Caffe’ nero e bollente. Bicchiere di plastica tra le mani, appoggiato alle labbra, gustando una “miscela arabica” che si fa strada, lentamente. Sorso dopo sorso. Osservando la Freccia. Ferma. Che tra poco si scagliera’ vetdo la dorsale appenninica. Campane a festa in ogni dove. I prati sono in fiore. Glicine. Colombi. Colombe (sempre Sida) e cioccolata di ogni tipo: latte, amara, fondente, extra. Profumi anche tu, certo. Parchi cittadini in movimento.
E cosi treni alle stazioni. Finestrini e musi e nasi e visi appiccicati per osservare e appannare meglio. Capelli di fresco, stirati, neri, lunghi, frangia, occhialetti calati sul naso, libro tra le mani, come breviario. Mano aperta a mo’ di ciao. “Ciao”. Bus in un continuo via vai e panchine e sedie che aspettano ( forti “quelli di corso Umbria che aggiungono sefie alle panchine a ridosso della fermata. E non si comprende se per l’attesa piu lunga dei bus o altro). E allora buon viaggio e buona Pasqua. Senza preoccuparsi troppo della meta. Certo. L’importante è tornare con occhi nuovi.
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Leggo per legittima difesa
Missione compiuta. Una classe ora possiede in “tasca” nozioni su Giotto e la Cappella degli Scrovegni. Ovviamente la visita riguardava il modello riprosto qui, a Torino pressol’Istituto Faa di Bruno, in via San Donato. Arte non facile, quella espressa da Giotto, ma studenti disposti all’attenzione verso un tema cosi complesso. L’imprtante era interessarli e suscitare curiosità in quei visi, colori, emozioni, impressi nelle tevole. Obiettivo raggiunto. Al ritorno, lettura, ricordando Primo Levi. A trenta anni dalla sua morte.
Lettura, in piazza Umbria, a Torino. Immerso nei rumori del traffico cittadino e una parvenza di verde, natura e sedili vuoti, e uno, suggeritore di titoli di libri e pagine che aiutano nell’evasione di quanto si muove alle mie spalle: bus, auto, motorini…. leggo, per legittima difesa.
Lettura come legittima difesa.
“Elogio” del riassunto
Torino. Ore 8.00: la campanella suona per tutti e anche i clacson delle auto fanno la loro parte. Nel suonare. L’odore del catrame si spande e il rullo modella su una striscia d’asfalto il nuovo tratto di Corso Principe Oddone. “Stanno asfaltando, stanno asfaltando. Accorrete. Viniti (in dialetto)” urlano eccitati alcuni anziani come per l’arrivo delle giostre. Una attrazione che li impegnera’ e li trasformera’ per alcuni giorni in geometri e architetti. Si piazzano li dove correvano i binari del treno e per loro lo spettacolo e’ assicurato. Almeno per qualche giorno. Poco prima erano “affacciati” su corso Umbria per altro evento, sostanzialmente diverso. Per un attimo anche io ero del loro gruppo. Sulla strada, a guardare. Sfogliavo mentalmente i giornali e ripensavo a maggioranze e opposizioni. Chi asfalta chi. “La strada”. “Era il tuo libro preferito, ma non comprendevo le tue parole e i suoi riferimenti. Ieri mi mancavano le parole per dirlo, oggi mi manchi tu e ora parlo al …vento e “BlaBlaCar”…Ma allora le parole erano dritte al cuore”. L’odore nell’aria e’ forte, di usato. Riprendo la mia strada, Porta Palazzo, Borgo Dora, il Serming, la scuola Holden Continua a leggere “Elogio” del riassunto
Torino ieri e oggi
Torino…………nella sua dimensione…attenta. Ieri, 1926, oggi, 2015. Oggi, davanti ad una buona merenda, un the, pasticcini, nell’identica pasticceria di ieri, seduto, alla Sida. Sono intento ad osservare questa bellissima fotografia, della famiglia Mangiardi, ( e nella fotografia, ci sono davvero tutti, a mio modo di vedere) che ritrae una Torino del 1926. Da fare, da farsi. Prospettive e futuro. Mi concentro sulla locomotiva che apre la strada al futuro. Non solo una foto. Un progetto. Una locomotiva che “taglia” Torino. E allo stesso tempo la apre. Al futuro. Riconosco Corso Umbria. Operai al lavoro. O forse persone lungo i binari. Strada ferrata verso est che ora non esiste più. O meglio, esistono, ma sono interrati e da qui, dagli interni “dolce” e “dolci” è possibile are. Li sotto, dove transita l’alta e la