Aria fresca, qualcosa che resta sullo sfondo e che ora “niente”, come le tante magliettine bianche (Moschino) incrociate nel mio girovagare nella “fabbrica dei colori”. Come quella scuola che si intravede oltre il fiume, che mi ha concesso gentile compagnia. Meglio, lo scheletro, della scuola. Il contenuto, invece, “molto“. Tutto. Cuori pulsanti e speranze. Sogni che si rincorrono. Uno via l’altro, uno migliore dell’altro. Sogni al galoppo. Finestre che per mesi diventeranno occhi per vedere e guardare il mondo, oltre, e provare a domandarsi, e domandare, “ciao come vai?” E con fantasia alla Salgari “ispezionare” e viaggiare il mondo o ripelustrare strade e spiagge estive e ricordi personali.. Classi piene, verifiche dei presenti e verifiche dei compiti. Estivi. Fuori, qualcuno prova a vendere libri usati, un gruppetto e’ in attesa di incontrare i compagni di classe lasciati alcuni mesi fa. Attendono il suono della campana, l’uscita. Libri che si sfogliano e ti vengono incontro e ti fanno andare. Volare. Avanti. Oltre. Piovono libri. “Ciao, come vai? “. Mi domanda, meglio sarebbe dire, domanda a quanti attivano i sensi, un portoncino, una vetrata. Vado, (forse andiamo) “con Pessoa o come Pessoa. Viaggiando viaggiando, come canta Ligabue. Come ha appena cantato a Torino e altrove. Oltre. Strade a me conosciute e che ora sono piste. Ciclabili. Il fiume, gli alberi, la doppia corsia. La memoria degli alberi, la memoria, il ricordo, il pensiero agli ulivi Salentini. Un libro. L’albero, con i vestiti, a sinistra. Il Serming, a destra. Un monumento che resta a qualcosa che è successo. Anche la terra è un monumento. Il fiume, scorre. Tutto scorre. Per un attimo ti coglie il freddo. Vestiti come foglie sugli alberi, altrove Cosimo di Calvino. Un libro, “Il barone Rampante”. Sempre di sogni si parla. Quei vestiti sono sogni. O forse lo erano. Ecco il perché del freddo. Forse qualche sogno è stato limato, col tempo. Ci si sente un pochino piu’ spogli come questi alberi che lentamente “perdono i loro capelli“. Foglie di un autunno di una estate che non e’ mai stata. E così non “siamo stati vendemmiati”. Foglie gialle venate e bagnate da qualche lacrima di rugiada. Vibrazione. Ma è un brivido. Solo un attimo. Restano le parole. Talvolta si perdono. Le parole sono importanti. Le parole sono tutto. Pochino? non penso.”Ciao, come vai?” Gia’, come va? “Noi non siamo cosa ci e’ successo, ma cosa decidiamo di essere”, far, immaginare. Anche se cosa ci e’ successo e’ determinante e ci portiamo addosso i segni, i lividi. Decidiamo di essere, meglio. Cosi mi diceva anche una ragazza tempo fa, immersi nelle nostre chiacchiere e riflessioni di un libro, forse due: sulla strada e un altro cui ricordo poco se non le mie vedute. Forse si parlava di volare. E’ paura o era paura? Erano idee su di un paio di libri, riflessioni. Idee che non saranno mai positive o negative. Restano idee, grandi o piccole. Punto. Onestamente, se è come vai, anche a piedi. “Io me ne andrei….”…nella fabbrica dei colori. Ci ritornerei, nella fabbrica dei coloriAndare. Dove? Bho. Crescere e’ un po’ smarrirsi, anche se preferiamo talvolta credere il contrario. Ad ognuno la sua…trama (trame) ad ognuno il suo treno…
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Una giornata “all’insegna del femminile”

