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“Idda”

20190624_085756Era lì, da qualche parte, smarrito come un bimbo, che grida “mamma-mamma”, perché, diciamoci la verita, per le autrici, i libri sono un pochino come loro figli, che “lo vuoi tenere un pochino?”e , lui , piccolino, resta in attesa di essere preso in mano, anzi, tra  “le braccia”, con il profumo del suo “borotalco” che è la carta stampata, che solo i libri nuovi sanno emanare. Sono i “libri in attesa”che per un motivo o per un altro prendiamo e ne rimandiamo “la conoscenza” a data da destinarsi. “Idda”, (libro edito da Einaudi) in dialetto salentino, “lei”, di Michela Marzano, libro composto da 53 capitoli brevi suddivisi in  4 parti, ambientati tra Parigi e Salento,  zona tra Brindisi e Lecce, vigne e ulivi, cicale e terra rossa, tradizioni e orecchiette da mangiare, ambientato tra “ieri” e “oggi”, passato e presente. Chissà  per quale motivo era in “deposito”, dimentico di averlo lasciato da qualche parte della casa:   “come funziona la memoria”? Una storia nella storia o due storie a y che convergono, o un “polinomio da mettere in “evidenza”. La musica di Zaza “Si je perds” come sottofondo e la ricetta migliore per il “clafoutis”: noccioli si o  no? Lo leggo si o no? La storia scorre, bene, a mio modo di vedere, libro impegnato, ben costruito. La memoria, la ricerca delle radici:”scusa, tu,  che albero ti senti?” E via talloni a terra ti immagini in un crescendo, schiena, spalle, braccia, chioma…”Scusa ma tu sei un albero con le foglie o senza?” E ancora: “scusa ma tu ti senti dai tanti rami intrecciati o senza?” Ulivo millenario o palma con un ciuffo solo, con  un ospite come il tarlo che al pari di mille pensieri ci divora?” La necessità,  la voglia di dimenticare e un fatto ben preciso che induce per forza di cose a dimenticare, quando qualcosa “degenera”. E sullo sfondo, ma non troppo,   la forza dell’amore che esiste, resiste, e recupera, rimette in gioco, vince su tutto, anche quando basta poco, una parola fuoriuscita dai ricordi dell’infanzia, inaspettata, durante la lezione universiitaria, “l’ua”(uva) che ha radici ben forti, come l’amore della famiglia. L’amore che esiste e resiste contro tutto e tutti. E allora, “statibe citti” (state zitti) e “tia ca nu sai, statte citta” (tu che non sai sta zitta). Ho pensato, appena terminata la lettura, che il libro avrebbe potuto avere come titolo “Idda: Annie-Giulia-Maria”(metto e tolgo il “-” ma il risultato, cambiando gli addendi, non muta) che avrebbe raccontato come un incipit moltissimo delle vicende di coppie descitte tra gli orli delle pagine con virtù  e difetti, quali, Giorgio e Giulia, Jean e Annie (il passato, la storia, le storie, l’amore) la ricerca storica), Ale e Pierre (il presente ed il futuro). Una storia molto femminile, con una Ale, protagonista attiva, ricercatrice, in tutti i sensi, perfezionista, che sa quel che vuole: rimettere ordine senza procrastinare; una Annie, che sapeva cosa voleva, una Giulia, che avrebbe potuto dire e dare moltisssimo ma non sarà così. Sarà infatti   Ale a raccogliere “la staffetta” nel continuare la corsa, nel fare, ricercare tanto quanto Annie-Giulia-Maria. Ma questo sarà presumibilmente materiale per il nuovo libro.

