Era lì, da qualche parte, smarrito come un bimbo, che grida “mamma-mamma”, perché, diciamoci la verita, per le autrici, i libri sono un pochino come loro figli, che “lo vuoi tenere un pochino?”e , lui , piccolino, resta in attesa di essere preso in mano, anzi, tra “le braccia”, con il profumo del suo “borotalco” che è la carta stampata, che solo i libri nuovi sanno emanare. Sono i “libri in attesa”che per un motivo o per un altro prendiamo e ne rimandiamo “la conoscenza” a data da destinarsi. “Idda”, (libro edito da Einaudi) in dialetto salentino, “lei”, di Michela Marzano, libro composto da 53 capitoli brevi suddivisi in 4 parti, ambientati tra Parigi e Salento, zona tra Brindisi e Lecce, vigne e ulivi, cicale e terra rossa, tradizioni e orecchiette da mangiare, ambientato tra “ieri” e “oggi”, passato e presente. Chissà per quale motivo era in “deposito”, dimentico di averlo lasciato da qualche parte della casa: “come funziona la memoria”? Una storia nella storia o due storie a y che convergono, o un “polinomio da mettere in “evidenza”. La musica di Zaza “Si je perds” come sottofondo e la ricetta migliore per il “clafoutis”: noccioli si o no? Lo leggo si o no? La storia scorre, bene, a mio modo di vedere, libro impegnato, ben costruito. La memoria, la ricerca delle radici:”scusa, tu, che albero ti senti?” E via talloni a terra ti immagini in un crescendo, schiena, spalle, braccia, chioma…”Scusa ma tu sei un albero con le foglie o senza?” E ancora: “scusa ma tu ti senti dai tanti rami intrecciati o senza?” Ulivo millenario o palma con un ciuffo solo, con un ospite come il tarlo che al pari di mille pensieri ci divora?” La necessità, la voglia di dimenticare e un fatto ben preciso che induce per forza di cose a dimenticare, quando qualcosa “degenera”. E sullo sfondo, ma non troppo, la forza dell’amore che esiste, resiste, e recupera, rimette in gioco, vince su tutto, anche quando basta poco, una parola fuoriuscita dai ricordi dell’infanzia, inaspettata, durante la lezione universiitaria, “l’ua”(uva) che ha radici ben forti, come l’amore della famiglia. L’amore che esiste e resiste contro tutto e tutti. E allora, “statibe citti” (state zitti) e “tia ca nu sai, statte citta” (tu che non sai sta zitta). Ho pensato, appena terminata la lettura, che il libro avrebbe potuto avere come titolo “Idda: Annie-Giulia-Maria”(metto e tolgo il “-” ma il risultato, cambiando gli addendi, non muta) che avrebbe raccontato come un incipit moltissimo delle vicende di coppie descitte tra gli orli delle pagine con virtù e difetti, quali, Giorgio e Giulia, Jean e Annie (il passato, la storia, le storie, l’amore) la ricerca storica), Ale e Pierre (il presente ed il futuro). Una storia molto femminile, con una Ale, protagonista attiva, ricercatrice, in tutti i sensi, perfezionista, che sa quel che vuole: rimettere ordine senza procrastinare; una Annie, che sapeva cosa voleva, una Giulia, che avrebbe potuto dire e dare moltisssimo ma non sarà così. Sarà infatti Ale a raccogliere “la staffetta” nel continuare la corsa, nel fare, ricercare tanto quanto Annie-Giulia-Maria. Ma questo sarà presumibilmente materiale per il nuovo libro.
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“La ragazza di Bube”
Il tempo trascorre velocemente. La musica sanremese ha smesso di adare in onda, decretandone nella notte di sabato, i vincitori, rispettando cosi le previsioni. Delle tre canzoni e dei cantanti sul podio, “Lo Stato Sociale” e quella ballerina sono le esibizioni, in quel contesto, che oggi mi mancano di piu’. Oggi, invece, “sull’onda” ci sono gli innamorati con la ricorrenza di San Valentino. Festa molto commerciale ma che comunque “apre” i cuori. Ne rivisito qualcuno, da Pinerolo, a Roma passando per il mare. Tutti belli. San Valentino e’ anche cultura congiunta all’amore. Mi piace l’idea di aver ritrovato “La ragazza di Bube”, un libro di Carlo Cassola, consigliatomi un po’ di anni fa dalla mia insegnante di italiano, alla vigilia di una partenza per Grenoble (soggiorno di classe). “Leggilo, non ti annoierai durante il viaggio”. E così, mentre molti compagni si davano da fare a “tessere relazioni” con le ragazzine, avidamente sfogliavo, le pagine del libro, immaginando e invidiando l’amore di Mara per Bube e la vita. Che forza. Questo è quello che mi è rimasto nel cuore e questo e’ quello auguro a ciascuno. Un amore intenso, fatto di attesa e di speranza. Dolce, come Mara.
