31 marzo 2020

Marzo è  scivolato via, e noi, chiusi in casa, socialità ridotta, zero contatti, in casa, ma con connessioni. Giornali, riviste, libri, torte, pizze, piatti di ogni tipi, giochi da tavola. E certo, “smart working”, dad,  classroom, ecc ecc. Di pochi giorni fa l’immagine del Papa, solo, sotto la pioggia, a San Pietro, per  la preghiera comune. Un mese fa, me lo avessero detto, avrei certamente fatto fatica a comprendere.  Abbiamo imparato che a Roma, in via del Corso c’è  una Chiesa, San Marcello, con un Crocefisso, venerato in altro periodo, in un contesto da peste. Abbiamo imparato che c’è  un quadro, Salus Popoli, a Roma, venerato dai romani. Il silenzio, orante. Il silenzio, pieno. La piazza, immensa, vuota, come mai abbiamo visto. Le grandi braccia, del Bernini, pronte per accogliere  i pellegrini, ma i pellegrini non ci sono.

Ogni giorno aspettiamo la conferenza delle 19, incollati, davanti alle tv, per sapere qualcosa in più;  abbiamo imparato i nomi di alcuni personaggi pubblici, Borrelli e Brisaferro che ci spiegano bene cosa succede. Curve e statistiche, mascherine,  consigli e moduli da cambiare in continuazione.

Per le mie letture, appena concluse, un libro sulla vita di Lucrezia Borgia ed uno di Sciascia, “Porte aperte”.

Lasciapassare

Marzo, disteso lungo lungo, come è  arrivato così sta per andarsene, regalandoci un’ora in più in casa. Già quel 29 del fratello più grande, dal nome febbraio, doveva farci capire molto, ma lo avessero raccontato, tutto questo, nessuno ci avrebbe creduto. Fioriscono consigli sul come passare questo “tempo libero”: libri, musei virtuali, film. E poi, classroom, o dad,  e tante altre sigle che stiamo imparando in questo periodo. Insieme ai moduli, sempre nuovi, per farmacia, generi alimentari, giornalaio che fioriscono con frequenza. E scendendo per fare incetta di giornali, meglio sventolarlo come un trofeo, per evitare qualche “cecchino” dal balcone che ci da degli “untori” e ci invita al rientro. Il lasciapassare,il fazzoletto bianco, che ci rende liberi in un fazzoletto d’asfalto, grande come un francobollo.

 

“Andrà tutto bene”

20200320_115803Solo il tempo di prendere i giornali proprio sotto casa. Un disegno di mano infantile sdraiato sul  marciapiede colpisce la mia attenzione. Lo guardo, con attenzione, piu dei giornali.  Un nome, l’autrice, Beatrice. Un’infermiera con mascherina, una barella, un paziente, e un arcobaleno. Speranza.

I giornali sono trattati di economia politica, monetaria, diritto costituzionale, numeri. A volte mi dico :” non leggerli”. Poi li leggo, insieme ai libri che non ho mai avuto tempo e modo di leggere. Ora, di tempo ne ho.

Andrà tutto bene, Beatrice, chiunque tu sia.

 

“Maria Adelaide” e co.

Non ricordo con esattezza se fosse settembre del 2015 o inizio ottobre dello stesso anno, quando nel vecchio ospedale Maria Adelaide, a Torino, si tenne una mostra.  Siamo nel racconto a due passi dalla Mole, dall’Universita, dai Giardini Reali, insomma, dal centro, e penso circoscrizione 7. L’ospedale, famoso per “l’aspetto” ortopedico, era ritenuto uno dei migliori, tanto che li nei pressi esiste  (o resiste) ancora una “officina ortopedica”. Ricordo che i pazienti lo indicavano come il migliore dotato di macchinari per le radiografie. Voci metropolitane, immagino, dato che tali macchinari, dovrebbero essere uguali in tutti gli ospedali. Lo guardo spesso e lo ripenso, con la memoria ed il ricordo, ora che, a viaggiare per la città  ci è  impossibile.  Chissà quanti “collaudi” alle scarpette dei bambini avrà fatto la dottoressa Z.  ortopedica, famosa per far correre i bimbi nei corridoi, (di ospedale o asl) al fine di valutare la bontà  o meno di quelle scarpette ortopediche. E forse, son sicuro di non confondere,  metteva in atto le stesse richieste in qualche Asl di Torino sul finire degli ani ’90 inizio 2000: “cammina dai, corri, invitava ai bambini..”.Ma perché è  giunto a me  questo ricordo così lontano? Perché  nel silenzio poetico di questi giorni ( ma questo silenzio puo’essere davvero poetico?) mi viene in mente il vecchio ospedale Maria Adelaide? Con mio padre, quella domenica mattina, non riuscìmmo a vedere quella mostra; una domenica mattina in cui molti torinesi a dire il vero, ebbero la mia stessa idea, forse perché occasione di rivedere un ospedale, con le sue sale, conosciuto in passato. Eravamo in coda, tantissimi, e ogni volta che ci passo ricordo quei momenti, con quello del viso di mio padre, stanco, che non capiva il perche di quella cod;  oggi ripensando a tutto mi chiedo:”Ma perché non deve essere riaperto un ospedale che era funzionante e considerato eccellente? Già, perche? A meglio, perché era stato chiuso?Perché siamo stati costretti a farci tagliare servizi? Il fiume, la Dora, passeggia, stancamente e la domanda diviene pertinente. Tornando indietro, la domanda si rafforza alla vista, dalle parti di via Cigna, prima di corso Novara, di altro ospedale. Addirittura la domenica resisteva una edicola ambulante de La Stampa. Sono sicuro che frugando fra i miei ricordi  sarebbero capaci di uscire altri ospedali, chiusi, dimessi….perché??