L’Orologio e La casa in collina

Ho ripreso in mano il libro “L’Orologio”,  di Carlo Levi,  per una seconda lettura,  meditata,  approfondita.  Sara’ per il sogno anticipatore,  sulla storia dell’orologio,  andato perduto,  rotto e poi,  al mattino del risveglio dell’autore,  caduto e rotto realmente,  senza un “cassaro” per Roma,  per poterlo aggiustare. O forse  uno si,  ma senza tempo: una ricevuta,  andata poi persa,  per la riconsegna dell’orologio, qualche mese dopo.  È  una storia davvero interessante,  riguardante i giorni della crisi del governo Parri.  L’orologio,  oggi,  la clessidra che esaurisce la sabbia e domani chissà  che cosa dirà  il Presidente Mattarella: si risolverà  questo stallo?   Due mesi senza governo e orologi in ogni dove che annunciano il lento trascorrere del tempo.   Gia’,  questa questione dell’orologio mi ricorda che anche a me ne fu regalato uno dal nonno in occasione della Prima Comunione.  Un rito di passaggio,  un pochino come la chiave di casa.  Ora che ci penso bene,  anche la Fiat regalava si figli dei dipendenti,  l’orologio,  in occasione delle vacanze di Natale.  E forse,  forse,  anche ai suoi dipendenti,  dopo 35 anni di catena.  Di montaggio.  Tornando alla lettura,  il libro,  vale la pena essere letto: Carlo Levi descrive in modo minuzioso l’umanita’,  i contadini e i Luigini. E poi Roma,  la Garbatella… i ministeri,  i ministeriali e i misteri.

Ho letto anche “La casa in collina”,  di Cesare Pavese.  Era da alcuni anni che mi incuriosiva,  l’autore,  la “bella estate” e molto altro.  Ora è  la volta della collina,  della casa,  di Torino,  di Cate,  di Dino,  Corrado,  Elvira… Personaggi femminili,  innamorati,  come quelli di Cassola.

16 ottobre 1943

torino-16-10-2016-foto-borrelli-romanoTorino 16 ottobre 2016.  Roma “16 ottobre 1943”.  Non è  solo un libro di Giacomo Debenedetti. È una data,  la deportazione degli ebrei romani. È  il racconto,  con la prefazione di Natalia Ginzburg. Ogni giorno,  sulla strada casa-lavoro e viceversa trovo la casa di Natalia,  il piazzale a lei dedicato e i ricordi che ogni volta mi era stato possibile accompagnare i ragazzi li sotto,  ne leggevo qualche passo. Per non dimenticare,  io,  e per dire loro,  cosa è  stato. Affinché  Non si ripeta. Mai piu’

“La ferocia”

Il libro mi piace. Parecchio. Devo correre, pero’, nell’ultimarne la lettura. Dovro’ terminarlo prestissimo. E’ scaduto il tempo del prestito. “La ferocia” di Nicola Lagioia e’ davvero piacevole, scorrevole. Ne avevo sentito parlare spesso, l’estate appena trascorsa. Quando le passeggiate erano tra i muri a secco intento ad ammirare il tramonto, il tuffo del sole a mare.Foto Borrelli Romano, 25 8 2015, Belvedere, Le. L’azzurro, il verde, il bianco. “Bisogna ricevere del bene per separarlo da cio’ che non lo e’.  La teoria del rombo con cui si scrive e si fa finzione cinematografica: due poli, un personaggio, buono, semplice, Michele, una sorella, gli amori, tanti, giusti, sbagliati la coca, gli affari, la famiglia, i fratelli, i geometri, il padte Vittorio, la mamma, Annamaria, un topo di fogna, una gatta domestica e ancora i poli, domestica si ma sempre felino. Decido di leggere un po’ delle sue pagine in biblioteca civica dove hanno allestito uno stupendo albero di Natale: fatto con i libri, per la gioia di grandi e piccini.14 12 2015 biblioteca civ. To.Borrelli Romano foto Poi un caffe’ al Mercato Mettopolitano. 20151213_115119Sfoglio pagine come anni e lustri. Io da qui, dalla vecchia e cara stazione di Torino Porta Susa, i treni continuo a sentirli sferragliare ancora, cosi come continuo a vedere le macchine depositate proprio sul davantidella stazione, dove proprio non si poteva parcheggiare, pena la multa. E cosi il giornalaio e la panchina sul tronco uno e il rosso e il bianco-giallo dei trenini che facevano tanto metropolitana. La penna e’ pronta, il blocchetto pure. Avrei voglia di raccontare e romanzare di quella panchina, dei suoi e nostri anni ’90, del 95, dell’85, del 28 novembre e di molto altro ancora, se solo…

In serata il passaggio sotto la porta del Duomo di Torino. Una piccola frazione di stella o di luna a sorvegliarci nel nostro girovagare…metropolitano.Senza mercato, pero’.Duomo Torino.foto Borrelli Romano

Gli anni al contrario

30 7 2015 Torino.foto Borrelli Romano…Gli occhi…”sono la mia valigia, la mia infanzia  senza tempo, la certezza che me la caverò …” (Nadia Terranova, Gli anni al contrario).

