Poche ore e metteremo “in tasca” anche il mese di gennaio, così lungo, intenso, anche se breve, almeno sulla carta, al rientro dalle vacanze natalizie. Scrutini, consigli, consegna pagelle. Di neve, neanche a parlarne. Le temperature annunciano una strana primavera, ma che fretta c’era non è dato saperne. Di Sanremo, al momento, oltre ai ricordi, qualche polemica su di un cantante. Perche si sa, Sanremo è sempre Sanremo. Per le temperature, invece, febbraio annuncia marzo, un pochino come il doppio salto del pedone sulla scacchiera. Un tempo avremmo avuto la neve oggi invece “piovono” mimose. Gennaio chiude come da tradizione con la festa di san Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani. Grande gioia e serenita nei cuori, nei luoghi Salesiani, in particolar modo a Valdocco, Torino, dove tutto ha avuto origine. “Chi dice che i giovani non vanno più in Chiesa?” Afferma il Rettor Maggiore, Angel Fernandez Artime, successore di don Bosco, osservando la Basilica del Santo sociale, piena di giovani, ragazze e ragazze.
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Ri-Buongiorno Conero
Buongiorno mondo!!! Il tempo di una doccia, per lavare e levare via la sabbia di ieri (Porto Recanati
resta sempre bellissima!)fare colazione, rimontare gli appunti sulla mostra di Sgarbi “studiata” appena ieri a Osimo
, (dopo aver “scroccato l’ascolto di una guida di un gruppo! divenendo cosi un accumulatore di storie. Cercavo il Lotto, come l’ho cercato qui a Loreto) e via, sono gia’ fuori
. Non prima di aver depositato accuratamente le chiavi. Il viale, ora in discesa, mentre qualcuno mi sfiora nel suo footing quotidiano. Completata la discesa, attraverso la strada, passo sotto l’arco, svolto a destra, la via e al fondo mi si apre la piazza con la sua la Basilica
e la sua campana Loretina,
, le mura, il piazzale (ne approfitto per studiare ancora una volta i significati delle formelle poste sulle tre porte della Basilica, rappresentanti scene dell’Antico Testamento
e la sala del Pomarancio
), i gradini. Da fare. Le mura, il piazzale, gli scalini. Comitive che arrivano. Andamento lento, gente in preghiera e in contemplazione. Cicale allegre. Da quassu’, da questa collina, l’autostrada e’ un lungo nastro d’asfalto in andata e in ritorno.
Fa caldo e qualche macchinina si specchiera’ anche sull’afalto. Sembrano tanti giocattolini e chi vi e’ dentro guardera’ quassu’ come sono solito fare io quando sono al loro posto o in treno. E da quassu’ guardo loro e sento il rombo delle macchine che sembrano cavalloni di mare imbizzarrito. Di tanto in tanto passano anzi, corrono le frecce sulla direttrice Bologna Lecce, lasciando, a seconda della provenienza, nebbia e sole. Da un po’ di giorni corre anche il Frecciarossa, pensa un po’. Mentre scarpino, in discesa
verso Loreto, qualcuno affronta la scalinata pregando in quella che e’ chiamata ” Via Crucis”; il monte e’ felicemente ricoperto da ulivi che sono belli, piccolini e il sole produce colori. Gia’ la luce del giorno sforna colori e piace guardare queste distese di terra bellissime. Che belli ‘sti colori! !!! Lo so, non dovrei scrivere cosi ma “lo fago”. Una bandiera polacca sventola sul riposo di tantissimi: a sinistra infatti si intravede il cimitero polacco
. Le cicale con i loro versi mi fanno compagnia in questi ultimi gradini e in un men che non si dica li ho terminati. Il mare e’ un pochino piu’ in la’, coi suoi colori e rumore. Una rotatoria, l’attraversamento, il viale e sono in stazione. Un suora e’ in attesa, per il viaggio inverso. Scruta le indicazioni per giungere al santuario. O chissa’. Forse, siamo un po’ tutti in attesa di qualcosa o di qualcuno. Per il mio treno dovro’ ancora attendere. L’attesa di un’oretta per Jesi. In biglietteria, nessuno. Ripiego al bar dove allungando qualche euro mi viene erogato il biglietto via Ancona. Ne approfitto per un caffe’. Mi siedo al tavolino, penso e scrivo. La bella estate comincio’ e comincia da qui. Amelia e Ginia, personaggi del Pavese. La bella estate.
. La sorte oggi aveva deciso la destinazione: Jesi. Arriva il treno. Mi accomodo, leggo, di tutto un po’.