Caffe’ amaro
Il giorno si apre con l’ennesimo caffe’ amaro e tragiche notizie di un attentato a Nizza, Francia. Nella notte di festa, di ricorrenza del 14 luglio, di fuochi d’artificio che illuminano a giorno spiaggia, mare, case, alberghi, pensioni, un camion viene lanciato come un proiettile da un folle sulla promenade: 80 morti e numerosi feriti. Questo il tragico bilancio. Poteva essere una giornata diversa, distensiva, di programmi da fare, di vacanze, di trolley colorati da comprare e mappe geografiche da consultare per nuove localita’ da visitare, di pantaloni bianchi e t-shirt da indossare… poteva essere… il tempo che fara’, dove, come, quanto. E invece, occhi incollati a tv e giornali. Le immagini scorrono… e non ci resta che ingoiare il nostro caffe’.. l’ennesimo, amaro.
Europei di calcio 2016
Sotto la tettoia di Porta Palazzo si contano piu’ etti piu’ che kg. un po’ come le diete quando si cominciano e quando di kg la bilancia manco a parlarne. Un’alba cortissima ha dato origine ad una bellissima mattinata. Il 4 scarica i suoi passeggeri dalle mani vuote e carica quelli dalle mani piene: la spesa e’ stata fatta. Il jumbo tram e’ una porta girevole ad ogni fermata, da sud a nord e viceversa. Chissa’ quanto avranno da raccontare quegli ortaggi e quella frutta e chissa’ quanto ascolteranno quando saranno adagiate su di una tavola o depositate al fresco di un frigo. Ora non resta che preparare, dopo la corsa al tram e su questo. I profumi di frutta e verdura non si fanno mai mancare sotto la tettoia. Ortaggi sempre a buon mercato. Basta solo attraversare tra il coperto e lo scoperto, due scalini e una lingua di pietra che divide i banchi. L’orologio, fuori, batte la sua ora da cento anni. Senza alcuna stanchezza. Un’occhiata qua e una la e vissero tutti felici e contenti. Un saluto al Cottolengo et voila’ siamo davanti la tv in Francia. L’ultima volta furono 4 gol incassati e molto altro ancora. Fu la fine dell’ Europeo 2012. E dell’Italia calcistica. Ora pero’ e’ tempo di marsigliese. E’ cominciato l’europeo della Francia dice il tele-cronista. E io…scrivero’.
E cosi e’ stato. La serata era fresca, l’ideale per uscire di casa, fare 4 passi senza avere nesdun appuntamento o incontro programmato. Cosi, per sentire il rumore dei propri passi in una di quelle sere che fanno d’anticamera alll’estate. Le persone si lasciano le storie non terminano. Quasi mai. Pezzi di vetro risuona in una di quelle stanze lasciate aperte e affacciate sulla piazza mercatale piu’ grande d’Europa. Una musica gradevole. Mi lascio cullare mentre ne capto il senso. Le persone si lasciano le storie non terminano mai. Talune piacevoli da ascoltare anche senza il sonoro.