Tutto al femminile. Dopo i bellissimi racconti e stupendi personaggi femminili che ci hanno regalato i racconti di Sara Rattaro, Alice Corsi, la Lettera di una sconosciuta e la Mite del grande Dostoevskij, prosegue la strada “all’insegna del femminile”. In una piazza Castello aperta a numerose sensibilità, vi è anche chi, in religioso silenzio ascolta musica proveniente da sotto il porticato. Una sorta di “pronao” al Teatro Regio. Dal New York Times, applausi al Teatro Regio. Ma anche fuori, dal teatro Regio, come questa donna americana che si trova a gustare della buona musica. Di tanto in tanto, al tempo giusto, con un po’ di fortuna, una musica “avvolge” il passante come un nastro al suo lento incedere. E’ una esperienza stupenda. Musica classica. A tratti pare di essere a Parigi, in metropolitana. Di tanto in tanto ci si imbatte in turisti che ascoltano e ammirano la nostra stupenda piazza. In maggior parte, donne. Forse, una sensibilità diversa. Occhi fissi e attenti. Orecchie aperte e sorriso. Pensieri che volano. In attesa. Che la musica continui. Una giornata al femminile. Anche una studentessa, felice e contenta per aver “vinto con un manifesto contro l’alcool”. Un bel manifesto. Davvero. Meriterebbe un bel pezzo. Oltre ad aver espresso un grande talento grafico e comunicativo, lodevole è l’impegno per il tema della prevenzione. Brava. L’Asl dovrebbe tenerne conto. Ma la strada al femminile continua. Anche “in attesa” di un caffè, quando si consuma velocemente la colazione e ti trovi a “recepire” pezzi di comunicazione “serviti” al banco, ma diretti altrove, ad altri “chi”. “Pensieri e parole”, un sottofondo di Battisti e di gente comune. La mattina, al bar. Gente divertente, pensierosa a volta “carica”. Di chi pensa al dopo “il timbro” del cartellino. Al dopo aver varcato il cancello che separa la necessità dal piacere e ci si riappropria della nostra libertà. Chi “consuma” questa libertà nello studio, chi nello shopping, chi ancora in palestra. E allora, essendo “girato” tutto al femminile, anche nel racconto, colto a pezzi, di chi “investirà” il proprio tempo libero in palestra, cerco di coglierne i motivi di una scelta per una palestra “tutta al femminile”. Incuriosito, come tutti, provo a domandare direttamente, per quale motivo.
“Ho scelto una palestra per sole donne, perché posso allenarmi incurante di chi mi sta intorno, in fondo siamo tutte li per lo stesso motivo chi per dimagrire o per tonificare. In una palestra mista, la maggioranza degli attrezzi sono strutturati a prova di uomo e il più delle volte ti senti a disagio.” Quindi comprendo che uno dei motivi nella sua scelta è dettato dalla tipologia dagli attrezzi in essa presenti. Non hanno bisogno di “competizione”, le donne, lì. E non è scelta neanche per socializzare. Almeno con l’altro genere. Quindi, solo una scelta mirata. Per meglio concentrarsi. Su quanto si fa. Provo ancora a chiedere la dimensione della palestra.
“È piccolina come palestra, il che la rende un luogo abitato, quasi come se fossimo tutte di famiglia; è un bell’ambiente sereno e spesso divertente. Inoltre all’interno della palestra si trova anche un asilo nido, baby parking e dei corsi adatti anche ai bambini come Hip Hop, Danza…il sabato affittano persino per feste di compleanno. Decisamente, questa palestra racchiude le esigenze di tutti senza rinunciare a nulla. ” Questa la trovo davvero una risposta interessante. Mi fa pensare ad una sorta di……paese scandinavo, dove lo Stato “ci pensa”. Questo tema dell’asilo nido è davvero interessante. Molto. Pensare che la neo mamma possa fare un po’ di palestra con il bimbo vicino…Elemento che rientra nel pomeriggio quando le chiacchiere diventano accenni “politici”. Provo ancora a chiedere da quanto tempo è iscritta e se hanno un istruttore.