Per recarmi a Jesi ho preso un treno per Ancona facendo cambio. Una sosta di un’ora e una breve visita alla cittadina. Un’altra ora e sono a Jesi. La cittadina e’ bellissima. Medioevale, gradini, mura. Che bella!! Un locale, ” C’est la vie” e una “trattoria della fortuna” potrebbero essere l’incipit del mio romanzo. Una coppia si vomita addosso parole su una telefonata fuori tempo o fuori luogo. Qui tutto e’ storia. La piazza con “Federico II”, il teatro, il porticato, i locali. Le cose da vedere, descrivere e raccontare sono davvero varie. Le appunto. Serviranno per le lezioni che verranno.
L’Epifania…tutte le feste si porta via
L’Epifania …quasi tutte le Luci…d’Artista si porta via. Le feste volgono al termine e domani si rientra a scuola. Ma oggi abbiamo ancora tempo per una passeggiata e rileggere le poesie di queste “benedette luci d’artista” prima che si spengano. “Ehi ma ti ricordi dieci anni fa? Torino 2006… Le Olimpiadi…il rosso cinabro, la passione da vivere che…lives here….o lived here. Tu che dici? Le luci le spensero a marzo!” Cosi raccontavano alcuni oggi, nei loro dialoghi post panettoni e cibarie varie che hanno messo alla prova fegato e stomaco. Ma i racconti piu’ interessanti erano in voga in alcune palestre. Bastava, con una scusa qualsiasi, prezzo, costo, orari, per una ipotetica iscrizione, avvicinarsi al bancone ed entrare in una di quelle, (ieri, ma anche oggi), per sentire certi discorsi (cibo, calorie e…)su questi 15 giorni appena trascorsi. Volete appagare la vostra curiosita’? Bhe’ facciamo un’altra volta, ok?
Facciamo solo un passo indietro e “rileggiamo” le parole di Francesco nella giornata di oggi: “L’esperienza dei Magi ci insegna a non vivacchiare ma a cercare il senso delle cose assecondando il cuore”. Occorre mettersi in viaggio. A domanda cosa hai letto, richiesta da lettori blog, rispondo: bhe’, ho preparato…il vecchio programma! Certamente fossi liberissimo parlerei dei Mosaici di Ravenna (vedere foto dei Magi), del significato del termine “compagni” (condividere il pane) ritrovato nel libro di Enzo Bianchi, ancora “Spezzare il pane”, poi, “Mangiare da crisiani” di Massimo Montanari, “Vino e pane” di Ignazio Silone e quel periodo storico, di pane, di vino e del “Cantico dei cantici”, “la persona e il sacro” di Simone Weil…e pagine e pagine esplorate se solo…Ma questo sara’ domani. Oggi c’era ancora un giorno di festa; facile intercettare “cacciatori” di saldi e befane per le strade torinesi a distribuire dolci vari. Belle erano belle, coi loro fazzoletti sul capo e menti allungati. Diciamoci la vetita’: certe ragazze con la “sbessola” non sono male! E poi poverine, a solcare i cieli sulla scopa non e’ che abbiano respirato il meglio del meglio. Questione di naso. Ma certe befane il naso sanno sempre dove ficcarlo.
Code nei negozi aperti e molti a socializzare con tutti ingannando cosi il tempo di attesa. Il Toro e la Juve in testa a tutto e nella testa di molti.I discorsi: “Le giovani vite spezzate delle partorienti (e figli) Giovanna, Marta e Angela mentre doveva essere cronaca e futuro, speranza e gioia. Si puo’ nel 2016 morire di parto?” E ancora il “guano di Roma”, il Giubileo, il referendum abrogativo o confermativo e “dove batte il quorum”, l’intervento del Presidente della Repubblica: “piu’alla Pertini o alla Napolitano?” Da caminetto, lo giuravano e vicino a questo ci va sempre la pipa. Ancora: il prossimo ponte. Beati certi professori che non devono aspettare Pasqua per la prossima fermata: Carnevale fara’ la sua parte. Ultima annotazione. Dopo tante polemiche di inizio periodo natalizio (meglio, Avvento)chiudo con la foto di un Presepe (Basilica Maria Ausiliatrice, Torino).