Non so se ci crederete, ma non importa. E’ una cosa buffa, anzi, buffissima. Ciondolavo in stazione, Torino Porta Susa.foto romano borrelliin attesa del mio treno, una freccia con l’intenzione di recarmi a Milano (ogni tanto, ci sta), dopo aver sorbito il mio caffè espresso mattutino  ed essermi lasciato dolcemente accarezzare un po’ da quell’aria fresca mattutina e che la rimpiangerai per il resto della giornata, quando il caldo  si appiccia addosso, in giornate come queste. Il treno,  avrebbe dovuto essere quello delle 7. 05. Avrebbe perché non lo è stato. Torino, foto Romano Borrelli.Così come non lo è stato quello delle 13 per il rientro. Il punto è che come il titolo, anche io ho cominciato a leggere il libro, al contrario. Mi è piaciuta l’idea di una valigia per tutti, in un mondo di trolley. Il treno, annunciato, fermato e ripartito, mentre io, no.  Ero sui gradini in attesa, fermo nella lettura, al contrario. Mi sono fermato e ho cominciato a leggere. Centinaia di trolley sono stati musica di sottofondo, ma ho preferito “portare” con me , farmi accompagnare, stando fermo, “quella valigia” per vedere cosa c’era dentro. Sulla banchina, immobile, ma gli occhi, questi, quelli, no. Riga dopo riga, “Gli anni al contrario” correvano avanti. Non so se ho perso una gita, due biglietti, una città da visitare. O forse nulla di tutto questo. So solo quello che ho guadagnato. Una bellissima storia vissuta e narrata da due bellissimi occhi. Scusate, valigia.

La storia, una storia, di Giovanni, Aurora, Mara che incrocia e incrociano storie: il movimento, la politica, il ’77, il muro di Berlino, l’amore, la tenerezza, la passione, il coraggio, le divisioni, le strade giuste e quelle sbagliate.

Dal racconto al libro, una storia di lacci

20141216_165002Sinteticamente,come un tweet, non tutto e’ a caso o per caso e  tutto quanto potrebbe sembrare un “saltabeccare” in realta’ non e’. Ordine, disordine, fuori e in testa. I lacci sono stati slacciati e riallacciati, con un certo ordine o disordine, come una casa o come quel che ci portiamo in “testa”ai nostri pensieri e nelle nostre gambe. Dipende da chi, da cosa e dalla storia. Dipende. “Ognuno ha i lacci suoi”, ho sostenuto fin dagli inizi e ognuno, a modo suo, allaccia, slaccia, intreccia e cosi via. Il libro aprirebbe la porta a tantissime storie, ma non si puo’ rivelare nulla, solo consigliare, di andarlo a comprare, perche’ personalmente l’ho trovato davvero interessante, di quelli che al termine dici: “Peccato sia terminato”. Il tweet sta per terminare….e come nel racconto, un gatto osserva la scena…Il suo nome e’ Labes….ps. Non cercate su google ma infilatevi in una libreria e comprate “Lacci”, di Domenico Starnone. Buona lettura.

Un ringraziamento dovuto a Massimo e alla libreria Giunti al Punto.

Un libro che parla di molti, di noi, di molto in genere. Tra le righe qualcosa di dirompente comune a tanti e per questo ho deciso che ne faro’ omaggio con un paio di copie. Detto fatto…comprati.

 

I sogni dei torinesi tornano “sotto l’albero”. Ci Ri-riproviamo?

20141203_091610A distanza di un anno i torinesi espongono i loro sogni sotto l’albero, meglio, sopra l’albero posto nell’atrio di Porta Nuova.DSC02330 Cosa hanno messo i primi sei in cima all’albero e ai loro desideri? Ecco i primi sogni, desiderata. L’anno scorso merito’, anzi, i torinesi e le loro letterine meritarono una pagina sulla Stampa di Torino per finire poi, dopo la Befana che notoriamente, tutte le lettere si porta via,   a Roma sotto la lente di ingrandimento di qualche studioso. Quindi, ragazz*, scrittori di lettere e pensierini, quest’anno, occhio a cosa e come scriviamo….Ps. pero’ almeno “restituirci” qualcosa di quei sogni richiesti….li guardo, li guardo, li osservo, mi osservo…ci siamo capiti, no?  Qualcuno ci ha somministrato alcuni test, abbiamo risposto, bene, ora, dateci la nostra parte. Fateci sapere qualcosa. Gusti, desideri, amori, sospiri. Insomma, dato che è un test, potete inventarvi qualcosa, magari una “bacheca” per far incontrare chi. E’ passato un anno, noi abbiamo scritto e detto, dateci riscontri. Insomma, cara La Stampa, arma di penna qualche giornalista e che la caccia abbia inizio. Che ne so, per esempio: “Ci avete riprovato? Raccontateci” oppure, ” Cari torinesi, come è andata?”