“Anche se da poco che frequento questa palestra, posso dire di essermi trovata bene, il personal trainer che ci segue è una donna qualificata e competente, va su appuntamento per potersi dedicare ad un gruppetto di massimo 5/6 persone e seguirle a pieno. Questo denota grande serietà, inoltre a seconda delle esigenze e di eventuali problemi fisici, preferisce farci lavorare con la ginnastica a corpo libero (addominali, esercizi per gambe e braccia ecc…), piuttosto che con l’ausilio dei macchinari (vengono utilizzati anche quelli, ma non come in una palestra qualsiasi “.
Il caffè, che da espresso, è diventato un pochino lungo, termina con la curiosità che manifesterebbero i lettori, anche se, non è intento fare della pubblicità. Dove e come si chiama, naturalmente. Via Oulx, “La casa del fitness”.
La giornata al femminile termina con un atto di devozione. Una donna raccoglie alcuni petali, bellissimi, depositati dal vento su un “francobollo” di prato antistante una scuola. Lì, nei pressi, vicino al Cottolengo, tra due ali e all’incrocio con due vie, esiste una madonnina. Devozione popolare. La mano gentile di quella donna, posa quei petali con tanta devozione e mani giunte. Tra tanta polvere, “crescono” fiori. Offerti ad una Donna. Una Mamma. Madre di Uomo.
Ps. Fuori dall’Italia, è una “settimana” all’insegna del femminile. Due donne candidate sindaco nella Ville Lumiere. Una sfida tutta al femminile. “La forza di una donna”. Pare il titolo di un libro. E difatti lo è. (Patrizia Berti).Come sosteneva in un saggio il sociologo francese Alain Touraine, “Il mondo è delle donne”.

L’amore con gli occhi giusti. O con occhiali, giusti
Aspettando il “colore” cangiante della Mole…arrampicato fin quassù, sul monte dei Cappuccini, a “vedere” una Torino diversa, sotto una luce ancora migliore, sensibile, accogliente, solidale, ancora più bella.Mondiale. Con gli occhiali giusti, seduto su di una di queste panchine, che somigliano a tanti altari iinnalzato, si riescono a vedere i confini della nostra città e punti passati della nostra biografia “storica”.Moncalieri, Rivoli, Caselle, Superga, e per ciascuna di queste centinaia di ricordi, che affiorano, lentamente. Questo piccolo monte e’ una lanterna magica, una macchina da presa, e una macchina del tempo. Una macchina che guarda avanti, con occhi nuovi. Ai nostri piedi, il mito della velocita’, qui, qualcisa di eterno, un incongro con noi stessi e con altro. Una piccola processione, con frate in testa, passa cantando. Giovani che mai avresti pensato passare da qui, a pregare e cantare. Il frate alla testa è di quelli tosti. Lo osservo attentamente. Sul suo viso paiono scritti i versi del Vangelo di Giovanni. E cosi presumo che sia. E li trasmette, con le le parole, i gesti, gli esempi. Tra le mani, una Croce”. Immediatamente rifletto sulla cristologia implicita ed esplicita. Chissa’. Periodo di Passione.Sulle panchine qualcuno scarta la sua cena: qualche tozzo di pane, una bottiglietta d’acqua, due chiacchiere, per chi ha poco e nulla più da offrire e di che nutrirsi. Quando la Parola conta.E aiuta a comprendere meglio il senso della parola e interpretare il silenzio di quelle persone che se ne nutrono. Sul cornicione di questa terrazza panoramica che fa tanto balcone di Giulietta e Romeo, coppie che pensano e ripensano l’amore e ridefinendolo finiscono per accoglierlo in maniera migliore. Ah, i contenuti. Da qui, si contempla, e lo si riesce a chiamare e definire in modo migliore, con gli occhiali giusti. Si promettono il mondo, i ragazzi, e gli innamorati in genere e si concedono questo stupendo panorama. E da quassù, uno sguardo alla processione che lentamente termina il suo corso e lassu’, a contemplare, che le cose si spieghino e ce le spieghi in modo diverso. E chi, avvolto in questo cielo torinese c non vedrebbe l’amore con gli occhi giusti? (Non con gli occhiali). Con gli occhi giusti, e gli occhiali, riesci a prendere la vita in modo positivo. Ma quali?Una statua fa ombra, un po’ a tutti. Ma forse, meglio dire, protezione. In lontananza, Superga. Non la si vede molto bene, ma è la, a custodire nitidi ricordi. Il fiume scorre e riflette, luci, vita e amore Lasciata Piazza Vittorio, (dove stazionano degli enormi occhiali Generali) e i suoi locali, sul corso, la villa di un altro “profondo”, “rosso“, diverso da quello di oggi pomeriggio, dopo averlo fotografato e scritto. Dai Cappuccini, la vista è davvero mozzafiato. I Murazzi, le luci, le arcate, il passeggio in un via vai continuo, sotto questo balcone, dall’altra parte del fiume, che pare di rileggere il libro di Alice Corsi. Pagina dopo pagina, personaggio dopo personaggio, universitarie, universitarie, …Tutto così magico. Tutto cosi molto… Passion…Passioni che muovono, anzi, smuovono le persone ad andare oltre.