Buona Pasqua
Tutto ormai e’ quasi in fiore.E splosione di colori.Esplosione di boccioli Rosa. Bianco. Ciliegio. Pesca. In una natura che rinnova e si rinnova. Alberi dsi tronchi scuri e chiome frondose e coloratissime che incorniciano il circostante. E poi uova come simbolo di rinascita, di vita. Di cioccolata e sode. Da colorare. Perche’ si sa, colorare ci rende piu’ rilassati, a tratti bambini felici e contenti.E allora, colori amo. Dire, fare, baciare, lettera, testamento. Fiori, colori, festa.
E non solo il venditore di fiori e piante sommerso da quelli e queste sotto il suo tendone multicolore mentre accoglie l’uscita dei fedeli dalla Santa messa. Le campane in ogni luogo annunciano la Pasqua. La gente accorre per fruire “dei Beni spirituali”. Rinascita, Risurrezione dopo tanta Passione. Le Chiese traboccano di gente e le campane a festa dettano i ricambi per ogni santa messa per i fedeli. Chi entra e chi esce. Quotidiani, fiori e colombe sono indicatori che la gente si riappropria, oggi, del proprio tempo libero. Un’infilata di case su case, profumi di cibo dalle piu svariate provenienze
e una babele di lingue aiutano a comprendere quanto affacendate siano ai fornelli tante casalinghe. Fa freddo, parecchio. Un caffe, espresso, ristretto, un dolce di distensione, made in Sida e una buona Pasqua a tutt*
Nel pomeriggio l’atteso concerto dal balconcino nella sua veste sempre calda e accogliente nonostante qualche goccia di pioggia annunciata. Il benvenuto e gli auguri per tutti fin quasi sul limitare della via dei Mercanti. Strette di mani da parte di tutti gli attori di questo spettacolo che va avanti da…140 domeniche e per ognuno dei presenti un bicchiere di rosso per rendere più famigliare l’incontro che scivola via come sempre piacevolmente. Tra musica, canti, canzoni, poesia e cantiche su Porta Palazzo e gli ultimi, i barboni, senza valigie, esclusi o autoesclusi come difesa della propri autonomia e identita e ancora comicità e altro ancora per uno spettacolo “dal basso ” e democratico oltre che partecipato. Bello osservare inoltre la partecipazione del pubblico. Universitarie, universitari, pensionati, opera*, impiegat*, insomma un pubblico variegato.
Sul finire ombrelli aperti e struscio per le vie del centro torinese.
Sul fronte cittadino e dell’offerta culturale da registrare “nell”uovo”la sorpresa di un quasi tutto esaurito nelle strutture di recezione: l’85 % infatti e’ stato prenotato.
Verso Otranto
Una bella fetta di sole addosso, alba oramai distesa da ore, pasticciotto classico per colazione, con un buon caffè, forte, bus e direzione Lecce. Dopo un Salento in bus, la tappa e’ la stazione di Lecce, precisamente, ferrovie Sud Est, direzione Otranto. La biglietteria “Sud-Est” e’ affollatissima, cosi, mancando pochi minuti alla partenza del diretto per Otranto, chiedo di poter effettuare il biglietto a bordo. Concesso. Scopro che anche qui come a Gallipoli il trenino bianco e blu, la famosa littorina, conosciuta anche più a Nord grazie a studenti leccesi fuori sede, ha lasciato il posto a qualcosa di d
iverso e piu funzionale, con aria condizionata a bordo. Un po’ onestamente, dispiace. Il treno e’ pieno, turisti a go-go un po’ da tutta Italia, un po’ da tutto il mondo.
Piu turisti che locali, a dire il vero. Molte pagliette bianche calate su capelli ora raccolti ora lunghi. Come è di moda ora. Magliettine sul Salento e profumo di crema solare che stordisce e cancella quell’odore che solo una stazione emana e appiccica addosso: sentimenti misti, girati e rigirati non soltanto all’interno di un bicchierino da un caffe’. Gente che va, gente che viene. E tanti motivi per tornare. Non è un biglietto da visita, ma la bustina dello zucchero in distribuzione al Bar stazione, che ne attesta la verità. Seduti nello stesso vagone, alcuni, cartina alla mano, conoscono a menadito curve a destra, curve a sinistra. Solo curve. Il paesaggio e’ bello. Terra rossa, alberi su distese sterminate dii fichi e ulivi. Il treno corre velocemente. Vero. Alcune fermate normalmente effettuate da altri treni impiegati sulla stessa linea, non si effettuano. La prima fermata e’ Zollino.
Il treno carica su di sé passeggeri sul binario due. Alcuni sostano al binario uno, al riparo da un sole capace di spaccare le pietre. Su uno dei binari di Zollino, e’ricoverato un treno, dei tempi andati. Chissa’ quanta storia si e’ consumata li dentro.
