Come l’epifania tutte le feste si porta via, così un temporale di fine agosto, bolla africana e vacanze estive 2017 si porta via. “E si festeggiava la fine dell’estate”, cantava Nino, e intanto l’ultimo falo’ illuminava gli imminenti esami di riparazione proiettando gli studenti in una nuova classe di un ulteriore anno scolastico. Domani intanto, in classe, anzi, in “collegio”, ci torneranno gli insegnanti.
Archivio mensile:agosto 2017
La bella estate
Primi giorni trascorsi a Torino, dopo il rientro, “abbracciato” da un caldo “di ritorno”, soffocante, asfissiante. Soliti giri, a scuola, da Feltrinelli, qualche telefonata, un gelato ogni tanto, e oggi, un breve passaggio nei pressi dell’Hotel Roma, a Torino, ricordare lui e la “sua”- nostra, “bella estate”: Cesare Pavese. Tanti bei libri, uniti a bei ricordi di una bella estate.
Son tornato da quelle parti, nel pomeriggio. L’insegna rossa “Hotel Roma”, sotto i portici. Guardo all’interno dell’albergo ma non entro. Mi bastano i ricordi, che è un pochino come entrare: la poltrona, il letto, il telefono nero, le emozioni. La facciata della stazione Porta Nuova, graziosa, rossa, come una bella donna, timida, che riesce ancora ad arrossire ad un complimento ricevuto. Sul suo viso, un neo, che e’ l’orologio. Batte il tempo, batte il cuore. Sotto l’edificio, dal suo atrio sono piu le persone che escono di quelle che entrano. Bagagli alla mano, single, coppie, famiglie, tutti, anche loro, rossi, abbronzati, vendemmiati dal sole, del sud. Escono, si voltano, cercano bus, tram, la M, disorientati, felici a metà: la bella estate volge al termine. Domani le telecamere, alle 6 del mattino chiederanno agli operai che “resistono” cosa si aspettano di trovare. Alle 14 le stesse telecamere chiederanno agli operai, alla fine del turno, come è andata. Le foglie gialle anticipano l’autunno anche se è ancora estate. E molto calda.
Ciao Lecce
Lecce: 10:55. Freccia bianca. Verso Torino.
Binario due. Ecco. Siamo giunti anche per quest’anno alla conclusione delle vacanze estive. Certamente ci saranno appendici ma non saranno vacanze di tale durata e bellezza. Non resta quindi che riavvolgere il nastro dei ricordi e cominciare il lungo viaggio.
Verso Nord. E augurarmi buon viaggio. Il treno ha fischiato e l’odore che promana e’ gia’ di scuola. “Eventuali accompagnatori sono pregati di scendere dal treno”. Eventuali lacrime, di viaggiatori e accompagnatori, riavvolgerle nei. Fazzolettini. 10:55, disco verde, le porte si chiudono, il viaggio comincia. Ciao Lecce.
Tempo
Tempo di raccolta. Meglio, raccogliere. Le cose. I pensieri. Cominciare ad archiviare, giorni, pulendosi la sabbia da sotto i piedi. Sono in uno dei tanti bar di Porto Cesareo, colmo come gli altri, di turisti. Leggo il quotidiano, di Lecce: mi piace la pagina geografica sul viaggiare dove raccontano la costa e i locali migliori dove mangiare. Appunto qualcosa, lascio cadere la penna. “Pero’, quanti bed and breakfast”. Penso alle case in affitto, ai consumi, e al lavoro che si muove, da qui a Gallipoli. Mi immagino per un attimo un amministratore locale. Solo un attimo. Ripongo il pensiero e la penna. Torno al punto di partenza dell’osservazione. Il vasetto trasparente, dove, al suo interno, vi sono sabbia e una conchiglia. Entrambi mi restituiscono ricordi di una estate calda, passata velocemente, con l’assillo dell’acqua, ricordo restituito anche questo da una brocca,
“bucala” o “ucala” fresca ghiacciata. Ricordi di infanzia. Ordino. “Il solito”, e aggiungo “caffe’, con ghiaccio, alla leccese”. Acqua. Pensiero di tutti.