Per quanto mi riguarda, in un anno, tanto è stato fatto, scritto e detto. Una palestra di scrittura, autodittata.  Pagine dal blog all’albero…A proposito, e l’augurio con un biglietto di sola andata? No, non e’ un caso come ho gia’ scritto sul blog aver terminato il libro proprio qui (caspita come è difficile scrivere con il tablet e borse da tutte le parti…) “Io viagg* da sol*”.  Un libro davvero stupendo. Lo consiglio. Per iniziare a viaggiare. O meglio, continuare.  Prendo la strada per il rifornimento, di libri, ovviamente, da Feltrinelli, ma una domanda mi solletica. Ma chi e’ Tina da far diventare “normale”?

20141203_091730Nel frattempo pensero’ a qualcosa anche io, un desiderata. Nel frattempo dovro’ comprare il “corredino” per questo blog, che alla vigilia dei sei anni si appresta al suo primo giorno di scuola. Un’annotazione: va bene la recessione e la crisi, ma possibile che dobbiamo fare tutto in riduzione? Ma quanto è dimagrito negli anni questo albero?20141203_09170120141203_091720In serata anche in via Garibaldi “rispuntano”alberi muniti di tutto punto….20141203_171247Torino, via Garibaldi. Foto, Borrelli RomanoTorino, via Garibaldi, foto, Borrelli Romano