Il treno riparte. Al binario tre e’ in arrivo altro treno. Sopra alcuni viaggiatori chiedono come poter fare per arrivare a Galliano e da qui a Santa Maria di Leuca. Nel frattempo, Il treno e’ giunto a Maglie, stazione di interscambio tra un luogo e l’altro del “Capo”. Sento e leggo dalle insegne verdastri nomi carichi, densi di ricordi: Poggiardo, Racale…L’interno di questo vagone si carica di ricordi, di saperi e di sapori: mandorle, cioccolata, “mustazzoli”…Solo un attimo. Ma le narici sono ormai impregnate e così sarà per un bel pezzo. Passato un paese, Bagnolo.
dove scopro che il tempo è fermo, almeno per quanto riguarda il lavoro del casellante. Anche altri paesi presentano qualcosa di caratteristici e sarebbe bello avere tantissimo tempo per visitarli tutti e parlare con la gente del posto, dei loro ricordi, del loro lavoro. Studio, sogni, speranze, se esiste ancora nei giovani il sogno del nord e quale nord.
Il viaggio e’ terminato alle 10 e 45 circa.
La stazione e’ piccolina, ma carina. Termina con tre binari e possiede delle panchine sia nella parte centrale sia ai lati. Consta di una struttura sorretta da sostegni verdi. Appena scesi dal treno si entra nel lato biglietteria, un piccolo botteghino posto al primo piano, livello ferrovia. Per accedere livello strada bisogna scendere di un piano, qualche gradino ed il calore e il sole sono il benvenuto che ci viene offerto da questa splendida cittadina, davvero accogliente. Parecchio caldo, diciamo che e’ una temperatura ideale per cuocere biscotti e torte. (Davvero impressionante la distesa di ulivi in questi circa 45 km percorsi tra Lecce e Otranto. Il pensiero è che questa terra debba rassomigliare alla Palestina.). Butto una ultima occhiata sulla cartina di questa ferrovia Sud- Est e sugli orari da Otranto a Lecce e viceversa
e per un momento provo ad immaginare quanti turisti potrebbe portare in giro nel 2019.
Appena uscito dalla stazione si procede fino ad una rotonda, ( rassomiglia tanto ad un posto un pochino piu a nord, sede di universita’ ) dove cartelli elencano le direzioni per il porto e la Cattedrale. Già, perché ad Otranto oggi è festa in onore dei santi Martiri. Riti e ritmi non si faranno mancare, insieme alle bande musicali e agli spettacoli pirotecnici.
Oggi e’ una giornata di festa per Otranto, la sua comunita’. Festa che va avanti gia’ da due giorni.
L’interno e’ davvero da restare senza fiato. Al mio ingresso una funzione religiosa sta per celebrarsi. Esco per poi rientrare in un secondo momento, con piu tranquillita’ e magari piu rispetto. La funzione e’ davvero bella, il sacerdote sta parlando della Puglia, tutta, delle sue Chiese, Basiliche, della giornata di oggi. La Cattedrale di Otranto rappresenta un crocevia di più culture, normanno-latina e bizantina in particolare. Liturgia, canti, solennita’. Cerco di concentrare l’attenzione sul mosaico pavimentale della Cattedrale. Il mosaico ricopre il pavimento delle tre navate e l’opera è attribuita al monaco Pantaleone su commissione del Vescovo di Otranto. Sul pavimento si rappresenta uno dei più importanti cicli musivi del medioevo, Alto Medioevo, un mosaico datato tra il 1163 ed il 1165 incredibilmente bello, una rappresentazione lunga una storia. E’ davvero un labirinto teologico, a seguirlo. L’albero della vita con al suo vertice il peccato originale e la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, con il serpente, il peccato, che insidia Eva. E ancora, diverse figure racchiuse in 16 medaglioni che rimandano ad animali e figure umane mitiche. Nell’abside sono presenti episodi del libro di Giona ed una scena di caccia al cinghiale. Ancora la rappresentazione di Sansone che lotta contro un leone.: Dio accetta l’offerta di Abele e chiede conto a Caino del suo delitto. La rappresentazione del Diluivio Universale e le gesta di Noè. Del mosaico per quel poco che riesco ad osservare, data la giornata, noto ancora la mano di Dio, “mano parlante” che si sporge dal cielo con il pollice ed anulare uniti, in maniera da accogliere benedicente l’offerta di Abele, alla latina, con anulare e mignolo ripiegati, mentre Dio, come detto, chiede conto a Caino del suo delitto. Da leggere a tale proposito la scritta “Ubi est Abel, frater tuus?” (“Dove è Abele, tuo fratello?”) . La mano divina è utilizzata come una figura retorica, una sineddoche, una parte per il tutto, dato che è sentita come la parte più eloquente del corpo, più del viso.
