Giuseppe, Nino e Ida corrono e scorrono velocemente e “La Storia” continua il suo corso . E’ un testo (La Storia) che non mi stanco mai di leggere e rileggere e proporre a scuola. Ogni volta che riprendo tra le mani questo bellissimo tomo trovo nuovi collegamenti e ritrovo vecchie strade. Peccato avere davvero pochissimo tempo, a scuola, per ‘spiegare’… libri e fogli: sai quante e quali tesine verrebbero fuori per un Istituto sociale da questo libro? E cosi di tanto in tanto curvo su Roma in tutti i sensi e tic-tac passo su via Trionfale, Medaglie d’oro, arrancando su Monte Mario, via Fani prima e il ricordo va a quel marzo di tanti anni fa, con le immagini bianco e nere tinte di rosso del sangue della strage della scorta ed il rapimento dell’Onorevole Moro; storia nella storia che si dipana…. l’osservatorio astronomico ed il suo giardino, l’Istituto don Orione e la stazione e il vecchio “manicomio”; e ancora via De Amicis fino allo Stadio Olimpico e il piazzale. Una curva, Monte Mario, che mi serve per “ri-curvare” e continuare le vicessitudini dei personaggi prima menzionati. Useppe comincia a camminare e parlare, Nino marina continuamente la scuola fino a quando chiamatolo in Presidenza, anzi, “ri-chiamato” decide definitivamente di lasciarsi scuola e cancello alle spalle dopo una “pisciata” liberatoria, il tutto mentre la povera Ida continua nella sua missione di maestrina; ma se vi andasse di saperne qualcosa. .. leggete “La Storia” di Elsa Morante!
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“La mite”
La primavera irrompe e si fa sentire. Lungo le strade della nostra città comincia il tripudio dei colori: alberi che si rivestono di piccolissimi fiorellini che sono gemme e foglie in potenza. E’ il risveglio della natura. La primavera bussa alle porte, le donne cominciano ad alleggerirsi dei cappotti e maglioni, troppo pesanti e di pensieri ugualmente tali. Le vedi, in giro, tutte graziose e cool. Temperatura mite. A proposito: ho appena tetminato la lettura de
“La mite” del grande Dosto. Un amore sconfinato, di un addetto ai pegni, un uomo, che decide di sposarsi e innamorarsi strada facendo, e mentre ne fara’, conoscera’ il coraggio, il perdono, il rimorso, la volontà; è insomma, un capolavoro che abbraccia tutti i dilemmi quotidiani dell’uomo. Come tutti i romanzi di Dostoevskij non vedevo l’ora di portare a compimento la sua lettura e non appena lo chiudo (il libro) mi domando perché sia finito così in fretta, lasciandomi in dote quel senso di tristezza-piacere per averlo concluso. Nel frattempo ho ripreso tra le mani “La Storia” di Elsa Morante. I ricordi, e sono tanti, si sovrappongono sempre…. pagina dopo pagina, un libro stupendo. Un capolavoro. “Useppe è appena nato, Nino ha condotto Bliz a casa e sullo sfondo si è appena concluso il 1941. Il 1942 vede Useppe fare i primi versi e i suoi occhi volti alla ricerca dei misteri della vita. Ida invece…. “
Un sogno nel cassetto
Ma cosa sara’ mai questo sogno nel cassetto che tutti noi coltiviamo fin da piccoli? Ricordo che quando ero ragazzo mia madre mi mandava a comprare una rivista, “Il cassetto della nonna”; poi col tempo, mischiati a baci e carezze le complicita’ di un libro, (ehm, con una ragazza) iniziato e mai terminato, poi altri sogni, di altre, di una, le sue lettere, classiche o moderne, un manoscritto e tutto condiviso, insieme a baci, carezze, abbracci. Poi, il mio, mai sopito, un libro da scrivere, poi da terminare e poi concludere e pubblicare, poi Roma, la politica, il mondo, viaggiare, una laurea, ancora Roma e il Vaticano e infine…insegnare. E poi il mare, un faro… Cosa e’ importante e cosa lo e’ meno? Da dove si e’ partiti e dove giunti? E cosa si e’ visto, come? Con chi? Soli? In compagnia? In classe, con classe, fuori classe? Ma forse non e’ piu’ probabile che quegli stessi interrogativi ci abbiano trasformati e quindi resi migliori come persone? Bhe’, oggi nella quiete e inquieta scuola dalle classi vuote ne ho chiuso uno, di cassetto, ma non a chiave. Circostanze, visibili e poco visibili, eccellenti e complete biografie inserite in numeri e lettere (sezioni). La chiave del cassetto e della vita non appartiene a nessuno se non a tutt* coloro che ho incontrato in questo bellissimo ma piccolissimo mio primo viaggio che si chiama scuola, mio primo anno di insegnamento. Lascio un paio di cd, “I cento passi”, una chiavetta con “Il ragazzo di via Fani”, “La stanza del figlio”, e alcuni libri (La storia di Elsa Morante), copie de La Stampa, un editoriale dei lettori, una copia della Costituzione, una riflessione sul mondo dei giovani, come ci vedono, come li vediamo e come si vedono, pratiche di inclusione e cittadinanza…e infine una polaroid 2015/2016.