“Andrà tutto bene”

20200317_120813“Andrà  tutto bene”. Striscioni colorati sventolano dai balconi delle nostre città, così come nel 2003 quelli arcobaleno,  della Pace. Qualcuno li ricorda? Era il tempo del “not in my name”. Col tempo, sbiadirono, ma restarono li per molto tempo, a memoria.  Al loro fianco, di “andra tutto bene”, si affiancano bandiete italiane, come avviene durante la coppa del mondo o all’europeo di calcio.  20200317_120930Solo che non siamo in estate e neanche in tempi ordinari. Impossibile scendere per le strade a manifestare la nostra gioia per un goal che neppure  ci sarà. Nei pressi i giornalai, i pochi a tenere ancora aperti i battenti,  a presidio resistono e distribuiscono informazione. I tram filano via, veloci, una o due  poche persone, sopra, nei pressi delle fermate rallentano, ma al più riprendono la marcia. La porta anteriore, non utilizzabile. Una striscia rossa e bianca, all’interno, ne impedisce l’accesso. Domani forse saranno a corse ridotte. I giornali ci informano che dopo i treni notturni, soppressi, fermati, toccherà ed è  gia’ toccato anche alle frecce. Intanto,  in molti attendono le 18, il rito collettivo del balcone, con aumento decibel. Canti e balli, da un piano all’altro, da una parte all’altra, per una nuiva socialita, dato che, quella ordinaria è  pari a zero. I  prof, intanto, con classroom, dettano e scrivono il tema: “immaginati tra venti anni e racconta il coronavirus”.

Avremo “notti bianche” e “urla alla Tardelli”

20200315_181814Le strade sono vuote, che neanche ad agosto.  Giornalai aperti, e molti ad informarsi, che è  un diritto. Per  le strade, sono i piccioni i veri proprietari delle nostre città, piazze, corsi, vie, che non saprei dire se centro, periferie o tutto insieme, divenute nel giro di poco così piccole, ristrette, come avviene  per un capo di biancheria dopo aver sbagliato candeggio. C’è  qualcosa di nuovo nell’aria, si, e non è solo il virus, ma qualcosa che ha tutta voglia di resistere, fare comunità,  uscire seppur per pochi istanti, sul balcone di casa  e cantare, ballare, suonare, gridare, bebè  alla mano, anzi, in braccio per giovani coppie! Un tempo ci fu a Torino ” il concerto dal balconcino”, e ora spuntano concertini  come fiori. Pentole, piatti, di ogni fattura. Da un balcone all’altro un “Hai bisogno”, “come stai?”, “serve niente”, e poi, giù a cantare, “Azzurro”, “il cielo è  sempre più blu”, “inno di Mameli” , “la gatta”,…se il mondo assomiglia a te….

In tanti si organizzano: forme di solidarietà, volontariato, partecipazione, cultura in streaming, condivisa. “Alzati” direbbe Francesco, che cammina a piedi lungo le vie del Corso per recarsi in Chiesa e affidarci.

Balconcino. E tutti in piedi. A casa,  in piedi, a creare o ricreare comunità nuove e uomini nuovi, non più solo. “C’erano uomini soli” canteremo domani. Dai balconi penzolano striscioni, arcobaleni, con su scritto, “Andrà tutto bene”, con colori e perimetri colorati da bimbi, mani tremolanti, ma sicure allo stesso temlo, che tutto andra bene. Campane ieri, tutte, a mezzogiorno. Quelle stesse che non annunciano piu messa, (da decreto),  dopo aver messo tra parentesi strette di mano, segno di pace, acqua santa. Ma abbiamo voglia. Torneremo piu grandi di prima e ciascuno avrà  la sua notte bianca, alla Dostoevskij, o quelle olimpiche, targate Torino 2006. Immaginiamo l’urlo, liberatorio, alla Tardelli, al Santiago. Immaginiamo Pertini, la sua pipa, le sue braccia sollevate, verso’alto. Sarà bello. Tutto. Andra’ tutto bene.

