Era un venerdì, di 500 anni fa. Un grande, il “divin pittore”, che la “natura aveva temuto” (vedere Pantheon), lasciò la terra precocemente, a soli 37 anni. Raffaello.
Se tutto fosse andato come avrebbe dovuto, avrei sicuramente guardato la mostra su Raffaello: 6 aprile 1520-6 aprile 2020. Molti articoli sostengono che in capo al suo letto di morte fu posta la “Trasfigurazione”, terminata alcuni giorni prima della sua morte. Un capolavoro bellissimo, da restare affascinato e incollato a quell’opera. E mentre la osservi e ammiri mentalmente si passanono in rassegna articoli, libri, il viaggio, del divin pittore, da Urbino, a Roma, passando per Firenze. Come fosse un film. Sicuramente al Pantheon, a Roma, lo avranno ricordato, anche se, causa pandemia, la ricorrenza immagino sia stata, o sarà, in tono minore. Peccato, anche le paline dei bus ne ricordavano la mostra imminente, presso le Scuderie del Vaticano. Peccato, davvero. Io spero in una proroga, almeno, in un luogo solo si potranno ammirare più opere sparse in altri musei.
Come la Fornarina che da sempre, ammiro a Palazzo Barberini. E invece mi tocca solo pensare a quella mostra, al momento mancata, qui, da una camera, a guardare un albero che non avevo mai visto, il cambio dei mesi, l’erba fresca che cresce cosi come le foglie dei atani, qualche sbuffo dei bus che rallentano avvicinandosi alla pensilina ma non fermano. Una pensilina, una palina che inevitabilmente mi conducono mentalmente a Roma. Tutto così, aspettano il bollettino delle 18.