Anche per Enrico e fratello che a cavallo tra gli “80” e i “90”devono trovare tempo e forza per bagnare le loro piante e conferire vita. Per me ancora il tempo di un ultimo bagno e rimettere nello zaino i libri che mi hanno accompagnato e che avranno sempre l’odore del mare, con qualche granello di sabbia che ritrovero’ nella stagione fredda. Tempo. C’è tempo. Slalom tra il solito nastro d’asfalto ricoperto a sua volta dal solito nastro d’asfalto di lamiera che sono le auto e che puntualmente rendono satura la costa per km e km. Fioriscono le bici in ogni dove e questo e’ un gran bene.
Ferragosto 2017
Ferragosto: festa dell’estate. Tutto esaurito, in questa zona della Puglia che si chiama Salento, “lu sule, lu mare, lu jentu”. E lu jentu e’ davvero l’unico padrone in questi ultimi giorni.
Dei rari posti dove era possibile rifornirsi dei quotidiani ne e’ rimasto solo piu’ uno: occorre quindi percorrere e velocemente, un km, corteggiare il bacino, entrare in spiaggia, raggiungere il parcheggio dove l’uomo col carretto grida giornali. E sperare che ci siano, ovviamente. La spiaggia e’ pulita, ben tenuta, quella a pagamento, ovviamente, anche se noto un signore, che non so se stipendiato o volontario, raccogliere le poche cartacce o bicchieri in plastica abbandonati da chissa’ chi, chissà quando. Appena mi affaccio sulla spiaggia, dopo aver scavalcato una delle ultime dunette che resistono, l’amara sorpresa e’ scoprire che al mattino sono gia’ presenti, come sempre, ombrelloni abusivi “segna posto”, lasciati dalla notte precedente. Probabilmente da chi ha costruito a ridosso delle dune. Che c’erano! E questi ombrelloni e maleducati non mancano mai, come i soliti “furbetti” da spiaggia. Resistono giocatori di racchettoni che dispiegano tutta la loro forza nel rilanciare la pallina scambiando quei residui di spiaggia in campi da tennis. E resistono i giocatori di pallone scambiando fazzoletti di sabbia in Stadi Olimpici. Dubito qualcuno abbia avuto coraggio, voglia e forza di fare il bagno a mezzanotte, come d’abitudine accade. Il vento dei giorni precedenti ha contribuito ad abbassare le temperature e penso almeno 10 gradi. Lucifero e’ stato spazzato via con un forte colpo di tosse dal Maestrale. Come sempre il traffico anche quest’anno “imbottiglia” parecchio, residenti, turisti e provenienti dai “mille” paesini limitrofi. È una zona questa, tra le torri, Lapillo, Chianca, Cesarei, che fa fatica ad assorbire così tanta gente e le strade sono davvero lunghi nastri d’asfalto trasformati in colonne di lamiera d’auto. Ai loro interni bimbi festosi, esaltanti, palette alla mano. Adulti invece. .. Il tutto per un posto in spiaggia o scogliera. Sold out. Borsa frigo, infradito e compagnia! E’ ferragosto bellezza! Tanti auguri.
12 Agosto 2017
Sciabordio dell’acqua sospinta dal vento che picchia la sabbia. Giorni che si inseguono uno dopo l’altro, dilatati, senza tempo e confine, innumerati e innumerevoli, senza sveglia, compiti e lezioni;
vento che schiaffeggia, capelli, magliette e compagnia bella; bava marina rilasciata sugli scogli dal mare in piccole bacinella, onde che si stirano e si allargano in un continuo movimento mentre stropicciano castelli, scritte, cuori e merletti di sabbia. “Ho scritto t’amo sulla sabbia e il vento o il tempo… a poco a poco… ” Marosi che restano, morosi che vanno, il maestrale saluta e cosi abbasso il cappello; l’odore di pioggia, umidita’ e sughero si avvicinano e si fanno sentire, Lucifero si allontana… dileguandomi lascio le impronte e lentanente apro l’ombrello.