A Torino…
La nostra città, Torino, presenta spaccati davvero caratteristici, originali. Nei pressi del nostro Borgo, Aurora, o Borgo Dora, o nel nostro quartiere, Valdocco, o la nostra circoscrizione, la sette, la devozione popolare è davvero notevole. Ma si registrano anche aspetti davvero carini, come il portone rotto, che si aggiunge al palazzo con la scritta dell’ultimo piano, “ben tornata” (anche se questa, è posta in quartiere centro, quindi, oltre il Cottolengo, oltre corso Regina Margherita).
Tantissimi messaggi lasciati, non all’interno di una bottiglia, non “attaccati ad un cancello” ma, posti alla visuale del semplice viandante, in altra forma. Nel borgo tutto rinasce, parallelamente al “rifiorire” della natura. Le attività pullulano e così la gelateria popolare nei pressi del Serming. La “coda” per un cono, comincia a prendere forma. Anna, è da un po’ che non la si vede, e in tanti non la vedono. Si spera stia bene, senza ansie e preoccupazioni di sorta. La gente esce per strada, si siede a qualche caffè, chiacchiera, talvolta si riconcilia, con sé stessa, con gli altri. La natura diviene davvero complice e ci aiuta a ritrovare una dimensione interiore davvero diversa. Una dimensione davvero più umana. Davvero tutto molto carino. Lungo l’acciottolato, le viuzze qui nei pressi, la realtà pare d’altri tempi. Un quadro ben rappresentativo dei mille lavori, qui, tra il fiume, il Cottolengo, Porta Palazzo e la Dora. Osservare un artigiano che lucida il legno e pensare che anche quel pezzo era albero, con la sua memoria. Un fioraio mentre pulisce delicatamente i fiori, i vasi, la terra. Pensare ai girasoli…un occhio, la madre, anche qui la memoria.
Intanto il corso sui libri e tra i libri, continua il suo…”corso”. Come ogni cosa bella, anche questa conoscerà il suo termine. E probabilmente la sua storia lascerà “orme” e qualcosa dentro a cui ripensare. Intanto dopo un “espresso” consumato velocemente in compagnia di un compagno di corsi, dal ponte sulla Dora dedico gli ultimi spiccioli di liberta’ prima del lavoro alla lettura del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“. Un posto non casuale, questo scelto per ultimare la lettura del libro citato, e neanche vincolato al “cancello” che separa la “libertà” dalla necessità, ma voluto, qui, dove la via diventa “una strada antica, un acquerello lucido di azzurro, bagnato di lacrime di gioia e attesa…quell’attesa che il blu entri nei giorni…”. Qui, a due passi da “lettere”, o meglio, dalla facoltà di Lettere, e dallo studio di Verga e Svevo e Montale, “scrittori che parlano un linguaggio piu’ vicino al mio’ e che ti fanno innamorare. In attesa di qualcosa o, e, di qualcuno. Autori, scrittori che popolano ‘il silenzio di frasi altrui’. In attesa, osservando lo scorrere dell’acqua di questo affluente del grande fiume. L’attesa di ‘un fulmine che crei un incendio dentro…” … nelle notti stellate estive, da questo ponte, da questi gradini, puoi scrutare un cielo bellissimo, nitido, stellato e ricamarci sopra splendide filastrocche e immaginare a costruire quel pezzo di cielo, tuo, che verra’. Alberi, qui intorno. Memorie, qui intorno, e dentro. Altre volte, nel cielo puoi notare la presenza rassicurante, che ti richiama, con forza, anche quando buio non e’. Una forza interiore, antica, da “principio del mondo”. Alzi gli occhi al cielo e un stella pare ti indichi il percorso, la meta. “Una stella splendente in tutto quel silenzio. La stella era Dio”. Qui, sul ponte, dove tutto e’ acqua e dove tutto e’ vita e ancora dove “gli alberi muoiono ogni inverno. Ma in primavera compiono il loro annuale meraviglioso miracolo. Cosi’ la loro storia non finisce. E neanche la nostra”. In attesa ci un fulmine, di qualcuno e mettere a tacere la paura e finalmente poter dire: “Insieme possiamo aprire quella porta”.
