo, questo agitarsi di cellulari  non era uno spot, ma una esigenza…”Le Marche non abbandonano mai“.  Anche in questo momento mentre scrivo, un altro black out. “Ma che succede stasera co sta luce?” in una cadenza marchigiana. Un altro dice: “e mo che fago?”. Non aveva il cellulare e aveva già perso di suo…anche la comunicazione sincopata…(ORE 23 10).

Senigallia. Una cittadina che meritava e merita la visita. Un imperativo categorico esserci, dopo il fango e le tante lacrime versate. Bisognava esserci, testimoniare anche a distanza che un altro mondo e ‘possibile, che lentamente si puo’ ricostruire. Un atto di stima e di fiducia. Per una delle più belle spiagge italiane. Di velluto. Un segno piccolo, il mio, ma importante. Esserci. Per una stetta di mano, a chi ha patito l’alluvione e fatica, in silenzio, con compostezza. In questa cittadina, dove i nomi degli alberghi rimandano  a cose e luoghi particolari e nazioni oltre confine. Un saluto, una stretta di mano a chi, in fondo, si è trovato a vivere una calamità come l’alluvione di maggio. Alluvioni capitati anche nella nostra città, Torino. Nel 1994 e nel 2000. Acqua alta, tutto da rifare. Nel racconto di chi l’ha vissuto qualcosa di simile in chi lo ricorda nella nostra città. Solidali con la nostra città, con il nostro Borgo, dove la Dora esondo’ generando disastri. E allora, se si puo’, nonostante la crisi che morde, un passaggio lo merita. Insieme ad una stretta di mano al sig. Rocco e famiglia. Spiaggia e mare meritano davvero. E l’accoglienza proverbiale. Una cittadina, che, come detto altre volte su questo blog, un biglietto lo merita davvero.DSC01254

Poco prima che andasse via la luce, anzi, La luce, osservavo  qualche libro depositato qua durante la giornata piuttosto afosa. Proprio là, su quei  lettini che di li a poco sarebbero serviti a tanti, per riposare le stanche membra, fino al sorgere del sole. Quel “deposito” di pagine scritte mi induceva a pensare come possono essere considerate  le letture estive;  forse migliori, più spensierate, meno esigenti rispetto a quelle invernali, che obbligano a tornare indietro, riflettere, ripensare su di un passo appena letto e magari non colto. L’inverno esprime una esigenza. Siamo intolleranti. Permalosi. Puntigliosi. D’estate le pagine del libro si bagnano e  dalla carta, al tatto con le dita, si sprigionano odori particolari, misti al dolce di crema solare. Sono odori pregnanti. Ecco, nella brutta stagione, sarebbe davvero un guaio, avere un libro bagnato. Guai se qualche goccia d’acqua, fiocco di neve, o altro si lascia cadere sulle pagine del libro. Lo proteggiamo fino alla fine. Lo foderiamo e cerchiamo di preservarne la sua dignità. Guai a chi lo tocca. D’inverno è più probabile che i neuroni specchio si facciano sentire maggiormente. Puo’ essere che le gocce arrivino a contatto con la carta. Ma di quali gocce stiamo parlando? Forse la solitudine e il mare reso deserto, le folate di vento che ti aggrediscono e senti sul viso quell’umor acqueo che ti spieghi con gocce marine, ma in realtà sai benissimo che è la commozione, l’empatia, per una storia che diventa grande, che si intreccia e si dipana in una d’inizio, a metà, e il finale. E forse il finale e’ quello che si capisce meglio d’inverno, quello che risveglia i neuroni specchio. Addentri, aderisci al personaggio perfettamente. Una storia d’amore che si deposita in un clima d’angoscia e d’attesa. D’estate invece le pagine corrono via velocemente. Forse partecipiamo meno alle vicende, alla storia. Si ha forse voglia di concludere in fretta il libro. D’inverno si ha come l’impressione che emergano tutti insieme gli stati femminili presenti e che emergono  nei personaggi raccontati…solarità, mistero, fragilità. Almeno cosi’ mi pare, cosi’ sembra. E mentre cosi sembra si prova a mettere insieme libro e vita , cose lasciate indietro  e che continuano a stare  a vivere “accanto a noi”. Cose che camminano su strade parallele alla nostra, appena qualche metro piu’ indietro. Questo credo per causa di quello che tra me e me da anni chiamo il 49%” (Maria Perosino, “Le scelte che non hai fatto“). Cosa resta di quel 49% rimasto in panchina? Cosa resta di una scritta sulla sabbia mesi prima, di una citta’ che no si vedeva da tempo e che abbiamo lasciato, magari a malincuore, mentre una porta dopo l’ altra si chiudevano, a partire da quella di un bar, di una sala d’ attesa, di un treno e  che inizia il suo lento veloce movimento nel viaggio del ritorno? Resta in panchina…. quel 49%, avvolto da una eterna giovinezza. Lo si incontra,  spesso, magari nella malinconia, solitudine, nel rispolverare un album di foto, qualche scontrino, un foglio scritto sul bancone di un treno, o un biglietto dello stesso. Si incontra, come si incontra una persona speciale. Basta poco e la ritroviamo davanti. Pensieri…a cavallo tra l’inverno e l’estate. Pensieri in viaggio tra disegni, di vita e mosaici.. Il bicchierino di caffè, stretto tra le mani, recita, “un sorriso lungo un viaggio”. Un viaggio nel viaggio. Estate. Luce nella luce.Foto, Romano Borrelli.