Dal cappello, una storia. Con tanto di …cappello. Almeno per un giorno

Torino 30 novembre 2014, fermata Metropolitana e facciata stazione di Torino Porta Nuova. Foto, Romano BorrelliTorino, 30 novembre 2014, atrio stazione Torino Porta Nuova. Foto, Romano Borrelli Domenica mattina. Torino, 30 novembre. Pioggia insistente, ma non fastidiosa. Ho programmato di ritagliarmi alcune ore di tempo, di questa mattina, per  imparare a “farmi compagnia”. Un po’ di libertà da utilizzare per terminare la piacevole lettura di un libro, suddividendone il piacere, meglio, quel che restava del godimento di quella lettura, in termini di pagine, tra le due stazioni ferroviarie di Torino: Porta Susa e Porta Nuova. Una lettura, non sotto le coperte, tempo permettendo, ma comunque al coperto. Una buona lettura, ripara sempre. Protegge. In entrambe le stazioni, la prima di passaggio, la seconda terminale, ho cercato una “buona terrazza”, una di quelle di uno dei caffè in esse presenti. Via vai continuo di gente. Scale mobili, tavolino, pila dei giornali. Oggi è domenica, e il Corriere della Sera ha un allegato, Lettura. Repubblica, al suo interno, propone alcune recensioni di buoni libri. Poteva mancare La Stampa. Certo che no. Mi sistemo, come fosse uno scompartimento di un treno. Davanti alcuni turisti aprono come una tovaglia la cartina di Torino. Butto l’occhio. Sembra di volare sulla nostra città. Riconosco corsi e viali alberati e so esattamente quali scuole sono localizzate in alcuni tratti. Il lavoro, non se ne sta mai tranquillo. Dietro, alcuni ragazzi alle prese con tabacco e cartine.  Al mio fianco, qualcuno estrae una carta. Da cinque. Pronto per il conto. Torno sulla mia, di carta, del libro. Dieci pagine a testa per stazione,  per la par condicio. Terminate, pago, e compero uno degli ultimi biglietti della metro, shopping, tre euro per la durata di quattro ore. Tempo di utilizzo, dalle 9 del mattino alle 20. Recupero le scale mobili, attraverso la “dorsale” della stazione, altre scale mobili. Poche fermate e sono nell’altra “pancia”, a Porta Nuova. La metro ha lanciato un fischio. E’ ripartita, direzione altra stazione. Lingotto. Peccato che il Lingotto in questione, sia un centro commerciale. Il Lingotto stazione ferroviaria, è altrove. Dall’altra parte del muro. Recupero la penultima scala mobile. Sono nell’atrio. A destra, piove. Alcune transenne perimetrano la potenziale “vasca”. Sento un profumo famigliare. Odore di stampa, di libri e di brioches. E’ la Feltrinelli.Torino 30 novembre 2014, Porta Nuova, liberira Feltrinelli, foto, Romano BorrelliHo tempo. Dieci pagine in fondo si leggono velocemente. Entro, mi piace la disposizione, l’odore dei libri. Mi muovo a mio agio, tra i libri. Ne annoto qualcuno. Un paio nella mente, altri, sulla memoria del cellulare. Mi piace passare da qui. Quando devo viaggiare, ma anche no. Così, come capita. Appena uscito dalla libreria recupero la scala mobile. Una terrazza, un tavolino. Mi sistemo. Come è cambiata Porta Nuova. Sempre bella. E’ una bella signora che non mostra la sua età. Un po’ di trucco sulla facciata e qualche lacrima al suo interno ci possono stare. Il resto è in ottima forma. A tratti, splendente. Al tavolino, sedute appena dietro,  un paio di ragazze si scambiano le “news” della serata torinese appena trascorsa. Non recepisco se  immerso troppo a fondo nella lettura del libro o se in fondo le ragazze che si scambiano le loro confidenze, con un timbro  alto siano una realtà di fatto.  Fatto è che ieri, a Torino, si è concluso il Tff e all’uscita da una delle sale di proiezione, di una tal sezione, un ragazzo  che era in compagnia di una delle due si è dichiarato, proprio come capitava una volta, con il permesso di un bacio. Tanto di cappello. Forse, non era un caso il voler terminare la lettura del libro, proprio qui, fra viaggiatori e sognatori, nel momento esatto in cui leggo “quanto effettivamente sia lungo il minuto passato con la mano sul fuoco di cui parla Einstein (al contrario di quello, superveloce, che viviamo baciando qualcun*”).Torino 22 novembre 2014, piazza Castello, foto, Romano Borrelli (2) E dal cappello non soltanto ne è nata una storia e il biglietto, dopo quello del cinema, per un viaggio nella vita. La cosa curiosa è che ad un certo momento ho sentito le tazze dei cappuccini “baciarsi”, questa volta, senza dolcezza,  e sentire dire la ragazza, alzandosi in piedi: “Io non viaggio più da sola”. Sorrido, chiudo gli occhi, e ripongo il libro. In copertina, una bellissima ragazza, abbraccia un trolley. Il titolo? “Io viaggio da sola” (Maria Perosino. Super ET. Einaudi).

Dopo aver riposto il tutto, giornali, libro, e biglietto, esco per un attimo solo dalla stazione. Ovviamente, restando in tema, caffè espresso. Il tempo di attraversare il corso, e proprio accanto all’Hotel Roma ( fa  sempre breccia il profumo di un grande della letteratura, Pavese.) e  centinai di cappelli esposti nella vetrina, in  vendita, solo per oggi compaiono alla mia vista.  (Alessandro Finessi, temporary shop per un giorno)Torino 30 novembre 2014, piazza Carlo Felice, cappelli per un giorno. Foto, Romano BorrelliTorino, 30 novembre 2014. Cappelli per un giorno. Foto, Romano Borrelli E dal cappello, una storia. O meglio, dal cappello di quella storia un tema  che si svolgerà a quattro mani: qualcuna  (e qualcuno) da ieri sera non viaggia (viaggerà) più da sola. E per la storia del bacio e del permesso richiesto (e accordato): togliamoci il cappello. Almeno per un giorno.

Ps. è piacevole pensare che il viaggio non termina ma comincia.

Ancora un grazie alla scrittrice Maria Perosino, per questo lascito. Si sente molto la sua mancanza.

Ps. Oggi su La Stampa, in evidenza La Ristonomia. Pagine colazione consigliata. Vot0 7. Felice di esser andato quasi un anno fa. Mi è sempre piaciuto il clima famigliare e …………la sala giornali e riviste poi……..Torino, La Ristonomia, interno. Dove c'era Barattero, gastronomia, ora ristonomia. Foto, Romano Borrelli.