Dalla scuola, buone vacanze.
La Storia
Non ho molte cose da scrivere se non pensieri da offrire. Tra ostacoli di varia natura, finalmente son riuscito ad andare “app-asseggio” sulle orme de “La Storia” di Elsa Morante. E’ stato un tour emozionante, tra le strade e le case dello Scalo San Lorenzo. Il libro in mano, La Storia, coi passi gia’ segnati, un ombrello nell’altra. La geografia della capitale, della citta’ eterna, di un quartiere si distende davanti a me e sotto i miei piedi. Marciapiedi, vie, svolte, le mura in fondo a via dei Volsci e un treno in manovra sopra la massicciata che tossisce. La vita delle botteghe, in questo fazzoletto da vita col suo linguaggio, colori, odori di botteghe varie. Roma e’ bella quando pioviggina. Roma e’ bella quando c’e’ vento. Roma e’ bella quando i treni rasentano quel “torrione” sulla massicciata e io …la Storia, mia e di…Ida, Nino, Bliz me la coccolo.
Che bella. Due ore, da via dei Volsci
, il 15,
la scala D, il cortile, “sfogliando” vie del libro. Il mio preferito. Entro, chiedo, nessuno sa rispondermi:” aho’ che hai mai sentito de la Morante? Qua ce sta uno…..”. Peccato penso. Le insegne degli alberghi oltre il tunnel, un’altra storia, con inizio e fine. Nomi di donne. Roma, Roma, Roma.
Roma e’ bella quando il fiume compie il suo cammino, lentamente, come un pellegrinaggio, ed io inconsapevolmente, quando il giorno cede il passo al tramonto, partecipo al sorgere di un nuovo amore. Due ragazze si tengono per mano
, parlano in inglese, ma uno, linguaggio, e’ maccheronico. Sul ponte, isola alle spalle, si fermano, mi chiedono di farle una foto. Si abbracciano, si baciano. La foto e’ stata scattata, ma loro continuano a baciarsi. Si son dimenticati che ho il loro I-phone. Non disturbo il “neonato” e per far passare tempo, attivo il “video”. “It’s the first kiss”, mi dice quella “maccheronica” smettendo di baciare l’altra, tenendole i capelli. Una mano compare e scompare tra quella masssa di capelli. Poi mi guarda e quando capisce che sono italiano mi informa che la loro, o la sua passione e’ appena nata. “Sto bruciando”, mi sussurra. E’ avvinghiata, mi manifesta l’amore per l’altra. Ha l’aria di chi vorrebbe dirlo al mondo intero. Si giustifica. “I miei non lo sanno” mi dice…si avvicinano entrambe. Sono bellissime. Due more, capelli lunghi, lisci una, crespi l’altra. Occhi scuri. La straniera ha un piercing e mi guarda quando parlo. Vorrebbe che la sua”fiamma”traducesse….porgo il cellulare e bacio ad entrambe le mani. Si dicono parole dolci, scrivendole nel marmo di una citta’ eterna: Roma, Amor, permutazioni matematiche. La fontana di Trilussa, Testaccio il corsodegli amori.
