All’angolo del corso Principe Oddone, proprio dove fino ad una decina di anni fa sferragliava il regionale per Milano, (appena “uscito” sbuffando dalla pancia di piazza Statuto o in procinto di immettersi nelle viscere, lasciandosi alle spalle, nell’ordine, a sinistra una farmacia, una pasticceria, un oratorio, una scuola con tanto Cuore), il semaforo rilancia le sue luci e blocca il fluire delle auto in questa autostrada urbana che da Barriera di Milano giunge al Poli. Al rosso si fermano le auto e scatta la ragazza, tra le macchine che stazionano, lei, tutta treccioline munita di tre birilli, si esibisce ruotando il corpo, felice e sorridente nell’essere osservata per una manciata di secondi: il birillo rosso è la prima prova, ed e’ andata, alle spalle dei suoi capelli, quello verde, la seconda, pure,(con sensi di colpa di sua madre, dalle braccia lunghe e denti ancor piu), il bianco, la terza la proverà e la lancerà tra i banchi, lunedì mattina, cioè, oggi – ora. Al momento, sul banco si tace, e si lascia parlare la memoria su appunti, schemi, libri, mentre trionfa la sua biro sul foglio bianco; presto afferma che si esibirà in un colloquio, aperto da una tesina, in prossimità di essere pensionata, senza quote e senza scalone. Anche il suo e’ un “lavoro”, dal titolo molto impegnativo e interessante: “Dal lavoro al nuovo concetto di lavoro”. Terminata la presentazione, la scuola la licenzierà. O lo licenziera’. Termine incontrato chissa’ quante volte nel suo lavoro di studentessa. O studente. Dopo cinque anni… Poi cercherà davvero un nuovo lavoro. Senza concetto. Con tanta speranza. Tra curriculum, encicliche e Marx…