Ho terminato l’ennesimo libro. Cosa resta? Che i protagonisti sono privi di nome, ma “La strada”, è un bel libro. Da consigliare a scuola. Per i risvolti psicologici, per il rapporto padre-figlio, per essere un viaggio, un cammino, una ricerca, riflessione, un testo di formazione. “Portare il fuoco”, o l’amore e’ uns bellissima espressione: portarlo dove, a chi? La strada, e sulla strada, a San Pancrazio Salentino, due personaggi, di paglia, annunciano, imminente, “La sagra dei sapori”. Un inno all’amore. Per una terra, il buon cibo, i saperi, i sapori.
Maestrale
Il caldo torrido aveva ed ha le ore contate. “Toc-toc”, il maestrale è arrivato. Sulla spiaggia ombrelloni piantati, chiusi, punti esclamativi al brontolio marino!!! Le onde hanno schiuma “alla bocca”. Battono la spiaggia e ne fanno di essa un sol boccone. Pochi i coraggiosi in acqua. La bandiera rossa è un deterrente, anche ai piu’ coraggiosi o fanatici. Molti i resti della scorsa notte, sulla spiaggia, quella dedicata a san Lorenzo, (il diacono, martirizzato), e al conteggio di quelle stelle viste cadere. O sviste. “Cielo. Manca”. Notte di lacrime e preghiere. Che poi, onestamente, quando certe stelle cadono, non è proprio un bel vedere. Delle stelle. Le stelle-stelle, si: “le stelle stanno in cielo e i sogni non lo so, so solo che son pochi quelli che si avverano” (Vasco Rossi, che tra l’altro, è da queste parti, in vacanza). Per i piu’ sfortunati, ancora qualche serata da trascorrere in prima visione, al mare o in centro, nel patio. Sulla spiaggia il seggiolone del bagnino è sguarnito. E’ in tutto simile a quello di un arbitro di pallavolo. Ma senza campo e senza giocatori. Insomma, “non prende”. Sulla sabbia un divisorio fra lo stabilimento azzurro e quella privata. Sette bastoni tenuti insieme da una fune spessa, divenuti cappelliere e appendi abiti di fortuna, e un salvagente rosso alle estremita’. Allargo lo sguardo: c’è qualcosa di romantico anche in tutto cio’, su questa spiaggia molto vellutata, come “laura” spiaggia, direbbero quaggiù. Accarezzo il seggiolone come se accarezzassi dolci ricordi, che quando entrano, non escono piu’. Riaffiorano. Il popolo dei “selfie” canta: ” mi manchi, mi manchi, in carne ed ossa… “. Il mare “vomita” a più riprese cose che l’uomo ha fatto ingoiare a forza, nel tempo. Le onde si rincorrono, velocemente. Resta comunque un bel mare, dai colori espressivi, anche quando teasporta sabbia. Non e’ il mare e non e’ la costa narrata nel libro che mi accompagna qui ed ora, su questa sabbia: “La strada”. Su altre onde il trasporto di una musica: “L’estate sta finendo… ” Il maestrale e’ arrivato.