Al “casello” del supermercato
In coda al supermercato. Tutti in fila, al pari delle auto che si avviano lentamente verso i caselli, in periodo da esodo estivo. Ci sono i numeri, le casse, i semafori. Piu’ quelli rossi che i verdi, a dire il vero. Anzi, una sola alla cassa. Pos-sibile? Yes, “loro have to”, lei “pos”. Da tanto. Da oggi per altri. Come tutti. Per un “pedaggio” da 30 euro in su. In coda si sentono storie di ogni tipo. Vere o presunte. Lavoro in primis. Come quelli che raccontando di colleghi di lavoro che fanno tutto loro, da lunghissimi 25 anni o forse più e i giovani, naturalmente,(a sentir loro) che non fanno nulla. Quindi, fannulloni. Penso allora che in ogni posto di lavoro, qualcuno si caratterizza sempre. Altri riportano discorsi tra fidanzati: “Allora, ieri sera, con la fidanzata, abbiamo visto quanto possediamo in cassa, al fine di poter organizzare le vacanze estive. Sai, non abbiamo un c…o. Cioè, non abbiamo nulla. Avremmo voluto tanto andare a Ibiza. Ci resta come possibilità una vacanza da due settimane in Salento, da un’amica della fidanzata. Ma sai, questo vuol dire mangiare, dormire, giro di parenti che nemmanco conosco. Paesi impronunciabili sotto un sole cocente”. Qualcuno, in coda, “entra a gambe tese” nel discorso facendogli notare che sta parlando del Salento: a zero euro. Come la vendita di una macchina. Kilometri zero. “Una meraviglia”, continua sempre il “giocatore” che è intervenuto. Lui risponde: “16 ore di viaggio. A Nardo‘!” Nardo’, manco avesse detto Cucusciansci, spettatore del Maracanà, stadio Brasiliano A parte che a Nardo‘ ci abita la Pina e Sergio, famosi fruttivendoli e già questo basterebbe per soddisfare la curiosità. Di Nardo’. Ma ragazzi, il Salento!!! E di discorsi in discorsi la mia curiosità, spinto dalla lettura del libro di Maria Persosino, “Le scelte che non hai fatto” (Einaudi) è quella di verificare se chi sta davanti alla cassa mette la barra “cliente successivo” per separare la sua merce da quella del cliente successivo. Le manie di molti, di tanti. Niente. Tutti quelli che erano diretti sulla” A16″, supermercato-casa, non hanno mosso neanche con un dito la famosa barra…spaziatrice. La musica di sottofondo intanto induce a pensare agli esami di maturità in corso. Il ’68 in Francia, il ’69 in Italia, il movimento studentesco e la classe operaia, lo Statuto dei Lavoratori e le conquiste. Un pensiero al mio professore, di corso e di esami, divenuto poi relatore e uno al controrelatore. Altra musica. Altri film. Veri-veri. Un romanzo a scelta: “struttura de il Piacere”. Poi, il racconto di un film, Taxi-driver, e ancora semafori, targhe, campi, il tassametro. Il pc e la chiavetta che non va. Povero candidato. Già, la chiavetta. “Non importa, dice un commissario, sollevando il candidato. Tanto è un capolavoro. Lo hanno visto tutti“. Film che io non ho mai visto. Come altri. Play list mai arrivate e mai ascoltate. I titoli di coda passano, lentamente, come il candidato. The End. La scuola è terminata, il candidato si è sollevato. Dalla sedia. Ed è sollevato, dopo questa ultima fatica. La ragazza con la frangetta si prepara ad entrare in scena. Tesina in mano. Il pubblico è folto. Da parte mia ho appena pagato il pedaggio. E’ stato salato. The end.
Festa di via e di amici…in corso
Torino. Caldo, afa, umidità. Per strada. A dimensione umana. Fioriscono le feste dei vicini. In via dei Mercanti, a Torino, dalle parti di via Garibaldi si cena, si festeggia, si scambiano parole, quattro chiacchiere. Si mangia. Ci si conosce. E’ la festa dei vicini. Si mette in comune qualcosa, qualche piatto tipico, un buon vino, dolci e due chiacchiere per conoscersi. Un buon profumo e profumo di ricordi. Dare spazio a quanto il generale inverno non permette durante il corso dell’anno. Un’atmosfera da paese. Da mare, quando si approssima il giorno del rientro e la cena diviene un’occasione per salutarsi. Paccheri, orecchiette, “pizzarieddi” nei ricordi salentini di quelle feste dei vicini. Dimensione ridotta e famigliare, come giusto che sia. Spazi ridotti, eco di voci provenienti da altre vie, osmosi. Salta il rapporto fuori e dentro e tutto sembra orientato a vivere democraticamente il territorio. Dopo un inverno che invoglia a starsene al caldo, dentro le mura domestiche, cominciano le serate fuori dalle mura domestiche, al caldo estivo. Un’ondata di grande caldo. Un’estate scoppiata in grande anticipo. Un caldo distribuito su tutta la penisola con punte di caldo anche oltre i trenta. Identica cosa da queste parti, presso la festa dei vicini.