Dipinti meravigliosi.
Osservo attentamente. Cerco la cripta, penso alla storia, ai martiri di Otranto.
Esco e ne approfitto per dare un’occhiata al mare e al castello.
In “Giro per la città” e non so quanta storia si e’ scritta da queste parti. Entro, e noto con piacere che nonostante il, caldo la massa umana attenta all’offerta culturale e’ davvero notevole.
Dopo la visita al castello mi reco in un locale a provare la cucina locale. Ottima. Per la precisione il locale si chiama Zia Fernanda. Ottimo cibo e belle composizioni nel piatto. Anche qui, saperi e sapori condensati in un piatto. In più piatti. Personale attento e preparato alle esigenze della clientela.Un giro ancora nel paese, tra bancarelle, con un tripudio di dolciumi e taralli e pensieri a quanti adorano i taralli e li gustano sempre con infinito piacere. Ne prendo un po’ con me, non si sa mai che non si faccia sentire il desiderio piu in la’.
Per il ritorno, a sera, quando le “Luci sulla città” cominciano a cambiare colore e a cambiare la città stessa trovo una piacevole sorpresa. Da Otranto, il viaggio di ritorno, verso Lecce, e’ assicurato con un treno nuovo, con aria condizionata. Ma due trasbordi assicurano contemporaneamente ai viaggiatori la possibilita’ sia di dare una occhiata ad alcuni paesi, seppure velocemente, sia ad un viaggio in ….littorina. Immediatamente rivedo mentalmente alcune scene dei film ….A Lecce, un termometro indica la temperatura: 45 gradi.
Vero è che è sotto attacco dal sole e quindi, qualche grado potrebbe essere di troppo, ma temo che non si tratti di una bugia. Le temperature, infatti, da queste parti viaggiano sui 40 gradi. Nonostante il gran caldo, i turisti non si perdono l’occasione di sbirciare le bellezze barocche di Lecce, che davvero registra presenze piuttosto elevate. Lecce, capitale della cultura e della movida. In piazza fervono i preparativi per Santo Oronzo. Io ne approfitto per fare un salto all’anfiteatro.
Nonostante il caldo.
i
Don Bosco a Valdocco
E così, finalmente l’urna di don Bosco, con la mano “benedicente” è tornata a casa. A vedere questa giornata di festa, Valdocco, oggi, fin dalle prime luci dell’alba, sembrava una città nella città, un quartiere nel quartiere. Giovani fin dal mattino in Basilica. Con i compagni di classe e professori. Le scuole, ex allievi, gente comune. Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, cooperatori salesiani. Presenti. Lavoratrici, lavoratori. E ai giovani e di giovani si è rivolto nella celebrazione dell’ultima Messa di San Giovanni Bosco dell’era Rettor Maggiore Pascual Chavez Villanueva. Un messaggio che esprime preoccupazione profonda per il disagio giovanile e un appello alle Istituzioni per trovare soluzioni al problema del lavoro. Un invito, rivolto ai giovani, a scoprire tutto quanto di buono esiste ed è presente nella società, e portarlo in giro, provando a trasformare il mondo. (discorso, lascito di cinque punti nella buonanotte). Un mondo diverso, è possibile. La Chiesa, da parte sua, farà la sua, di parte. Un mandato che si conclude dopo 14 anni. Con i giovani sempre al centro. La gioventù, la giovinezza, come momento dei sogni da seguire con gioia e convinzione. Un no allo scoraggiamento anche quando tutto pare difficile, in questi tempi, davvero precari. Sempre molto piacevole vedere, in questa giornata, gli incontri che si rinnovano, anno dopo anno, magari dopo un campo, un confronto, una giornata di festa: abbracci, canti, giochi, preghiera. Tutto all’insegna di un padre e maestro dei giovani. Pensando al Colle, a Castelnuovo, al forno di Chieri, alla tettoia Pinardi, ad una mamma Margherita, al primo Oratorio, alla lippa, al cane grigio, alle scuole, a Roma, via Marsala, a Parigi, agli apprendisti, al primo contratto di lavoro per gli apprendisti, ora depositato a Roma, alla Pisana…