20200315_175933Nella Basilica di Maria Ausiliatrice, in preghiera, il Rettor maggiore, successore di don Bosco, appena rieletto, prepara il suo pensiero, preghiera, rivolta ai giovani nel mondo.

 

Fuori tutti. Dai balconi…Saranno “notti bianche per tutti”

Il tempo di comprare  i giornali, sotto casa, almeno una bella mazzetta, più del solito, perche informarsi è  un must e poi perché gli spunti che da essi traggo mi sono necessari, come il pane, per la “didattica a distanza”.  Classroom, Google suite..che fare,  per mantenere attiva la relazione  mantenendo la stessa “umanita” sviluppata in classe? Innanzitutto un “Come state?” Una parola di fiducia, una di speranza, un “andrà tutto bene”, poi, l’invio di un lavoro, quasi per dire, “continuiamo, anche se i tempi sono straordinari”. Molti  ragazzi rispondono,  si impegnano, scrivono, approfondiscono, inviano compiti, vorrebbero ulteriori riflessioni per incrementare le precedenti. “Rimpiangeremo questo periodo di reclusione, di fare scuola con la didattica digitale?” Speriamo di rialzarci, anzi “alzati”, come ci invita Francesco. “Damose da fa” diceva un altro grande, Giovanni Paolo II. Vedremo, con la speranza di chiudere tutto questo periodo tra parentesi e poter rinascere  migliori, uomini nuovi. Intanto, una nuova Italia si affaccia al balcone, canta, resiste, balla, applaude chi lavora per noi, in corsia, negli ospedali, chi si occupa degli ultimi, che “devono stare a casa” ma che casa non hanno. I bus passano, non si fermano, osservo, un passeggero seduto, come se il bus fosse un taxi. Ne passo un altro, idem. I tram sferragliano e passano velocemente. La città è simile ad una di quelle giornate da domeniche ecologiche, anzi, peggio. Una atmosfera surreale. Alle 12, il suono delle campane. Striscioni e lenzuoli colorati. “Andra tutto bene”. Nel pomeriggio da un balcone all’ altro si resiste. Inimmaginabile la gioia che ci sara quando sara terminato tutto…

Quando la “quarantena ” sarà termina, propongo “Notti bianche” per tutte e tutti.

“Tutti a casa”

I tram non sono pieni come qualche giorno fa, e cosi, immagino in attesa o in arrivo nelle stazioni ferroviarie,  dopo il grande esodo o fuga da Milano verso sud, dell’altra sera, subito dopo un’altra fuga, pare di notizie, della zona rossa, entrata in vigore di li a poco. Paura, paure, senso civico, responsabilita,  essere responsabili verso gli altri…di questo si discute. Ora è  tutta l’Italia una zona rossa. “Tutti a casa”, o tutti in casa, il che cambia poco. Molti negozi hanno esposto cartelli in cui si invitano i clienti ad entrare uno, o due, o non più di tre, “in ottemperanza a….”. Altri hanno abbassato le saracinesche con scritto “chiuso per ferie”, mentre i primi a chiudere erano stati soprattutto quelle appartenenti alla comunita cinese, oramai da un pezzo. Il lavoro, frantumato. Borse “contagiate”, come persone. Ci siamo rimpiccioliti e tutto sembra più distante, mentre ieri sembravanmo “padroni”, non delle Ferriere, ma dello spazio. Bastava una carta prepagata e via, verso mondi lontani. Bastava avere solo tempo e  un aereo dopo l’altro.  Il mondo nelle nostre mani, a pochi euro. Ora segregati sembra tutto così lontano. Varra’ ancora il detto “È  la globalizzazione, bellezza”!Quante volte ce lo siamo sentiti dire? Ora l’Inghilterra, per esempio, sembra lontanissima, così come qualsiasi paese limitrofe al nostro di residenza, diventato lontanissimo, visto da un ciondolare tram, semi vuoto. Si è  discusso di molto, in questo periodo: diritti, libertà, beni comuni, responsabilità, individuali, collettive, didattica a distanza, smartphone, pc, cellulari. E  le nostre arrabbiatura  per uso di cellulari indiscriminato, ora diventano un invita, anche se la connessiine non è  mai relazione. “Alzati!”. Messe, segni di pace, acqua santa, fedeli senza fede e fede senza fedeli, messe in tv…e… , prima testri e cinema con “posti riservati” e partite a porte chiuse, ed ora…..che strana la vita e tutto questo che  nessuno aveva immaginato. Davanti ad un supermercato code, così come davanti ad un ospedale…davvero situazioni inimmaginabili fino a poco tempo fa…forse tutte queste costrizioni ci aiuteranno a riorientare la tavola dei valori, magari. Magari, un the nel deserto, una lunga riflessione, aiuterà a far “risorgere” l’uomo, rendendolo migliore, più attento. Chissà, forse….