Nell’osservare questo bellissimo tratto di via, per alcuni, pare davvero essere la prima volta che si “incrociano”. Per la via. Per altri si riconosce un’amicizia più datata. La musica di sottofondo invoglia comunque e facilita anche i più timidi. Una bella festa di via, in corso. Anche in zona più defilata è in “corso” una festa di via, o dei vicini: via Sassari, circoscrizione 7. Soprattutto quest’ ultima mi ha incuriosito, per i cambiamenti veloci, repentini che negli ultimi anni questo micro-quartiere ha affrontato. Uno dei modi per valutarne i cambiamenti e’ quello di aggregarsi ai fedeli che seguono la processione di Maria Ausiliatrice il 24 di maggio, e durante la vigilia, cosa che e’ stata fatta, seguita e raccontata. Una occasione nuova per Torino, dal momento che questo tipo di “aggregazione” avviene dal 2006. Origine ed epicentro di tutto cio’ e’ la Francia. A Parigi, le feste dei vicini si combinano dal 1999.
La mia Torino…altra visuale. Continua.
Le sorprese, a Torino, non terminano mai. Passeggiando tra quella che è una zona di mercato (corso Palestro) e l”Istituto Storico della Resistenza (corso Valdocco) si possono ammirare palazzi e balconi incorniciati e sormontati o da una pittura o da una ceramica.
In via Corte d’Appello alzando gli occhi al cielo si puo’ notare una ceramica seriale del ‘900 (a destra).
Mentre tra via della Consolata e corso Valdocco ti ritrovi una Madonna con Bambino e i santi Rocco e Teresa d’Avila riconducibile al pittore Enrico Reffo religioso e pittore italiano. Nato a Torino nel 1831 e morto nella stessa città nel 1917. Ha diretto una scuola di scultura nel collegio Artigianelli a Torino. Quando ci si passa sotto, si sente profumo di “Francia”, Montpellier, la cittadina dove è nato il santo (1346). E tutto cio’ apporta una voglia di ripassare storia medioevale.
Montpellier. Una cittadina giovane, situata nel sud della Francia, con una bellissima piazza dove seduti si puo’ gustare una buona cena e ascoltare dell’ottima musica. Di tanto in tanto si sente sferragliare uno di quei maxi tram che circolano per Torino, ma l’aspetto della cittadina è da mare. E chissà perché inerpicandosi un pochino pare davvero di vedere le lampare. La sua stazione ferroviaria ha qualcosa di moderno. Anche i giardini antistanti la stazione non sono niente male. Davvero giovane. Una cittadina universitaria. Un incrocio tra Lione e la Spagna. Da li Barcellona non è distante. E così Lloret de Mar, la Rimini italiana, come la chiamano in molti. Il fatto è che passando sotto questo dipinto, non è solo l’odore francese che ti paralizza. Anche quello del Salento, con le sue feste e tradizioni riservate a quel santo ogni 16 di agosto. E che feste!!! Passando da qui sotto, ricordo di profumi e cibi gustosi. Forse è per questo che ci si passa sovente. Per assaporarne i ricordi e le radici e trattenerle.
Aspettando la Francia; a Grugliasco, un voto a Simone Ciabattoni
Aspettando le 20….i risultati delle Presidenziali francesi….non dimentichiamoci che anche in Italia si vota in alcune grandi realtà……Amministrative: test importante ad un anno dal termine della legislatura. Nove milioni di elettori chiamati a votare; il 20% del totale, per eleggere sindaci di quasi mille comuni. Mentre, fra poche ore, sapremo se Hollande sarà il Presidente Francese.
In Italia, la prima consultazione dopo venti anni di berlusconismo, in un periodo di “scollamento” tra società e partiti. Ah, quante liste civiche presenti, anche se spesso mascherano partiti.
In Provincia di Torino le urne aspettano circa 200 mila elettori, un voto per 27 Comuni, dalle 8 alle 22, oggi, e domani, dalle 7 alle 15.
