Novembre. A novembre. Una canzone, in testa, di Giusy Ferreri. Così comincia il nuovo mese, portandosi con sé gli acciacchi di quelli precedenti, “fratelli” maggiori che ci hanno obbligati a conoscere nuove modalità, di vita, di socializzazione, movimento, riunione, restrizioni, disuguaglianze, di ogni tipo. Credevamo di essere invincibili e ci siamo trovati a guardare dalle nostre stanze gli alberi fiorire nei nostri cortili, al più, documento in tasca, una passeggiatina necessaria. Al più, la ricerca del lievito e della farina nel supermercato sotto casa. Non ci siamo nemneno resi conto di non aver potuto partecipare al rifiorire della primavera, dimenticandoci quasi di quei profumi, degli odori, di quelle piccole cose che segnano un rito di passaggio. Oggi, siamo quasi ad un “punto e a capo”, sulla soglia, ad un passo da quell’esperienza di fine febbraio inizio marzo. Balconi, canti, riti, applausi. Lievito, farina, pizze e torte. Da oggi si ricomincia con gli studenti, a distanza. Ottobre alle spalle, con il suo profumo di castagne, cartocvi di giornale, e “venghino signori venghino, affrettatevi”, e gli ultimi scorci di sole, che ci ingannano, malinconicamente, e una scuola aperta e “richiusa” dopo tante linee guida e tentativi. A “novembre”, neanche tanto “rain” o forse, chissà. Si è ingoiato quel senso di attesa, alla fermata di un bus, quelle partitelle di calcetto che segnano per sempre. Apriamo oggi una parentesi con la speranza di poterla rinchiudere, presto, fra tre settimane…..quando novembre sarà li li a richiamare e cedere lo scettro al fratello più piccolo e ultimo: dicembre.