“Consigli”

L’amore o gli affetti al tempo del coranavirus. Consigli. Stare distanti  due metri uno dall’altra e sconsigliati gli abbracci.  Cosi parrebbero i consigli distribuiti a “mani piene” e rigorosamente lavate. E tra una norma e l’altra il web si scatena e  scherza fino al punto a ritrovare un  tizio che a furia di lavare le mani gli si sono comparsi gli appunti della maturità. Scherzi a parte, è  prevista una  inflazione sui cellullari di emoticon del  tipo “ti abbraccio” giunto dopo l’iper inflazionato, dei tempi recenti, posto a congedo di un saluto “Ciao caro”, “Grazie caro”, da persone con le quali la conoscenza resta davvero superficiale o inesistente.  E si inflazioneranno anche i baci al termine dei messaggi. Con mascherina. In quarantena andranno così abbracci e baci, quelli veri, che hanno un certo gusto, dolce, zucchero e miele, sospirati, desiderati, ad occhi chiusi, aperti  caduti sul bavero del cappotto e restati li, per lunghissimo tempo; “baci e abbracci”, che tanto gusto retrò  avevano nelle cartoline, quando non esistevano social e selfie da mostrare agli amici in tempo reale. “Baci e abbracci” menzionati sulle cartoline riproducenti mare, con tandem, pedalò  e due labbra rosse, monti  laghi delle nostre vacanze estive, con le firme di tutta la famiglia  giungevano a destinazione, nelle cassette delle lettere, però dopo, perche’ si sa, le poste….giunti in ritardo, dopo quelli reali, scambiati dopo gli arrivi, con i ritorni alla vita quotidiana, magari dopo aver fatto sviluppare rotoli di negativi delle nostre macchinette fotografiche. È  difficile pensare ad una Italia ante-unificazione, rinascimentale, con tanti staterelli-regione a “decretare” in ordine sparso, con ordinanze diverse e poltroncine dei cinema occupate a scacchiera: uno si, uno no, uno si uno no….e così per teatri.  E nei cinema dove nella scatola pop corn ci si infilano lemani dell’uno e dell’altro spettatore, che ne sara ora, chi la sorreggera’ in maniera romantica? Probabilmente verra lasciata sola soletta nella sedia vuota.Che succederà a scuola dove i banchi costringono ad una convivenza ravvicinata? Si alzeranno pile di libri tra un compagno e l’altro a difesa dello spazio e della prosssemica? Un dato certo: sara’ difficile copiare e suggerire. Chi lo sa, che ne sarà  di noi. E delle passeggiate degli anziani? Consigliata o sconsigliata? Saranno posti in quarantena anche loro dopo essere stati mobilitati e nobilitati come forza vitale di un welfare famigliare sempre pronto e attento? Ah, i nonni, se non ci fossero loro..  Le immagini dei tg rinviano nelle case degli italiani i primi laureati al tempo del coronavirus. Non in un’aula a discutere la propria tesi ma lontanissimi, e chissa dove, a discuterla con una web cam. Per fortuna che sono riusciti a concludere la fase della correzione dell’elaborato con i suggerimenti del relatore. E  il rito della festa, del momento conviviale poi, del dopo “in  nome del popolo italiano la dichiaro dottore in…” E il buffet, l’aperitivo, i dolci, i salatini, i parenti, amici genitori? Niente festa del dopo laurea. In “quarantena” anche questa. Si Recupererà a….

Giardini di marzo

Primo marzo. Roma, vacanze di carnevale e altro tutto alle spalle. Anche il 1997, alle spalle, che sulle sue,  il primo di marzo era proprio di domenica e proprio a  “Domenica In”  si cantava “Amici come prima”. Lungo il corso, uno dei tanti, della nostra citta   quasi sotto un altro Gazometro, versione ridotta di quelli romani, una lunga lingua d’asfalto, con binari del tram ai suoi lati, quello per intenderci che lascia alle spalle la Mole guardando Superga, gli alberi fioriscono, fiori di pesco, con giardini di marzo che si vestono di nuovi colori. Manca solo il carretto che grida “Si vendono gelati”, e poi siamo davvero immersi in una canzone di Battisti.  Sul corso, di auto, in realta,  non ne passano poi molte. Il tram aranciine è  fermo, in attesa di ripartire, con molti posti da riempire, qui, al capolinea e lungo il suo snodarsi. Fortunatamente una parvenza di normalità nelle Chiese, con le funzioni religiose che tornano. Scuole che si avviano alla normalità, da mercoledì, con studenti dentro, mentre, da domani, riaperte al personale. Lentamente si torna alla normalita. I giardini di marzo si vestono di nuovi colori.