28 Novembre. La Storia
Devo svolgere questo “benedetto” compito per lunedi: un breve racconto per descrivere l’ambiente, il personaggio, possibilmente al femminile per noi maschietti e al maschile per le femminucce, sentimenti…Dopo la descrizione del volto, di un personaggio, dei movimenti fisici per descriverlo psicologicamente, e altro ancora, oggi, l’ambiente. Mi piace il mare, d’estate e d’inverno. Le stagioni che passano e chi ci passa accanto in quelle. Chi resta e chi va. Il mare è una finestra, non una parentesi. Il mare raccoglie e restituisce tutto. Il mare. Mi piace prendere il treno e andare, a fine novembre, e perdermi nelle nebbie padane e poi sfociare come un fiume nel mare Adriatico. Ho terminato carta e penna e l’esercizio devo farlo altrimenti lunedì mi bacchettano. Ci tengo. Comincio, come va, va. “Oggi, 28 novembre 2015.
Fa freddo. Il mare rumoreggia, brontola, schiuma dalla rabbia, ma è bello anche cosi’. Una barca rovesciata, capanna per due cuori nelle notti d’estate. E’ sbrecciata, legno consumato, sprovvista di remi. Penso che solo per pochi giorni, appena tre, e forse avrei respirato la stessa aria della Morante, Elsa. Infatti aveva deciso, misteriosamente, di lasciarci esattamente tre giorni prima della mia nascita: il 25 novembre 1985. Oggi e’ il 28 novembre, il mio compleanno: trent’anni. Ho una storia tra le mani. Mi piace leggere, da sempre. Sottolineare i passi e lasciare appunti. La mia storia e’ una strada di letture. Da leggere, da raccontare, scrivere. Le amiche mi dicono che anche quando mi posiziono in un angolo, perche’ mi infastidiscono il rumore dei locali e le chiacchiere inutili, gli sguardi si concentrano su di me. Dicono di essere interessante.In realta’ vorrei essere una comparsa ma la sommatoria degli occhi mi trasformano in una protagonista. Ho sempre un libro con me, forse per assentarmi. Forse il mio sogno era lettere, la vera medicina alla medicina. Avevo pensato di rileggerne qualche pagina sedendomi su questo tappeto vellutato, immergermi, come avviene d’estate, onda dopo onda, riga dopo riga nella Storia, e che per troppo rumore, fuori e dentro, me ne impedisce l’azione. Le mani avvolgono il libro, le unghie lucide, smaltate di rosso, una piccola cicatrice sul polso, la pagina di un’altra storia. Il vento sciupa i capelli, alcuni rossastri altri neri, naturali. Passo la mano sul viso, prima sotto il naso, un po’a patata, poi sotto gli occhiali, ad asciugare una lacrima: il vento strizza l’occhio ai ricordi, li stropiccia e mi strattona al ritmo del tempo: passato-presente. Poi, mi tocco il lobo dell’orecchio, come spesso capita, quando i pensieri “escono” nell’ora di punta: un piccola perla mette lo stop alle dita nei loro movimenti. Un altro stop al caos dei pensieri: “da quanto tempo li indosso e donde vengono?” Un altro compleanno, quando il vento sbatacchiava fuori dalla finestra e il nemico alle porte era l’Università. Nell’altra mano un lembo della salvietta, si alza, sospinta dal vento, trattenuta nel braccio ripiegato. Mi ritrovo esattamente come faccio d’estate, quando però il cappotto rosso staziona nell’armadio della cameretta e il costume modella il corpo. La guardiola del bagnino è sguarnita, oggi. Solo qualche mese fa la torretta “inforcava” gli occhiali del bagnino, che poi era un bellissimo binocolo grazie al quale nelle giornate serene, estive, l’ex-Jugoslavia pare essere a due passi da qui. Solo qualche tempo fa , invece, sulla sua sommità, una quindicina di gradini, giravo una scena di Titanic: braccia aperte e ben distese, occhi chiusi e capelli al vento. Il “gomito” sempre li, sulla mia destra, con le sue alture avvolte dalla nebbia, oggi; dalle luci quando le sere e le notti sono più corte e le giornate più calde, più lunghe, d’estate. Le navi che si muovono lentamente, dopo aver ingoiato i loro carico. Il faro, con la sua luce, alla mia sinistra. Qualche buco sulla sabbia, là dove erano collocati gli ombrelloni. Le cabine sprigionano odori di sughero, legno e muffa. Alberghi, pensioni, stellati