In particolare, a Grugliasco (Torino), un candidato “consigliere”, Simone Ciabattoni, studente universitario, al secondo anno di agraria, “fotografa” la realtà, ma elabora anche proposte. Un giovane che si “mette al servizio”, che crede nella politica, nella giustizia sociale, nella redistribuzione delle risorse, nella partecipazione, nell’inclusione delle fasce piu’ deboli, nell’affermazione di diritti elementari, istruzione, sanità…nell’Italia ad alta disoccupazione e a bassa percentuale di futuro. Code ai centri di distribuzione alimentare e “domande” a “go-go” per un concorso in Comune, a Roma, dove le domande affluite erano circa 300 mila. E code anche per fare “X factor“. Potenza dell’immagine. Speriamo di svegliare con un’immagine diversa.
“Tutti i giorni ci han detto che la politica è un lavoro da specialisti….e invece la cosa pubblica siamo noi: dobbiamo curarla direttamente, personalmente, con il nostro lavoro piu’ delicato e importante” (Giacomo Ulivi, studente fucilato a Modena, 1944).
Un voto, Simone, lo merita davvero, per il suo impegno e la sua partecipazione.
Il primo maggio
Dopo la festa della Liberazione, tra poche ore, la festa del Lavoro….tre per otto….ventiquattro….otto ore di svago…..solo nel 1866 si arrivo’ alle otto ore, come limite all’orario legale dell’attività lavorativa. La Prima Internazionale dei lavoratori lo decise a Ginevra…..Non possono non venire in mente personaggi storici come Luigi Fabbri o Cesare Agostinelli, detto “Tigna“, entrambi ben “allenati” ai temi del lavoro.
Un cappuccino, una brioche, con cioccolata bianca, e della buonissima crema. Seduto, anzi, affacciato su di una piazza semideserta, sonnacchiosa. Pochi i passanti. Il campanile della Chiesa segna le ore. Il tempo scorre, velocemente, in una giornata di sole, in un’Italia divisa in due. Al nord, pioggia, al sud, bagni di sole, e di mare, qualcuno. Colpa della Francia e di una sua influenza climatica. Speriamo in un buon vento prossimo, proveniente da li e che influenzi le nostre elezioni amministrative. In lontananza una fiera. Una marea di bancarelle sita nei pressi del mare. Probabilmente una fiera di strada. In sottofondo, della musica, tra tantissime bancarelle. Palloni all’aria danzano festanti come palline da ping-pong. Mani di piccini, che tendono le propire mani a sfiorare con le proprie dita alcuni palloni esposti, cullandone ulterioremente il loro dondolio, in uno sventolio da bandiere. Il sole bacia questa giornata. Corpi distesi su spigaggia di velluto; corpi “latticini” che si espongono a questo primo sole. Altri, corpi, intenti alla prova costume. Ragazzi che giocano a pallone. Mani tese, mani che respingono, mani che abbracciano. Mani che indicano rigore. L’alba è passata da un pezzo. Pare di parlare di politica, con la descrizione di “queste mani”. Alcuni leader politici “annusano” altri politici, in vista delle prossime amministrative. Altri che fiutano alleanze e altri ancora che “corrono” soli. Alba, come acronimo di alleanza, lavoro, beni comuni, ambiente. Lavoro, già, che manca, scarso, come bene prezioso. Politica, antipolitica. “Estirpare il male”, ridare slancio e tensione morale. Rivalutare il ruolo dei partiti politici, disse da Pesaro, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del 25 aprile. Presidente in visita nelle Marche, come già fecero, in altre occasioni, altri Presidenti. La musica della fiera mi stordisce, non riesco ad ascoltare, ad individuare qualche parola. Pensieri ritornano, in maniera circolare. Si respira aria d’estate, in questo ponte, per chi puo’. E noi, siamo di passaggio. Come quei palloni che danzano. Zig, zag. Un tergicristallo. Una bancarella vende scarpe, un’altra cibarie. Un’altra ancora mi offre del miele. Ne colgo il gusto e sarà complice nell’aver allontanato quei pensieri circolari, rendendo così il mio incedere piu’ leggero. Una voce grida: “a casa, è ora di pranzo”. Già, ma quale casa? per chi? per tutti? Casa come diritto elementare…se penso alle norme degli anni ’70…..eppure proprio ieri alcuni quotidiani presentavano alcuni dati: In dieci anni le famiglie residenti in Italia che dichiarano di abitare in baracche, roulotte, tende o abitazioni simili sono piu’ che triplicate. Un aumento vertiginoso”. Nel 2011 le famiglie che vivevano in strutture diverse da una casa erano 70.000 circa. Impressionante. Speriamo di rimettere al centro alcuni diritti: lavoro, istruzione, sanità, trasporti. Ricordare che per tuto cio’ qualcuno ha lottato e versato lacrime e sangue. Non diamo per scontato che siano dati per sempre. Come un grande amore, dobbiamo tutelari, ogni giorno. Le cure soprattutto. Alcune prestazioni, così necessarie, vengono escluse dalla copertura sanitaria nazionale. Perchè? Ve ne è così tanto bisogno. Alcune nuvole oscurano per un attimo questo sole. Un timido venticello, insieme al miele, ha allontanto definitivamente quei pensieri…circolari. In lontananza, rumore di treni. Quelli che riporteranno indietro una moltitudine; contenitori di storie, di visi, uomini, donne, vissuti, che riaffioreranno, prima o poi. E’ ora di pranzo. Ricordi che riaffiorano come gnocchi , nell’acqua che bolle. Racconti di vita, come passione di una notte. Meglio il romanzo, a mio modo di vedere, dato che potrebbe essere una grande storia d’amore.
