Mancavo da molto tempo, su, a Monte Mario, a Roma, e non ricordo neanche “il” tempo e “il” modo. Me ne hanno concesso, il modo, e il tempo, di riportarlo in vita, alla luce, tra i miei pensieri, pettinandoli tutti, nessuno escluso, il caldo, il canto delle cicale, la Quercia del Tasso, e tutti quei “numeri, alti, dati”, e presi nel corso degli anni. Ovvio, per me, che i numeri, dati e presi, erano e sono quelli appena rivisitati, dei bus, non appena ne ho sentito “soffi” e “carezze” a qualche centimetro dalla mia “cara” pelle. E non solo per “arrampicarsi” su, in cima, a Monte Mario, da via Trionfale, all’ Olimpico, (visto dall’alto, fa un certo effetto) rasentando l’osservatorio, ed addentrandomi nel suo fresco, (visto e percepito dal di dentro), ridiscendendo poi da via De Amicis, vista e percorsa, “curva dopo curva”, con quella voglia matta di vederla, un’opera, di Raffaello, Sanzio; benedetto lui e la sua Madama, fornarina o tela o costruzione o opera che fosse. Ma tra tutte le “alture”, quella scarpinata e preferita, è certamente quella del Gianicolo, quando proprio li, a mezzogiorno in punto, mentre stai tracannando tutte lescorte delle bottigliette, d’acqua, uno sparo ti coglie e sorprende, ti ferma e fermi per cercare di comprendere meglio, e alla Pozzetto, accenni un “chi e’ la”, mentre Garibaldi, ti strizza un occhio e tu alla città che l’abbracci, nella sua interezza, con tanta voglia di lei.. e si che vorresti portarla via con te, nonostante il tutto.
Ricambi il saluto a Garibaldi e lo raccomandi, tanto, di girarlo anche ad Anita e a tutti i suoi amici, quei mezzi busti, non della tv ma “de ‘a storia”. Ti rimetti nel viale, alla ricerca del Fontanone, della Basilica e del Tempietto del Bramante, che la prima, la volta precedente, era chiusa, il secondo, ammirato troppo velocemente da capirci poco quasi nulla. E questa volta, ancora, il rischio di capirci come l’altra, e quindi poco o nulla, è serio e reale: una compagnia di ragazze “ammerricane” “armate” di matite, occupa la prima fila, per ripridurre colonne e scalini del “Bramante” sui loro fogli A 4. E portarselo cosi, stretto stretto in uno zaino, in America, o giu di li. Ma non mi perdo d’animo: mi siedo e faccio finta di disegnare anche io, Ma non come loro, e ammiro il Tempietto e i loro fogli e aspetto di vedere quello che viene fuori. Disegno da esposizione. “Ecceziunalo veramente”. Dopo un paio di fogli, loro, decido di togliere il disturbo e recupero quel che resta di strada, fra curve e scalini, buttando un occhio al Tevere e pensando a quei “ragazzi” di P. P. P. ai loro bagni nel Tevere, al Ferrobedo’, ai loro teaffici, continuando, di lettura in lettura, fino ad imbattermi nel Ministero dell’Istruzione.. . Era luglio caldo, nel 1946, quello narrato da Pasolini, è luglio bollente, quello “raccontato” nei calendari e che mi sento addosso, ora, nel 2018. All’epoca ci dacevano il bagno, ora il coraggio ce lo hanno solo qualche canoa e piccolo battello che lentamente, al suo passaggio, ci “scrive” qualcosa.
E’ Roma.
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Si, hai ragione… Roma è…
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