Foto, Romano Borrelli (2)

Foto, Romano Borrelli (3)

“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”

DSC00402DSC00405

“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”…incuriosito da questa scritta, nel centro di Torino, mi soffermo per un po’. A pensarci su. A riflettere. A provare ad immaginare. Chi e cosa. Chi lo ha scritto e a chi e cosa voleva comunicare. Rifletterci. Per il colore della scritta: un verde-giallo “evidenziatore”. Per il posto in cui quella frase è stata scritta. Tra due paletti, privati  della “catena di congiunzione”, che un tempo li univa, così come il cuore lega o legava due persone. E forse, il posto in cui è stato scritto non è a “caso”.  Ma voluto,  e forse cercato. Penso sia stata scritta proprio lì, di proposito. All’ombra di due paletti, non più uniti, ma distanti e vicini allo stesso tempo. Distanziati. Fermi. Immobili. Due colonne in miniatura,  come due persone. Cosa li univa prima? Cosa simboleggiava quella catena che ora è stata dissolta? Dissolta: meglio ora, o meglio prima? Comunicavano meglio prima o ora? E la costruzione di un sogno, del loro, sogno? Due amori, due distanze. Due città. Andata e ritorno. Un viaggio. Incomprensione, comprensione dei pensieri sottili della psiche umana. Un messaggio, prima di un esame. Magari di psicologia. O un esame di vita.  Un messaggio che ci “evidenzia” una  dissoluzione dei ruoli  raggiunta per vivere meglio la propria vita, secondo le proprie scelte,  piuttosto che per  le aspettative e i ruoli imposti. Una “via” per diventare “corso” e fase di vita. Per due, al fine di diventare due sé distinti. Già. Corsi. Di vita. Poco distante da questo messaggio scritto con l’evidenziatore, la panchina di un tempo, innevata. Una montagna di neve. Cuori, neve, notti bianche, frasi, parole appese su “stendi biancheria” di  carta, lasciate ad “asciugare”, dal tempo che passa. Altre parole, altri pensieri non “asciugheranno” mai, perchè scritte dal cuore. Col cuore. Volutamente scritta lì! Quella frase. Fa pensare ad una bellissima frase trovata tra le pieghe di  uno stupendo libro: “ vorrei stendermi nuda nella ne e e attendere il disgelo” (Alice Corsi). Il disgelo. Un termine che racchiude molto dell’uomo e dei suoi rapporti. E della donna. Al riparo dalle catene di un tempo. Oggi, liberi, ma vicini. Senza catene. Perché solo privati delle catene, in amore, si riesce a promuovere una scoperta o riscoperta di sé. “Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore… viene fuori la verità”. Due, distinti. Il disgelo. Dopo il disgelo.  Che bello quando il  cuore parla e “scrive” con il pennarello intriso nelpiù nobile  sentimento,  pensieri simili, come questo, sempre scovato tra le pieghe di quelle pagine. “Un albero verde di primavera in mezzo ad un bosco spogliato dall’inverno”. (A. Corsi). E allora, come una filastrocca, “un, due, un due. Due, uno, un due”.Un po’ come capita, da tanto tempo, sempre al centro del cuore della nostra città, per due vie, in una. O una in due. In unione. Senza fusione.  E allora, lasciamo parlare il nostro cuore…amare, un amore che non sia una prigione: lasciate piuttosto un  mare ondoso tra le due sponde delle vostre anime…, come le corde di un liuto che sono sole, anche se vibrano per la stessa musica (Gibran). La nostra città, non finisce mai di stupire. Davvero.

DSC00408