Ps. Il libro merita, anche per un ulteriore motivo. Elix, uno dei personaggi, ha trovato domicilio su questo blog, dove un altro mondo e’ possibile. “Era stata a Genova nei giorni del G8; aveva visto il sangue sui marciapiedi, le mani alzate verso il cielo muto. Credeva che le cose sarebbero potute cambiare, che la gente finalmente, avrebbe capito”.
E …..tre

Fa fresco. Vento su Torino. L’aria ha spazzato via anche questi tre anni. Libri nello zaino. Notti insonni. E davvero. Tutto sembra un finestrino. A guardare fuori, mentre tutto corre e correva velocemente. La città, gli altri, sabato, domenica, gita, mare… Ma non fa niente. Un altro mondo è possibile. (ed è bello ritrovare questa speranza anche in uno dei personaggi del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“). Le scale alle spalle. Il Duomo davanti a me. Di tanto in tanto lo sferragliare del tram, del jumbo tram. Impiegate, impiegati, studentesse, studenti, “sciamano” alla ricerca di qualche posto economico per il pranzo. Ora fa freddo su questa panchina. Gli occhi si chiudono, ma non abbastanza per sorridere.
Dall’università, sorrido. Bella!!!, direbbero i ragazzi a scuola, e un pensiero lo volgo a loro, ripetendomi che, nonostante le chiusure e il mercato del lavoro, anche per loro, se ci credono “un altro mondo è possibile”. Un’altra partita si è chiusa. Questa, il primo step. Ora, inizia il secondo.
Ora andiamo a casa. Si ritorna.
Questo lavoro, lo dedico a tutte le operaie, operai, a chi ha perso il lavoro e chi non lo ha mai avuto e lo cerca. A tutti coloro che lavorano a Mirafiori per pochi giorni al mese, essendo in cig, in attesa che qualcosa cambi. Presto. Alle badanti, i badanti che si occupano, preoccupano e hanno a cura i nostri cari. Nuove lavoratrici e nuovi lavoratori che ho incontrato per capirne meglio le loro storie, di sofferenza, lavoro, solitudine. “La solitudine dei lavoratori” ha scritto Giorgio Airaudo e sostengo nella tesi. (E un pensiero lo volgo alla Fiom, compagne e compagni con cui ho passato notti in treno per raggiungere la capitale a manifestare il dissenso e dire che “un altro mondo è possibile”). Lavoratrici, lavoratori che spesso non “riescono a santificare il giorno di festa”. Alle lavoratrici e i lavoratori dei call center, laureati, addetti a questo lavoro pur di non “fuggire via”, all’estero, alla ricerca di un lavoro migliore, rispondente alle loro aspirazioni.
A Tutti i ragazzi che la mattina mi incontrano a scuola e mi riempiono la giornata con un “buongiorno e grazie“.
Un grazie all’amicizia del professor Giovanni Carpinelli e ai suoi utili suggerimenti. All’amico ing. Domenico Capano, che tanto ha insistito, come detto altre volte, affinché…cominciassi a….scrivere senza penna.