e gallonati, sono chiusi, e dentro immagino cucine, mobili, letti coperti da nylon, in letargo: “Riposo”. Il rumore di chi fa jogging proviene dal vialetto, alle mie spalle, costeggiato dal muretto, appridi di quanti, d’estate, si mettono in vetrina per osservare meraviglie in carne e ossa, e “osano”. Quel vialetto “conta km” riservato a ciclisti e passeggini d’estate. Sul muretto mi ci posavo quando ero in anticipo, a dire il vero, quasi mai, e proprio allira mi accorsi che le distanze segnate erano diverse. Strana via per un vialetto con numeri che parevano volessero giocare un ruolo diverso nella mia vita. Mi volto attratta dal rumore. Giro intorno a me stessa come un gurotondo da bambina e avvolgo tutto il nastro: l’Universita’, la ferrovia verso sud e verso nord, una mole di km, il centro cittadino, piu’ in la residenza, la scuola, il faro, il luogo natio, il mare: una zona di transito, di confine, l’orizzonte, un luogo tutto mio. Sposto gli occhi ora a destra ora a sinistra. I “bagni”esibiscono fieri nomi e numeri. Ognuno di quelli e questi contiene storia e storie. Li leggo uno dopo l’altro: Cristal, Hollywood, Enrica, Marina, Elsa 25, 11, Morante, Laura 28, 11. Ogni posto, cosa, persona, un mistero e quando si ama veramente qualcuno bisogna accettare la parte del musteto. Trent’anni di Storia, pensavo mentre la brezza marina mi accarezza. Ma sono i miei, e allora, come che siano, me li faccio:” Tanti auguri“.
Come e’ andata e’… andata. La storia e’ stata scritta.
La storia, in un momento.
La storia, in un momento. La vedo. Una macchina, un cellulare, una macchinetta digitale, un film il digitale, che e’ un “atto” rivoluzionario, la stampa. Tutto in un momento. La piazza è dentro o fuori? Fuori-dentro. Tutto concentrato. Uno scatto. Un fermo immagine. Sala d’attesa,Www, telefono, poesia, stampa, un’automobile e “Festa Mobile” una macchina e una macchina da presa e la presa per la corrente, chi se la prende per niente e chi invece non se la prende e fa spallucce, chi la prende e chi non la prende per niente e chi si prende per sempre, insomma, la storia in una pillola. Luci d’Artista e riflettori sotto la Mole. Torino è in una vetrina. Trascino il trolley, una vita li dentro. In piazza, in tanti. Pochi minuti alla mezzanotte. Seduto, in attesa, sfoglio altra storia, la leggo. La storia, di Elsa Morante. Qualche pagina ancora, fino a mezzanotte, almeno 28-29…anche di più…se mi “infinito”, volendolo.
E poi, tanta fantasia, che avra’ il grande merito di prenderla per mano, la storia, di ciascun*. Il nastro, i fotogrammi, “poesia” da “svolgere”.
Facce da puntini di sospensione….ognuno con la sua. Di storia e di faccia.
Buonanotte Torino.
Buongiorno, Roma
Buongiorno Roma! Mi piace l’idea che dai, di avere il mondo addosso stando fermi, le voci di mondi e realta’ lontanissime che ti entrano continuamente dalla finestra, comprese le rotelle dei trolley che girano e rigirano e consumano il manto stradale che pare il corridoio ed entrano fino in camera ad interrompere il sonno della notte, se mai questa vi e’ stata. Voci che in continuazione chiedono “dove e’via Vicenza“? Buongiorno Roma, sei acqua fresca che lava. Acqua dei tuoi ‘nasoni’
instancabili. E ne dai a quanti instancabilmente chiedono acqua, in coda, come sestessero andando a prendere la Santa Comunione. Acqua rappresentata, disegnata, dipinta in ogni modo e che di tanto in tanto si materializza in qualche goccia, come capita durante la visita alle catacombe. Acqua ricercata come fonte dove dissetarsi, come i cervi, rappresentati a San Giovanni in Laterano. Due cervi che cercano l’acqua. Il mosaico nel catino dell’abside della Basilica fatto rifare da Innocenzo III che ne illustra il versetto 42 del Salmo: “come il cervo desidera le fonti d’acqua così l’anima mia desidera Te, o Dio”)
. Ma di questa Basilica ci sarà modo di vederla e parlarne. Mi muovo percorrendo a piedi via Marsala,
fino al suo termine, costeggiando la Caritas (quanto e quale lavoro, qui, i volontari e quanta dedizione e attenzione al prossimo).