bassa velocità , l’affaccio è sul pc mica dal finestrino, come accadeva quando qui c’era…il treno. “Eh, quando passavano i treni da qui….” mi sussurra una persona “saggia” intenta a gustarsi il suo the (“senza zucchero”, dice a se stesso) e alla vetrina dei pasticcini di ogni tipo e fattezza. Un “vorrei ma non posso” è interpretabile dalle sue dolci, lente movenze. ” Mi si nota di piu’ se mi alzo e li prendo o se resto a guardarli e fissarli di continuo, quei pasticcini”? Sussurra….”Ma secondo lei“, mi domanda, “ci sarà ancora della gente che vuol stare seduta vicino il finestrino?” Bho…chissà. Pero’ ha ragione. In questo tratto, eravamo in molti, appena qualche anno addietro, a stare attaccati al finestrino del treno, “interregionale” Torino- Milano, cadenzato ad ogni ora esatta. E proprio questo angolo di Torino, appena spuntati dal breve tratto di tunnel ti si presentava agli occhi per primo, con la pasticceria la farmacia Ausiliatrice, la cupola della Basilica, corso Regina Margherita e Principe Oddone erano un po’ il segnalibro di questo dolce libro che si chiama Torino. Se andavi verso Milano, ti gustavi la citta’ con i suoi primi cambiamenti. E la storia. Il sacrista salesiano più anziano di Italia, e la sua storia, una missione nella missione ( manca poco e saranno “99”), la pasticceria Sida, tra “tradizione e innovazione” che resiste e “surfa” sulle onde della globalizzazione della rete, e vince perche” fa rete con la tradizione e l’innovazione, e insieme a questo luogo e quelli ricordati, la panetteria Corgiat, un ex internato militare, Gherardi Natale e il suo scatolificio e le scatole che lui le fabbricava, mica le rompeva ‘ne’. Sulla stessa via, l’oratorio…e ancora la scuola materna dove ora i bambini suonano il violino…E quanta storia….bamboline russe….Se viceversa andavi verso Porta Susa, cominciavi ad alzarti. L’arrivo e la discesa erano prossimi. Ha ragione, la saggezza. Un tempo, quel posto ce lo si contendeva. Stare alla finestra di un finestrino. Anche a me, “Piace”molto. Ora, sotto il tunnel, nessun interesse. Una galleria, fino quasi a Stura. Chi vorrebbe stare al finestrino senza vedere nulla? “Vorrei ma non posso”, ripete la saggezza. Pero’, torna a sussurrarmi, ” vedere e non gustare, e’ una cosa un po’ brutta da provare“. Ha ragione. Si alza e ordina. “Ci pensero’ domani. Oggi proprio no. Voglio coccolarmi”. E addenta una pasta. Ritorno con lo sguardo sulla foto.
Gente. In attesa del treno, o di un treno, già in quel periodo. Binari, dove ora, all’ora di pranzo, da qui, si vedono la rotonda e qualcuno pure il mare. Già. Il mare. Lungo i binari, a passi lenti. Verso domani. A passi lenti, come dalle parti di Porta Palazzo, poco distante da qui. Un giro per Torino e scopri che Costantino ha trovato casa, meglio, un letto. Una buona notizia. Ora, la panchina in ferro posta sotto la pensilina del bus (vedere articoli precedenti) Costantino la usa solo per sedersi e contare in un passatempo i bus che lentamente passano e si avviano al loro capolinea. Legge il numero di serie, quante persone scendono e quante restano. Di tanto in tanto allunga la mano, per una sigaretta. Spiaccica solo qualche parola ma si fa capire. I bus stancamente ripassano, dopo il loro lungo percorso. Costantino da una rapida occhiata all’orologio elettronico, sopra le piante, oltre le siepi, posto sopra il palazzo, forse di un albergo. Conta, Costantino. Conta i minuti in più o in meno rispetto al precedente giro del bus. Per un attimo è come si salutassero. Chissà quante volte nell’arco di una giornata, Costantino e bus si scambieranno un saluto e una risata che poi, altro non è lo stridore delle gomme. Pochi minuti per la sosta. Poi, tutto riprende. Come prima. Con qualche accelerata che nella vita ci sta sempre. Ragazze che non sanno cosa sia facebook e usano la macchinetta per le fototessere. All’uscita di quei quattro francobolli li osservano, si guardano e si abbracciano. Un abbraccio condiviso. Alcune smorfie, sorrisi. Entusiasmo. Mi piace. Finalmente qualcosa di concreto. Guardando oltre.