Questo lavoro lo dedico a chi convive ogni giorno con i disturbi alimentari di bulimia e anoressia affinché possano vincere definitivamente la loro battaglia e cantare vittoria, e sorridere così per sempre.
Un grazie al grande Felice Reburdo, uno degli ultimi “preti operai” che mi ha accompagnato fino qui, e Livio che ha “sponsorizzato” con il suo “tifo” l’avventura.
Un grazie a chi mi ha sostenuto, anche quando ero solo e a te, che non credi all’amore, ricordando Elsa Morante: “Con te per sempre finch’io viva e più in là”.
Un abbraccio a famiglia e fratellone…………..Si torna a casa. Per me, non tengo nulla.
Cio’ che si vuole, si puo’.
Piovono “i consigli” dei lettori……
Nei pressi di Piazza Castello, un salto in libreria, Coop, in Piazza Castello 113 a Torino. A vedere a che punto siamo con i consigli dei lettori……Consigli per…”letti di notte”.
Il libro “La memoria degli alberi” di Alice Corsi è in “vetrina”. Un primo piano dei consigli. Una storia, di rinascita. La scrittura come strumento terapeutico. Una metamorfosi. “Amos, amas, amavi, amatum, amare…”. Un libro, una storia che va letta.
Bentornata primavera. Quasi
La sintesi di questi mesi. Ben tornati. Ben tornati fiori, bentornata aria di primavera. Sempre presenti e accoglienti, ogni mattina, prima dell’entrata, prima della campanella, prima dei ragazzi, prima di tutto. “La geografia degli alberi” , prendo in prestito “questo titolo da una scrittrice, per evidenziare qualcosa in comune tra loro e noi. (Alice Corsi). Le radici in comune. tutto, con le loro radici. E ognuno ha la sua bellezza ed è portatore di una storia. Come gli uomini. Alberi. E con loro, persone, vite, storie. Dopo la pioggia, è tornato il sole. Domani ritorneranno anche i ragazzi, con i loro libri, quaderni, penne e i “problemi” di sempre. Forse più, forse meno. “Dove è il professore”, “Dove è l’orario”, “Non ho la giustifica”, “non ho studiato”, “ho preso un brutto voto”, ” i miei non mi capiscono” e così via, a snocciolarne di vecchi e di nuovi. Poi, sorrisi, ciao, bella e tanta vita. Come sempre. In fondo, “so ragazzi“. Si ricomincia. Anche sui balconi della nostra città cominciano lentamente a “scoprirsi” le piante, dopo il lungo gelo. Lungo la via, un profumo particolare. Le persiane aperte. Aria che cambia. Finalmente. Anche in serata, la mezza luna, o un quarto di luna, aveva qualcosa di magico, di romantico. Eppure, la notte prima degli esami, era ieri. Una luna che aveva un qualcosa di fanciullesco. Da Oscar. Forse il pensiero di una grande bellezza in onda, o “in onda passata”, in Salento. Una luna. Una sorta di culla. Pronta a cullarci. Sogni e vita. Tempo di lauree e fiori, vestiti e vestitini. Volumi similpelle da posare sulla testa per una foto ricordo. Ancora scalini da salire e scendere. In fondo, era solo la triennale. Si ricomincia anche da qui. La specialistica è ancora lontana. Benvenuta primavera. Bentornata. L’estate si avvicina. Si ricomincia sempre da te, primavera. O quasi, primavera.