Tutta via Marsala, senza dimenticare che sulla stessa via passo’piu’ di cento anni fa don Bosco
La Chiesa è intitolata al Sacro Cuore. Al suo interno, tra i tanti, un altare di Maria Ausiliatrice.
..
Proseguo a piedi tutta la via, Marsala. Un tunnel, sotto i binari della stazione Termini e sono dall’altra parte. Un gruppo mi precede. E’ alla ricerca di Via Giolitti, dove si trovano alberghi non cari, a loro dire. Qualche albergo, hotel, BB, gente in attesa di avventurarsi per Roma e approdo alle porte del quartiere di San Lorenzo, da dove si vede svettare il torrino di Roma Termini.
Una rapida occhiata, per immergermi mentalmente tra le pagine di una mia lettura preferita: “La Storia” di Elsa Morante. Mi immergo appena nel quartiere, così, per avere l’impressione di sentire le voci dei personaggi del romanzo.
Il romanzo che mi ha dato e continua a darmi ancora tantissimo. Un capolavoro letterario.La storia Ida e di Useppe, suo figlio, frutto di uno stupro.Ida e la sua dignita’gonfiano il cuore di emozioni.Una storiav dove Elsa Morante ha alternato poesia e dramma.Un libro d’amore. Una rapida occhiata verso questo quartiere, lo scalo, San Lorenzo e il rimando a memoria di una frase di Elsa Morante:”Con te per sempre finch’io viva e pi’in la’”. Da qui mi dirigo verso Porta Maggiore
per prendere un tram, il tre
, e dirigermi verso Piazza San Giovanni.
Nel giro di qualche fermata di tram (il tre) ma leggo alcuni numeri a me famigliari, il 14, Viale Palmiro Togliatti, il 19…ricordo il Prenestino, Cinecittà, quasi un’ora di tram da Termini…)
sono a Piazza San Giovanni. Il capolinea del 218 è qui.
Mi accomodo e nel giro di 15 minuti sono alle Catacombe, nei pressi delle Fosse Ardeatine. Dalla fermata del bus, un dieci minuti a piedi. Sulla destra, le Catacombe di San Callisto e i Salesiani. San Tarcisio. Costeggio la mia sinistra fino ad arrivare alle Catacombe di Domitilla.
Fortunatamente oggi è possibile la visita.
Le altre, sono chiuse per giorno di riposo.
Qui, eravamo tre gruppi: americani, orientali e un gruppo, davvero esiguo di italiani. I primi sembravano fossero tutti sotto le catacombe, a milioni. Non terminavano mai. Noi italiani invece sembrava avessimo il “tutor” personale, una guida tutta per noi, dato che eravamo in otto a seguire la spiegazione. Eevidentemente siamo sazi di tanta superficialita’. La guida e’stata davvero paziente nel rispondere a curiosita’ davvero….Quanti gradi vi sono qui sotto qui sotto?quanta umidita’? Quanto sono lunghi i cunicoli? Quante catacombe ci sono, sparse, a Roma? E’ vero come dice il film Quo Vadis….? Le Catacombe sono quelle di Domitilla, in via delle sette Chiese. La Chiesa è davvero
bella.
Fa freddo, qui sotto.
Una visita guidata, un’ora circa. Ora si sa di più sul tufo, sul refrigerium, fossores, e su quante sono a Roma le catacombe, anche se, queste sono le Catacombe. In questa zona. Quelle di San Callisto,
oggi, come detto, sono chiuse.
Terminata la visita faccio ritorno, verso San Giovanni. Percorro un viale, da porta a porta. Ne approfitto per fare due passi , una zona a me tanto cara e carica. Un viale, lunghissimo. Roma, da qui è ancora più bella. Chiudo gli occhi un attimo. Mi pare di vedere le luci che salutano l’arrivo del nuovo anno.
La terrazza di questo istituto internazionale dei Salesiani
e il Cupolone e sullo sfondo. Roma, Sei bella anche da quassu’, da questa terrazza. Il tempo trascorso ti rende ancora piu’ bella e affascinante. Quanto sei bella, Roma. Non solo una canzone di Venditti. Non ti preoccupare, L’acqua lava tutto.