Il 91 vi augura un buon 2011
Il 91 oggi non circola. Come non circolava ieri e come non circolerà domani. E’ in sosta, presso il deposito. Una sorta di gabbia, ordinata, per bus. Così come in molti sono “costretti” dalla gabbia della cig. Così come altri nella gabbia della precarietà, come il sottoscritto, che pur viaggiando sul 10, stessa linea del 91, osserva pensieroso privo di un orizzonte i binari e le strade diventati bianchi da questo gelo; la galaverna riveste gli alberi: che bel paesaggio, pero. Seduto all’altezza di quello che fu il posto del bigliettaio, percepisco, metaforicamente parlando, una condizione da “arresto preventivo”, ingabbiato cioè da questa precarietà privandomi di qualche forma di speranza. Il lavoro, il mio lavoro, precario, mi stringe quotidianamente un cappio intorno al collo, impedendomi di programmare il futuro. Tutto viene giustificato, dalla crisi, dalla globalizzazione, e i “ricatti” che ci vengono propinati sono tesi al rovesciamento di un secolo intero di grandi conquiste. Il lavoro come un fatto sociale, così dovrebbe essere, ma spesso non lo è. Quante contraddizioni sono presenti all’interno di un luogo di lavoro, come la scuola, ad esempio. Quanti contratti? Di fatto, di diritto, magari le cooperative...Il freddo mi fa desiderare un luogo di mare nel profondo Salento, dove troneggiano cartelli con su scritto “Divieto di caccia e pesca”. Ora, questi cartelli paiono passati di moda, se si considera che ad essere cacciati sono i diritti sociali. Caccia aperta, alle persone, a tutto. Dove tutto deve essere ridotto a competizione. Caccia, che intendo come un concetto valvola: caccia ai diritti, cacciate le persone, Persone espulse da un posto di lavoro. Cacciate o espulse, pari sono. Globalizzazione come frullatore. La globalizzazione infatti frulla norme, tradizioni, diritti, diversi tra di loro da Paese a Paese. Norme, tradizioni, diritti comparati. Quelli dove sono svalutati “meritano il lavoro e gli investimenti”. Buonanotte Italia. Vorrei dormire e pensare che tutto sia un semplice sogno. Non è così, purtroppo. Frammenti di ricordi, discorsi, captati all’interno del 91 mi riportano alla triste realtà. Alcuni operai discutevano su orari, condizioni di lavoro, stipendio. “In Polonia e Brasile ad esempio, la settimana lavorativa è di 48 ore. In Italia, 40 ore. In quei Paesi, non avrebbe avuto senso la discussione sullo straordinario”. Fortunatamente era solo uno a pensarla così. Altri ricordavano che il sistema dei diritti sindacali è diverso da Paese a Paese. In Europa prevale il modello del pluralismo sindacale. Le organizzazioni sono piu’ di una e contano in base alla rappresentanza effettiva che hanno tra tra i dipendenti. Negli Usa, non è così. Chi vince rappresenta tutti. Sempre il piu’ forte, la competizione! Che brutta parola. Dopo che si sono svolte le elezioni, solo chi vince rappresenta tutti. Ecco perché Marchionne è sempre così stupito di doversi rapportare con molti. Ma da noi, in Italia, il pluralismo, la proporzionalità, sono stati sempre valori aggiuntivi. Importanti. Imprescindibili. Guardiamo all’operazione politica del “voto utile di veltroniana memoria”. Che guasto, che iattura non avere una sponda nell’agone parlamentare. Gli operai poi si erano messi a discutere anche di pause. Pause, diverse da stabilimento a stabilimento. “A Barcellona sono di 45 minuti per turno (stabilimento di Nissan). Nello stabilimento della Renault di Sandouville, in Normandia la pausa è di 17 minuti. (Nissan e Renault sono dello stesso gruppo