Piovono libri
Torino, piazza Castello, sotto la pioggia battente. Una magia. Atmosfera magica. Romantica. I riflessi e i giochi di luce contribuiscono a rendere ancora più magica l’atmosfera. Sul selciato, il lucido. Poche ombre. Molti ricordi. Questi si, davvero tanti. Si addensano. Le fermate del tram e del bus, prima, “quando c’era la rotatoria e i tram giravano intorno”. Sembrano parole di qualche anziano ancora sospese dai tempi dei lavori. Con le quattro aiuole, i fiori poi. Un giardino in centro. Un giardino al centro. E da che mondo e mondo, con un giardino è davvero vita. Ricordi. Memoria. Tu. Io. Noi. “Chi?” direbbe qualcuno. Così tanto di moda. Nel politicamente scorretto. Nei pressi del centro, alcune librerie. A Torino, piove, ma piovono anche libri. E tanti. Con un libro non si è mai soli. Verissimo. Ma la solitudine è necessaria. Allo scrittore come al lettore. Entro. Libri, libri, libri. Un posto ideale. Come quel giardino del “fin dalla notte dei tempi”. Anche se, mica tanto notte. Tutto era Luce. Tutto è Luce, come un personaggio di un libro appena letto e suggerito da questa bacheca. “Un uso qualunque di te”. La bacheca con i consigli, mi piace. Mettere un “mi piace” non sarebbe davvero una cattiva idea. Tanto per cominciare. Anche se non si compra. Ma è bella come idea. Trovare gente che legge i titoli dei libri suggeriti e da li andare nello scaffale giusto e provare a incuriosirsi. Una idea. Ma va bene anche l’idea dei consigli: nonostante tutto quel che si sente in giro, la gente legge. E parecchio. Calligrafie diverse., suggeriscono. E la mente fantastica: era un uomo? una donna? ragazzza? ragazzo? operaio o impiegato? L’avranno letto in treno o in bus? Letti di notte? Mani, biro, provenienti da ogni dove. Lettori che hanno già letto un libro, e lo scrivono, per i posteri, e autore di quello che si incontrano, sempre su di un pezzo di carta e con la carta aiutano all’incontro. Un felice incontro con ulteriori potenziali altri lettori. Da quei post-it e da quei tratti di penna si materializzano in continuazione nomi di città, nomi di donne, uomini, amori, luoghi, non luoghi, viaggi. E’ un posto, questa libreria, come tutte le librerie, dove puoi girare il mondo stando fermo. Come una gita a Roma.E’ un continuo brulicare. Come sosteneva Dosteoevskij: in una stanza ci possono stare milioni di anime. Qui, città intere…Stupendo. E di lì a poco, alcuni personaggi fuoriescono. Cominciano a parlarci, a raccontarci, raccontarsi, amarsi, odiarsi, riprendersi, una città, la storia da dove provengono, che poi, è proprio da quelle pagine che vengono. La loro casa. La loro dimora…e così cominciano… Una stazione, Brignole, una piazza, il capolinea dei bus. Una pensioncina, Fiume. “Fiume”. Come la vita. Una fuga, lenta, continua, fino allo sbocco naturale. Il mare. E nella fuga, incontri, tradimenti, ritorni. Ma poi, è sempre il mare che accoglie. Come una madre. Incontri. Come quando ci si parla. Personaggi che cominciano ad animarsi. E prendono il volo. Uno, scende dal treno e comincia a chiedere ad una lei dove è il mare, e quale bus ci andrà. “Ci andrà ancora quello snodato verso Quarto? Dove c’era il monumento. Era proprio lì che faceva capolinea. E lì restavamo abbracciati a guardare il tramonto. Dietro, le gigantografie annunciavano il prossimo concerto di Ligabue. E poi, davanti a loro, scesi dal bus, il mare. Ci sarà ancora quella trattoria dove si potevano mangiare gli spaghetti, buoni buoni con i muscoli?“. La sera, poi, dopo il rientro in città, con lo stesso bus, dopo aver provato a fare il bagno, una lunga passeggiata, tra gli urletti degli scolari, lungo il viale di Corso Italia e le rocce che costeggiano il mare, a mangiare un gelato, in quella piazza così grande, dove le luci illuminano tutto. Quella piazza, dove a settembre ci fanno la festa dell’Unità. Luce. Luci. Che illuminano anche i pensieri. La collina alle spalle. Il mare, le lampare, davanti. Quell’aria che ti viene incontro, che te la porti addosso e che solo a Genova si riesce a trovare e ritrovare. Genova, col suo porto, Caricamento, i caruggi, il faro, la lanterna, la pista con gli aerei, De Andrè……la focaccia. Genova. Ma, è vero che a Genova esiste la metropolitana?”… Brignole…Un altro personaggio, intima, ammonendomi: “Non volare via”. Mi ridesto. Forse era un richiamo. La richiesta d’attenzione. Forse voleva che scegliessi proprio quel libro. Non volare via.