Mi piace l’idea di passare dopo anni da piazza San Giovanni e ricordare nomi e visi incontrati e conosciuti per vie di citta’ adriatiche. Mi piace questo odore, Roma, che hai addosso e che si attacca come un vestito. Mi piace questa idea di padronananza che ho di te, nonostante il tempo trascorso, tra una visita e l’altra e qualche cicatrice di cadute che ancora porto addosso e che grazie a quelle ora mi muovo liberamente, saltellando di qua e di là, privo di cartina tra le mani, confondendomi tra i tuoi tanti abitanti. Sei bella, ma sempre capace di renderti nuova ad ogni incontro e spiazzarmi. E forse per questo, mi piaci, cosi come mi e’ piaciuta la mostra di Frida Kahlo (artista messicana, 1907-1954, simbolo dell’avanguardia artistica e dell’esuberanza della cultura messicana del ‘900. La mostra romana, aperta dal 20 marzo presso le scuderie del Quirinale e in prossimità di chiusura, il 31 agosto. Costo del biglietto, 12 euro) , tanto bella e appasionante la sua vita da volerla rivedere ancora e ancora. Una donna che porta impresso l’amato, in ogni suo autoritratto, ora sotto la fronte, ora tra le sopracciglie, ora nel cuore. Una donna capace di amare fino all’ ossessione, una lampada osram mai mancata, per il suo Diego Ravera. L’abbraccio dell’universo, un’opera spettacolare. Almeno lei, c’era sempre. Davvero qui passa il mondo intero, in continuazione. Per rinfrescare la memoria occorre prendere i tram e la metro.
Le cicale cantano, il sole spacca le pietre e …
In questo momento mi trovo presso la Basilica di San Clemente.
Qualcosa di molto simile, quasi identico a Ravenna, Sant’Apollinare in Classe per quanto mi riguarda, almeno per i mosaici. La primitiva chiesa fu edificata nel tardo IV secolo nei pressi del Colosseo e delle caserme dei gladiatori ai margini dell’area monumentale su preesistente edificio del II secolo d.C.: si trattava verosimilmente della domus ecclesiae di Clemente, un liberto martirizzato sotto Diocleziano. “Domus Ecclesiae” erano luoghi di culto dove si riunivano i fedeli nei primi secoli del Cristianesimo, generalmente identificabili con ambienti di abitazioni private adatte allo scopo. A due passi dal Colosseo su via di San Giovanni in Laterano.
Da qui, un salto ai Fori
e sulla via dei Fori Imperiali. E poi, Colosseo e poi…
Trovo un posto sul palco e “mi accomodo”.
Quando la stanchezza prende il sopravvento decido di lavarla via. Un salto a Termini, per togliermi la curiossta’di vedere se la ragazza cantata da Claudio Baglioni stara’ancora aspettando per poterle dire che lui le piace tanto.
Qui, penso, l’amore continua a perdersi, l’amore continua a trovarsi, oggi come ieri. A Roma Termini, molto è cambiato negli ultimi anni, tranne il via vai. Gente che arriva, gente che parte. Roma Termini, un porto di mare, si potrebbe dire. E poi, in quale posto meglio di altri si potrebbe cantare “lasciarsi un giorno a Roma?” (Niccolò Fabi). E poi dimenticarsi, ovviamente.
Ora, che dire……………ancora un salto, da Frida. Certe cose sfuggono e prima che chiudano le Scuderie del Quirinale, meglio muoversi.
E …..tre

Fa fresco. Vento su Torino. L’aria ha spazzato via anche questi tre anni. Libri nello zaino. Notti insonni. E davvero. Tutto sembra un finestrino. A guardare fuori, mentre tutto corre e correva velocemente. La città, gli altri, sabato, domenica, gita, mare… Ma non fa niente. Un altro mondo è possibile. (ed è bello ritrovare questa speranza anche in uno dei personaggi del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“). Le scale alle spalle. Il Duomo davanti a me. Di tanto in tanto lo sferragliare del tram, del jumbo tram. Impiegate, impiegati, studentesse, studenti, “sciamano” alla ricerca di qualche posto economico per il pranzo. Ora fa freddo su questa panchina. Gli occhi si chiudono, ma non abbastanza per sorridere.