9 Agosto 2017
L’alba non e’ per nulla timida e il mondo non e’ bianco, nero, grigio, freddo. E’ tutto colorato e accalorato. Il giorno e’ lunghissimo, corta e’ la notte. Troppo caldo, afa, sudore. Luce e colori dispiegati per km e spiegati a moltitudini che prendono d’assalto il Salento, “lu mare, lu sule, lu jentu”. Luce e caldo mai avari! La strada. La grande pineta che dava riparo a schiere di turisti e residenti si è via via scorticata. È spelacchiata e sulla terra, rossa, dura, compatta, restano i segni di quelli che un tempo erano tronchi. Un tempo, quando c’erano gli alberi e i bimbi giocavano a pallone, quando questo finiva li sotto, recuperarlo era una caccia al tesoro. Oggi che i pini e gli alberi maestosi di quella pineta non ci sono piu, i bimbi non giocano piu a pallone per mancanza di ombra e gli adilti corrono a fare scorta di condizionatori e ventilatori. E poi capita che la “corrente” salti. Nulla da ‘laudare’ all’operato dell’uomo. Il contadino col “panaro” pieno, di fichi, maturati prima del tempo fa capolino in mezzo. La strada. Scruta il cielo. Per abitudine, da tantissime primavere. Ma nulla da vedere. Solo azzurro. E neanche il passaggio di una nuvola, a pagarlo, o pregato, questo “Benedetto cielo” che ha “vomitato” tutta la neve possibile a gennaio e ora non ne vuole sapere di due lacrimucce d’acqua che farebbero tanta vita, vite, ulivi. Contadino. Bicicletta, coppola, in piedi da chissa’ quante ore, un pezzo di storia, la sua, che merita, meriterebbe, questa, si, essere ascoltata, all’ombra di un fico. Forse i suoi o forse di conoscenti, amci che non hanno voglia e tempo di raccogliere, in “questo tempo”, complici gli uomini, che non mutano, consumi, abitudini, pensando di poterlo fare, sempre, uso eccessivo, indiscriminato di risorse, limitate. Cosi come il consumo, del suolo. Verdi, quei fichi, come l’acqua del mare. Cielo azzurro, teso, come il mare. Blu, cristallino come il suo occhio che racconta di quando qui “c’erano le baracche” per i villeggianti. Sole che spacca, ma che lui, il contadino, proprio non sente addosso . Un pezzo di pane, colorato: rosso, nero, olive, nere, che lasciano il segno sulla sua pelle rigata dal passare degli anni, dando schiena e viso a questo “sole” benedetto. Caldo che spacca. Anche le pietre. Come contrastano questi colori, come il grigio ed il nero del libro, in via di lettura, verso il termine, a dire il vero, “La strada”. Padre e figlio, senza nomi, in fuga dai “cattivi”, verso la costa, il mare. Che contrasto, tutta questa bellezza, appena volgo lo sguardo dalla parte opposta, verso case, probabilmente di troppo, che forse non avrebbero dovuto esserci dato il male che fanno alla natura. Che tristezza quando vedo sbarre che limitano l’accesso al mare ed un cancelletto attaccato alla sbarra. Le conto, dovrebbero essere tre che impediscono probabilmente, in qualche modo l’accesso. Ripenso al tema di maturita’: progresso materiale e morale. Mi piacerebbe avere tempo, forse essere giornalista e come si diceva un tempo, ” inchiestare”… su tante cose…e poter capire qualcosa in piu’. Laudato si… una bella enciclica. Chissà se un giorno…
La strada, la sabbia, la borsa frigo
7 agosto 2017. La strada, le borse frigo. Potrebbe essere un tema: “elogio della borsa frigo. Storia economica e sociale di un Paese che muta”. Bisognerebbe “guardarvi” dentro per “intrecciare” tanta storia. E probabilmente, capirne qualcosa di piu’, di certi “panieri”, con prodotti che entrano e altri che escono. Un po’ come chi arriva e chi va su quella “lingua” dorata che un tempi era davvero selvaggia, posta davanti ai miei occhi, mentre io, al fresco, mi sento molto simile all’uomo in ammollo. Senza vestiti, che si lavano da soli, ovviamente. Il sole, “sorto” (come sempre diciamo) da poco, fa pensare ad Est. E’ sbucato dietro Villa Belvedere e ora pare avvicinarsi e “attaccare” in un’altra giornata che si annuncua molto luciferina. E’ un cielo grigio, che sa di cenere; sembra uno di quei