Al risveglio, tra la moltitudine dei consigli dei lettori, Un suo qualunque di te, di Sara Rattaro e La memoria degli alberi, di Alice Corsi. Dalla lavagna “consigli dei lettori”, ottima idea pensata nella libreria Coop di Piazza Castello, a Torino, “piovono” tantissimi post con i titoli dei libri e i loro rispettivi autori. Bellissima idea. Davvero.
“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”
“Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore…viene fuori la verità”…incuriosito da questa scritta, nel centro di Torino, mi soffermo per un po’. A pensarci su. A riflettere. A provare ad immaginare. Chi e cosa. Chi lo ha scritto e a chi e cosa voleva comunicare. Rifletterci. Per il colore della scritta: un verde-giallo “evidenziatore”. Per il posto in cui quella frase è stata scritta. Tra due paletti, privati della “catena di congiunzione”, che un tempo li univa, così come il cuore lega o legava due persone. E forse, il posto in cui è stato scritto non è a “caso”. Ma voluto, e forse cercato. Penso sia stata scritta proprio lì, di proposito. All’ombra di due paletti, non più uniti, ma distanti e vicini allo stesso tempo. Distanziati. Fermi. Immobili. Due colonne in miniatura, come due persone. Cosa li univa prima? Cosa simboleggiava quella catena che ora è stata dissolta? Dissolta: meglio ora, o meglio prima? Comunicavano meglio prima o ora? E la costruzione di un sogno, del loro, sogno? Due amori, due distanze. Due città. Andata e ritorno. Un viaggio. Incomprensione, comprensione dei pensieri sottili della psiche umana. Un messaggio, prima di un esame. Magari di psicologia. O un esame di vita. Un messaggio che ci “evidenzia” una dissoluzione dei ruoli raggiunta per vivere meglio la propria vita, secondo le proprie scelte, piuttosto che per le aspettative e i ruoli imposti. Una “via” per diventare “corso” e fase di vita. Per due, al fine di diventare due sé distinti. Già. Corsi. Di vita. Poco distante da questo messaggio scritto con l’evidenziatore, la panchina di un tempo, innevata. Una montagna di neve. Cuori, neve, notti bianche, frasi, parole appese su “stendi biancheria” di carta, lasciate ad “asciugare”, dal tempo che passa. Altre parole, altri pensieri non “asciugheranno” mai, perchè scritte dal cuore. Col cuore. Volutamente scritta lì! Quella frase. Fa pensare ad una bellissima frase trovata tra le pieghe di uno stupendo libro: “ vorrei stendermi nuda nella ne e e attendere il disgelo” (Alice Corsi). Il disgelo. Un termine che racchiude molto dell’uomo e dei suoi rapporti. E della donna. Al riparo dalle catene di un tempo. Oggi, liberi, ma vicini. Senza catene. Perché solo privati delle catene, in amore, si riesce a promuovere una scoperta o riscoperta di sé. “Se lasciamo parlare oggi tanto il cuore… viene fuori la verità”. Due, distinti. Il disgelo. Dopo il disgelo. Che bello quando il cuore parla e “scrive” con il pennarello intriso nelpiù nobile sentimento, pensieri simili, come questo, sempre scovato tra le pieghe di quelle pagine. “Un albero verde di primavera in mezzo ad un bosco spogliato dall’inverno”. (A. Corsi). E allora, come una filastrocca, “un, due, un due. Due, uno, un due”.Un po’ come capita, da tanto tempo, sempre al centro del cuore della nostra città, per due vie, in una. O una in due. In unione. Senza fusione. E allora, lasciamo parlare il nostro cuore…amare, un amore che non sia una prigione: lasciate piuttosto un mare ondoso tra le due sponde delle vostre anime…, come le corde di un liuto che sono sole, anche se vibrano per la stessa musica (Gibran). La nostra città, non finisce mai di stupire. Davvero.