Albero di Natale

Torino, 16 novembre. Ore 10.

La mattina comincia con un incontro “freddo”: il gelo che sbatte con violenza sul mio viso. Frugo nelle tasche che sembrano pozzi senza fondo di ricordi andati. Recupero il cappellino, quello di Lucio Dalla, che tanto impegnò  i miei nella sua ricerca tra mercati e negozi torinesi. Capricci adolescenziali che puntualmente, da trent’anni, di questi tempi, recupero tra gli armadi di casa, riposti nel cassetto  etichettati “indumenti invernali”. Appena recuperato, lo deposito li, nella tasca del parka, dove affonda tra l’immancabile penna, sempre presente: caro amico ti scrivo….ripesco Lucio, gli anni ’80 e un bel pezzo di te, pa’, insieme a tutti i biglietti ancora conservati, rimasti in questo giaccone, delle corse Torino Lanzo, e viceversa, utilizzati per venirti a trovare. C’erano alcune cose che avrei voluto comunicare, come gli annunci della stazione Dora, che avevano la stessa voce di quella leccese, dei nostri luoghi natii. E qui “intaschiamo” i ricordi, tanto, tolto il berretto, di  posto ne abbiamo, Come avrebbe detto Dostoevskij, chiusi in una stanza ci possono stare migliaia di anime. Figuriamoci di ricordi…La camminata procede fino a D’acaja, dove mi imbuco nella metro, diretto a Porta Nuova. Scendo dalla metro, mi fiondo verso la scala mobile e recupero l’interno della stazione, sotto, l’atrio, sotto l’albero, a leggere i pensieri dei torinesi.  Sotto l’albero, doveci troviamo con gli studenti. Sopra l’albero, dove  si raccomandano in molti. Mi perdo tra le richieste. La più bella, quella di una ragazza.”Fa che Stefano mi sposi””. Quanto sono belle queste ragazze con questi desideri.