Prima pietra “d’inciampo” per Gelindo Augusti. Via Vicenza 23
Documento la posa della “pietra d’inciampo” (o stolpersteine, cosi sono state chiamate da chi le produce, Gunter Demnig) in via Vicenza 23, a Torino, per ricordare Gelindo Augusti, arrestato in seguito agli scioperi del marzo ’44. Deportato a Mauthausen, assassinato nel 1945. Altre 27 “pietre” ricorderanno, tra oggi e domani, le vittime della Shoah.
Un vento caldo, un tepore inusuale per Torino, in questi giorni. Esco, diretto verso via Vicenza 23, a due passi dall’ Ipercoop, e altri due da via Don Bosco, corso Umbria, Piazza Umbria, ler assistere alla posa della pietra di inciampo per Gelindo Augusti. Sul selciato, resta, per il momento, il cemento fresco. Per sempre, il ricordo, la memoria, di quanto è stato.
Saranno poste in 5 circoscrizioni di Torino, le “pietre di inciampo” e ricorderanno ogni singola persona vittima della deportazione nazista e fascista.
Una “pietra di inciampo” che aiuti, nell’incontro, a soffermarsi e riflettere a quanto e’ stato. Ancora domani, domenica 11, verranno fissate altre ” pietre di inciampo”, accompagnate da uno sportello che prenderà in carico le richieste (di altre) al Museo Diffuso della Resistenza. Basta scrivere una mail, a pietredinciampo@museodiffusotorino.it oppure servendosi del numero telefonico 346 9646238). Al tutto si accompagnerà una ricca attivita’ didattica che sfocera in una giornata ancora più ricca di eventi’ il 27 gennaio, Giornata della Memoria.
Un lettore del blog mi ha segnalato di aver partecipato alla posa dedicata al ragazzo della quarta elettricisti dell’Avogadro (scuola) arrestato per la sua opposizione politica.
Ricordarndo Pavese
“Null’altro chiedo alla vita se non che si lasci guardare”. Così scriveva Pavese. Ed è proprio così. Osservare il paesaggio o la bellezza di un monumento o lo spettacolo della natura nelle sue variopinte forme. A piedi o da un finestrino. Di un tram, o bus o di un treno. o All’alba o al tramonto. All’alba, per chi fosse “costretto” ad aspettare un bus, lo vedi spuntare, o li vedi, da quella che un tempo era l’acciaieria Mentre ora, centri commerciali suturano parte di una Torino operaia. Poche persone in attesa del 52 o del 60. Il 40, da qui non passa. Neanche il 59, ma su questo, mancava una intesa. E non passa nemmanco l’articolo. Aspetto il 60, quello che un tempo era degli operai Fiat, del Lingotto, ora, oggi, terra di “Terra Madre” di quelli alla catene di montaggio e hanno fatto la storia e la studiavano anche. Quelli delle 150 ore e della licenza di terza media ottenuta in questo modo, faticando, e che da tanto mi ispira la voglia di fare una ricerca su di loro, sul mondo della scuola, di quella scuola-lavoro e di come e’ cambiato quel mondo, da una scuola di massa ad altra scuola di massa, liquida, meno forte. Torno ai miei pensieri, nell’attesa e nella salita. Altre sedute sul bus e una manciata in piedi, a guardare oltre, o dentro. Un anota di cronaca: la targa in marmo nei pressi di via Livorno, corso Umbria, non e’ stata ancora riposta. Pochi soldi in circo…lazione, si, anche, In circoscrizione. A piazza Statuto molto sembra luccicare e cosi la stazione di Torino Porta Susa. La discesa, dal bus, la discesa, dalle scale mobili, l’attesa. E nell’attesa, nel giro di pochi minuti, la fantasia percorre dorsali adriatiche e tirreniche. La provincia, nvece, non gusta molto. Sara’perche’ e’una destinazione reale e li la fantasia non trova mai posto. Poi la realta’ dove vorrebbe si scontra con i suoi non si potrebbe….Il treno, trenino, arancione, o minuetto, fischia, e chiede la sua attenzione. In segno di rispetto, tutti in piedi. Lasciare il posto ad anziani, donne e bambini. In realta’, nello scambio di posti tra chi scende e chi sale, a terra, seduto o in piedi, non resta quasi nessuno. Almeno al 5. Quelli che sono appena scesi si disperdono, quelli saliti, si raccolgono e si stringono per trattene quel po’ do tepore del letto.Appena lasciato, rifatto, talvolta disfatto. Le cittadine, osservate dal finestrino minuetto, corrono via, l’una dopo l’altra…velocemente. Nel mio piccolo, viaggio, posto, Recupero il gusto della lettura, di qualche grande, di un giornale, di un libro. Poi, l’arrivo, lento, negli ultimi metri che mancano dagli ammortizzatori del binario 2, la discesa, la pista ciclabile ch termina o comincia qui, al binario 1 di due, il bar, l’edicola della stazione, il profumo del pane fresco di una panetteria, e altri profumi e odori di campagna. Lo stallo per le bici e la stalla per le mucche, le stelle in cielo e le stelle di qualche mano che le ha disegnate per strada, a ricordo di un amore o qualche amore. La stradina, il bar, la chiesa, la salita, i ragazzi che si avviano, testa china e zaino in spalla. I giardinetti e alcune scritte sull’asfalto.