Rifletti, ti, per Torino

 

Torino. Spuntano specchi. Rifletti-ti-To. Foto, Romano BorrelliD’estate, Torino, possiede un fascino particolare. Soprattutto al mattino. Qualcuno corre, altri di ritorno dal giornale, serrande del bar che si alzano.  Alle 6.30 qualcuno aspetta il 60. O il 52. Ma non importa. Camminando verso il lavoro pensavo alle percentuali di chi avrebbe preso il primo e chi il secondo. Fosse stata la fermata del 49 avrei pensato alle scelte indicate dal libro di Maria Perosino, al 49% eall’1%  mancante, il  talento.  Noto con piacere che sotto la Foto, Romano Borrelli. Incrocio con corso Valdoccopalina” della GTT un paio di persone, leggono. La fermata è proprio vicina al passaggio pedonale, per cui, nessuna fatica mi è richiesta per notare che il segnalibro dell’uomo è un badge. Quello della ragazza, una tessera punti di una grande catena di distribuzione di prodotti alimentari.  Il libro dell’uomo è La coscienza di Zeno. Quello della ragazza, Il piacere.  Combinazione: libri da maturità. Studiati, analizzati e ora discussi, chiacchierati: struttura, personaggi, autori, periodo storico. Sedia della maturità che si muove e mani che sudano. “Rifletti“, invita il commissario. E il candidato, riflette. Non mi è difficile sbirciare quei libri adagiati tra le mani di chi attendeva il bus. Immaginare quelle trame, quei personaggi, quanti prima di loro avevano avuto tra le mani tanta bellezza.  Penso a quei personaggi, “vivi”, dispersi tra quelle pagine, in quel momento,  liberi, di scegliere, di decidere. Personaggi liberi. In lontananza ho intravisto un bus. Il primo pensiero è che molto probabilmente quei libri verranno richiusi, prima di salirvi, e che quei personaggi, momentaneamente, verranno messi a riposo.  Chiusi, anzi, richiusi, tra parentesi. Probabilmente sarà così. E difatti, è andata così. Riprendo il mio percorso e ripenso al mio, di libro. Appena concluso. “Le scelte che non hai fatto”, di Maria Perosino (edizione Einaudi).  Mi è piaciuto talmente tanto che mi è spiaciuto averlo terminato. Una sorta di tristezza che ti avvolge, come una storia giunta al termine. I saluti con chi non vorresti mai lasciarti,  perché era bello, “nello stare insieme”. Una sorta di richiamo. Bastava poco. Perché tra quelle pagine ci puo’ essere molto di noi. E molto di loro, di quei personaggi, in noi. Bello, perché è un inno al presente, all’invito ad esplorare il mondo, e un po’ di “vite da vivere”. E quindi, un grazie alla vita. Il libro già dalla copertina è molto bello, come molto bella la ragazza, davanti a scelte.  Capelli sulla schiena, Un profilo. Grazioso. Una felpa, probabilmente, e una gonna di velluto. Gli stivali. Two direction. “Two non è meglio che one”. E nonostante cio’, la ragazza pare avere le idee chiare. Sembra comunque decisa, dove andare, cosa fare. Il punto è cosa sarebbe successo se… “Se quel giorno non fossi rimasto bloccato dalla pioggia, se mio padre mi avesse lasciato libero quella domenica pomeriggio invece di portarmi a far visita alla nonna, se mia madre non mi avesse asfissiato con la matematica, se lei non fosse stata in biblioteca, se non si fosse messo di mezzo una poesia, un libro, gli ex…”se, se, se…Se ai quali non manca mai il lieto fine.  Una vita non vissuta che si prende la  sua “rivincita” togliendo luce e emozioni alla vita che si vive, realmente. Un presente che poteva andare diversamente. Il contenuto, le pagine del libro, stupende. Ognuno potrebbe sostituirsi ai personaggi e  provare a  vedere l’effetto che fa. “Reimparando la fiducia negli altri”.  Penso e ripenso determinate situazioni, incontri, viaggi, arrivi, partenze. Un biglietto sbagliato poteva significare altre mete, altri viaggi. Un banco in classe avrebbe significato altri compagni, altre amicizie. Sogni infranti, distrutti. Sogni che si avverano, ma che rivisti e ripensati, quando realizzati, potranno  essere considerati progetti. Cominciati da molto prima. Prima di tutto. Man at work. Pensare, riflettere. Che strana cosa, pero’, rifletto, osservando una mania che prende piede in uno spicchio della nostra città. Uno specchio sul muro: “Riflettiti”,  dice, specchiandoti. Che strana cosa, la conclusione di questo bellissimo libro, di una torinese, “Le scelte che non hai fatto” e la trovata e l’incontro di questi specchi che aiutano a…riflettere. Il mare d’inverno, una sala d’attesa di una stazione della riviera, Torino e molto altro ancora. Sogni? Progetti? Rifletti…Riflettiti pure. Calati un obiettivo in testa. Fotografa quelle situazioni in cui potevi, dovevi scegliere, magari condite da un che di nostalgia, o forse no…ma ricorda che il presente è un mondo da esplorare. Calati un obiettivo.