industriale)”. Ma le pause devono permettere il recupero psico-fisico e non si devono monetizzare. Quanto stress dovuto a movimenti ripetuti, penso io. Poi, il tema stipendi. Il coro degli operai si alza, raffrontando realtà differenti: “Un operaio brasiliano percepisce 565 euro al mese circa; un operaio polacco, 700 euro al mese; mentre un operaio italiano, quando va bene, 1200 euro. Il tedesco 1700 euro”. già, chissà perchè la Germania e il suo stile di vita non va bene, ma, si continuano a citare come esempi realtà di Paesi emergenti per giustificare stipendi davvero irrisori. In nome della globalizzazione l’amministratore delegato della Fiat mette gli uni contro gli altri gli operai dei mondi emergenti e quelli del cosiddetto mondo civilizzato. E l’accordo di Mirafiori racconta qualcosa sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione? La produzione poi: l’Italia a fine 2010 produrrà nei suoi stabilimenti circa 600 mila automobili mentre se ne saranno acquistate circa 2 milioni. (3,9% del totale). Il tram sferraglia, fra la nebbia. Lento il suo incedere, come quello delle persone e dei loro diritti, sempre piu’ svuotati, sempre immersi in una realtà a tinte fosche. Come a tinte fosche si presenta l’anno nuovo, con rincari ipotizzati per mille euro circa a famiglia. La cifra secca, pari a 700 euro è attribuibile a rincari che non trovano giustificazioni, secondo molti. I trasporti in genere conosceranno un rincaro pauroso. Il carovita è sempre in agguato. Per gli alimentari, circa 270 euro. Una raffica di aumenti in beni e servizi. Per i prodotti. Naturalmente i trasferimenti statali saranno minori, verso gli enti locali, e questi ultimi, indirettamente, daranno una bella “spolverata”. Per non parlare poi degli statali. Si, ci raccontava un articolo de La Stampa che, “come sosteneva Vittorio Emanuele II, un mezzo sigaro toscano ed una croce di cavaliere non si negano a nessuno, e questo sarà in dote fino al 2013”. Nel triennio 2010-2012 infatti, l’incremento degli stipendi sulla base dell’indice Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea) previsto dall’accordo interconfederale del 2009 , non firmato dalla Cgil, avrebbe dovuto essere del 4,2%. Un punto di inflazione vale 20 euro, centesimo piu’, centesimo meno, quindi, 90 euro lordi che mancheranno nel cedolino. Trenta euro mensili fanno 400 euro l’anno, insieme alla tredicesima, quindi la perdita di potere d’acquisto sarà di 1200 euro lordi. Poi, nel 2013 ci sarà il blocco previsto, ed ecco che insieme, fan 1600 euro. Una famiglia su tre non riesce a sostenere spese impreviste, pari a 750 euro. Cosa possono contemplare quelle spese impreviste? Potranno contemplare quei mille euro di aumenti previsti per l’anno appena iniziato? a scapito di cosa? visite mediche? Quanta e quale sfiducia. Per non parlare della “cura dimagrante” nello Stato: un assunto ogni 5 pensionati. Serietà, coesione, solidarietà, sono le parole del Presidente della Repubblica con un invito all’ascolto ai giovani. Un ascolto a tutti: a quelli sui tetti, sui ponti in fabbrica, sulle gru. Ma l’ascolto, da solo, non è sufficiente. Occorre avere un’idea forte di politica; occorre invertire la tendenza: non essere sempre in difensiva. La politica, gli accordi, non possono riproporre un’antica pubblicità, stile formaggio “a fette”. Occorre riconnettere i temi del lavoro, del sapere, dei diritti, che mai devono essere monetizzati. Occorre uscire definitivamente da questa gabbia e smetterla con questa gabbia che ci vincola ad un “arresto preventivo”.