Alcuni chiacchierano e altri scherzano nella loro funzione, mica matematica, ma di macchina nel tempo. E’ stupendo come i loro discorsi, le loro risate riescano a riportare, lontano nel temp le lancette della nostra vita. Indietro, indietro ai nostri “15-“18“. Poi varchi il cancello, il primo, il secondo, la palestra, l’entrata….poi, centralino, bidelleria, uffici, didattica, i due per tre (l’equivalenza dei tagli del personale) luci da accendere e scuola che si accende. I ragazzi, pure. Il datario da cambiare, il timbro e il badge da timbrare. Infine, il timbro ad un’altra storia che non e’ tempo, o non ho tempo, di raccontare. Talvolta kafkiana, ma pur sempre ….vita. L’orologio, il badge, l’uscita e…tanti saluti.
Al ritorno, come nulla fosse “ricominciare”, risulta una breve parentesi, un sogno, in parte realizzato. Una tappa. Occhi incollati al tabellone.Sembra una graduatoria, che scorre, va avanti, torna indietro. Una parentesi. Qualche treno fermo, causa sciopero, alcuni in ritardo. Ma prima o poi, il treno, arrivera’…
La mia Torino…
Come detto in altre occasioni, la mia Torino, non confluisce a Piazza Vittorio. Non solo. Un giro dalle parti di Parco Dora. In lontananza, lo scheletro di quella che è stata una fabbrica, un monumento al movimento operaio. Ora, si corre, si socializza, si gioca, si studia, ci si fotografa, si contempla, si prega, si ascolta il rumore del fiume, si raccolgono ricordi sbrecciati che univano qualcuno, si fanno “book”.Forse da tempo ha perso i cartelli storici, che ne rammentavano i pericoli ma oggi, Parco Dora pare aver trovato una nuova vocazione, trasformandosi in un set televisivo: Peppone e don Camillo. Ebbene, da lontano, si nota una bella bandiera rossa che sventola proprio davanti alla Curia e i suoi uffici. Forse è il ben venuto o il “ben tornata” alla sinistra radicale presentatasi con la lista Alex Tsipras, “l’Altra Europa“. O forse, un simbolo. Avanti a sinistra. Chi lo sa. Noi lo registriamo, lo raccogliamo e socializziamo questo evento.
Questa volta non è un typos, un’ombra, una prefigurazione. Anche se con queste nuvole è facile immaginare il fumo delle ciminiere un tempo ivi residenti, lo sbarramento è stato superato.
In ogni senso. Anche per posizionare la bandiera. Una foto che sembra uscita da qualche libro di storia. Da fine seconda guerra mondiale. Una bandiera, rossa, piazzata da un soldato dell’ armata rossa. Che sventolaa sui palazzi di Berlino.
Ci Che si vede ogni volta che si sfogliano le ultime pagine del libro di quinta superiore. Lo sbarramento è stato superato. A proposito di ombre. Bello il disegno di una bicicletta sull’asfalto, parcheggiata per una dichiarazione d’amore. Unico neo, e da questo blog lancio un appello, in Piazza Umbria, corso Umbria, c’era una volta una iscrizione in marmo “Torremaggiore”. Non se ne capisce il motivo ma “giace” su una panchina. L’iscrizione in marmo è stata rotta in più pezzi. Una pericolo e una ferita nel cuore. Speriamo che il giornale cittadino se ne faccia carico per rimbalzare la notizia e sollecitare le istituzioni, in modo tale da posizionarne una nuova.