Al “casello” del supermercato

Torino. Scuola Holden. Foto, Romano BorrelliTorino, scuola Holden. Foto, Romano BorrelliIn coda al supermercato.  Tutti in fila, al pari delle auto che si avviano lentamente verso i caselli,  in periodo  da esodo estivo. Ci sono i numeri, le casse, i semafori. Piu’ quelli rossi che i verdi, a dire il vero. Anzi, una sola alla cassa. Pos-sibile? Yes, “loro have to”,  lei “pos”. Da tanto. Da oggi per altri.  Come tutti. Per un “pedaggio” da 30 euro in su. In coda si sentono storie di ogni tipo. Vere o presunte. Lavoro in primis. Come quelli che raccontando di colleghi di lavoro che fanno tutto loro, da lunghissimi 25 anni o forse più e i giovani, naturalmente,(a sentir loro) che non fanno nulla. Quindi, fannulloni. Penso allora che in ogni posto di lavoro, qualcuno si caratterizza sempre. Altri  riportano discorsi tra fidanzati: “Allora, ieri sera, con la fidanzata, abbiamo visto quanto possediamo in cassa, al fine di poter organizzare le vacanze estive. Sai, non abbiamo un c…o. Cioè, non abbiamo nulla. Avremmo voluto tanto andare a Ibiza. Ci resta come possibilità una vacanza da  due settimane in Salento, da un’amica della fidanzata. Ma sai, questo vuol dire mangiare, dormire, giro di parenti che nemmanco conosco. Paesi impronunciabili sotto un sole cocente”. Qualcuno, in coda, “entra a gambe tese” nel discorso  facendogli notare che sta parlando del Salento: a zero euro. Come la vendita di una macchina. Kilometri zero. “Una meraviglia”, continua sempre il “giocatore” che è intervenuto. Lui risponde: “16 ore di viaggio. A Nardo‘!” Nardo’, manco avesse detto Cucusciansci, spettatore del Maracanà, stadio Brasiliano A parte che a Nardo‘ ci abita la Pina e Sergio, famosi fruttivendoli e già questo basterebbe per soddisfare  la curiosità. Di Nardo’.  Ma ragazzi, il Salento!!! E di discorsi in discorsi la mia curiosità, spinto dalla lettura del  libro di Maria Persosino, “Le scelte che non hai fatto” (Einaudi) è quella di  verificare se chi sta davanti alla cassa mette la barra “cliente successivo” per separare la sua merce da quella del cliente successivo. Le manie di molti, di tanti. Niente. Tutti quelli che erano diretti sulla” A16″, supermercato-casa,  non hanno mosso neanche con un dito la famosa barra…spaziatrice. La musica di sottofondo intanto induce a pensare agli esami di maturità in corso. Il ’68 in  Francia, il ’69 in Italia, il movimento studentesco e la classe operaia, lo Statuto dei Lavoratori e le conquiste. Un pensiero al mio professore, di corso e di esami, divenuto poi relatore e uno al controrelatore. Altra musica. Altri film. Veri-veri.  Un romanzo a scelta: “struttura de il Piacere”.  Poi, il racconto di un film, Taxi-driver,   e ancora semafori, targhe, campi, il tassametro. Il pc e la chiavetta che non va. Povero candidato.  Già, la chiavetta. “Non importa, dice un commissario, sollevando il candidato. Tanto è un capolavoro. Lo hanno visto tutti“. Film che io non ho mai visto. Come altri. Play list mai arrivate e mai ascoltate. I titoli di coda passano, lentamente, come il candidato. The End. La scuola è terminata, il candidato si è sollevato.  Dalla sedia. Ed è sollevato, dopo questa ultima fatica. La ragazza con la frangetta si prepara ad entrare in scena. Tesina in mano. Il pubblico è folto. Da parte mia ho appena pagato il pedaggio. E’ stato salato. The end.