Dall’università, sorrido. Bella!!!, direbbero i ragazzi a scuola, e un pensiero lo volgo a loro, ripetendomi che, nonostante le chiusure e il mercato del lavoro, anche per loro, se ci credono “un altro mondo è possibile”. Un’altra partita si è chiusa. Questa, il primo step. Ora, inizia il secondo.
Ora andiamo a casa. Si ritorna.
Questo lavoro, lo dedico a tutte le operaie, operai, a chi ha perso il lavoro e chi non lo ha mai avuto e lo cerca. A tutti coloro che lavorano a Mirafiori per pochi giorni al mese, essendo in cig, in attesa che qualcosa cambi. Presto. Alle badanti, i badanti che si occupano, preoccupano e hanno a cura i nostri cari. Nuove lavoratrici e nuovi lavoratori che ho incontrato per capirne meglio le loro storie, di sofferenza, lavoro, solitudine. “La solitudine dei lavoratori” ha scritto Giorgio Airaudo e sostengo nella tesi. (E un pensiero lo volgo alla Fiom, compagne e compagni con cui ho passato notti in treno per raggiungere la capitale a manifestare il dissenso e dire che “un altro mondo è possibile”). Lavoratrici, lavoratori che spesso non “riescono a santificare il giorno di festa”. Alle lavoratrici e i lavoratori dei call center, laureati, addetti a questo lavoro pur di non “fuggire via”, all’estero, alla ricerca di un lavoro migliore, rispondente alle loro aspirazioni.
A Tutti i ragazzi che la mattina mi incontrano a scuola e mi riempiono la giornata con un “buongiorno e grazie“.
Un grazie all’amicizia del professor Giovanni Carpinelli e ai suoi utili suggerimenti. All’amico ing. Domenico Capano, che tanto ha insistito, come detto altre volte, affinché…cominciassi a….scrivere senza penna.
Questo lavoro lo dedico a chi convive ogni giorno con i disturbi alimentari di bulimia e anoressia affinché possano vincere definitivamente la loro battaglia e cantare vittoria, e sorridere così per sempre.
Un grazie al grande Felice Reburdo, uno degli ultimi “preti operai” che mi ha accompagnato fino qui, e Livio che ha “sponsorizzato” con il suo “tifo” l’avventura.
Un grazie a chi mi ha sostenuto, anche quando ero solo e a te, che non credi all’amore, ricordando Elsa Morante: “Con te per sempre finch’io viva e più in là”.
Un abbraccio a famiglia e fratellone…………..Si torna a casa. Per me, non tengo nulla.
Cio’ che si vuole, si puo’.
Aspettando la notte della Taranta…La Storia di Elsa Morante
Aspettando la Notte della Taranta, questa sera, a Melpignano, in provincia di Lecce, presso il Convento degli Agostiniani….100 mila persone attese, che arriveranno con mezzi privati e i famosi trenini della Sud-Est…un grande festival europeo dedicato alla musica tradizionale……Direttore delle danze di questa edizione sarà Goran Bregovic musicista balcanico che unirà “le due sponde adriatiche”…proviamo a raccogliere un po’ le idee e i ricordi e la storia. Una conchiglia, un pasticciotto, il dolce buono-buono di Ceglie Messapico e tanta storia……..tanta..
Ombrelloni chiusi.
Ombrelloni chiusi contro la legge Bolkestein, alle undici di mattina, Frecce in cielo che disegnano e colorano come i “Fioretti a squadre” sul tetto del mondo. Diritto al lavoro e diritto all’ambiente, da coniugare, a Taranto, e non solo. Olimpiadi d’oro, ma non per il nuoto.
Quando gli ombrelloni riapriranno continuero’ la lettura del libro di Marc Augé, “Diario di un senza fissa dimora“, e “La Storia” di Elsa Morante.
Preoccupazione sul fronte del lavoro, in particolar modo per il destino di Mirafiori. Disoccupazione al massimo: quasi tre milioni in cerca di lavoro. Politiche del governo preoccupanti. Tasse per studenti universitari fuori corso incrementate. Si poteva far pagare molto di piu’ coloro che piu hanno. Le fasce andavano ripensate. Sicuramente.