cieli che da qui a poco ne manderà giu’ tanta, di pioggia, mentre in realta’, che è sempre differente, e’ solo e soltanto colore che annuncia afa. Crema. Spray. Friziona. Spalma. Cocco, avocado. Capelli. Radice, cuoio capelluto. Friziona, spalma. Grida, spruzzi, pale, palloni, palline, palle. Girano. Tutte insieme. Da dentro l’acqua, del mare, uno specchio limpido, azzurro, blu, verde, una tavolozza per artisti, tra una bracciata e l’altra, la spiaggia color oro pare una stazione ferroviaria senza atrio, dove tutti sono alla ricerca di un loro “scomparto”, un fazzolettino di sabbia, libero da “concessioni” o “stabilimenti”. Uomini, donne, ragazzi, braccia tese che reggono borse frigo: piccole, grandi, rigide, di plastica, all’ultimo grido. “Sicuramente acqua, frutta, verdura… “. Braccia tese. Il braccio della borsa frigo e’ perfettamente bilanciato dal peso delle ciabatte, chiuse a conchiglia, tenute nell’altro. Braccio. Poco piu’ in là, oltre il vialetto che congiunge le due spiaggette interrotte dalla “casa ai margini dell’acqua”, (verrebbe da infierire e dire “sull’acqua”) i ragazzi si sono attrezzati per il gioco dei tuffi. Una fila di sacchi impedisce all’acqua del mare di lambire l’abitazione quasi arroccata sulle ex dune e attaccata oramai da anni dalla forza del mare. Perché si sa, la natura, prima o poi, si riprende tutto ciò che l’uomo ha strappato con forza. E qui, di forza, a guardare certe case, l’uomo di forza, ne ha usata parecchia. I provetti tuffatori, invece, raccontiamoci. Molti dei sacchi, a difesa della villa, sono diventati un trampolino di lancio. Alcuni padri accompagnano i figlioletti, almeno quelli più piccoli, divenuti tutti Magnini e Pellegrini. Come per un colloquio di lavoro.
Tuffi, acqua che si apre, cerchi, schizzi. Verticalità. Inseguendo la verticalità. L’estate è breve. Una parentesi, uno spruzzo di felicità.
Ogni giorno che passa, il trampolino diviene sempre più alto. Sulla ex-spiaggia. Sulla strada. Del mare. Località di vacanza, il mare, pare la scelta-meta privilegiata dal 56 per cento di italiani che pare passeranno 11 giorni-notti di ferie. Ma la strada è anche quella di un libro, ripreso. Una storia, di padre e figlio. Non sappiamo dalle prime pagine cosa sia successo e perche padre e figlio siano in cammino, forse non è neanche importante porsi la questione… pare ci sia stata una fine, un attacco, una guerra, un cataclisma, un giorno dopo, fatto piu’ di “castighi che delitti”. E questo è evidente fin dalle prime pagine della storia. Forse una tragedia, chi lo sa…padre e figlio sono alla ricerca del mare… ma anche presumibilmente di altro.
5 Agosto 2017
I mass-media ci informano “quotidianamente” che siamo uno dei Paesi piu’ caldi, o forse il piu’ caldo escluse le zone desertiche. Reale, percepita, confronti fra questo caldo e quello del 2003, come se, parlando dello stesso argomento si affievolissero le pene di questo “inferno” chiamato Lucifero. Questi i discorsi da “ombrellati” e sotto l’ombrellone. Fin dalle prime luci dell’alba, a Porto Cesareo, dove è obbligo rifornirmi di Stampa (peccato per la sola pagine tra di cronaca torinese), Messaggero e Quotidiano, notizie condite dal gusto di caffè e
pasticciotto, per la cronaca di vita quotidiana,
il ficarolo si è piazzato, come da anni a questa parte gli capita, nel medesimo luogo dove lo avevamo intercettato in qualche post fa: parcheggiato a due passi dal gran “ricamatore” medico chirurgo del paese, conosciutissimo, da tutti i bambini proprietari di una bici e che tutti a quel loro tempo si facevano chiamare Fignon, Moser o Il Pirata, almeno fino a quando non interveniva lui, il dottore, ad incidere su qualche loro gamba e chiudere la faccenda con qualche punto di sutura. Un dottore, apprezzatissimo e riverito a suon di levate di cappelli, proprio ora che si avvia verso i 90. Sul furgone del Ficarolo, posto tra dottore e “Bei tramonti”, solo il colore del pennarello si è sbiadito un po’ così che, qualche parolina un tempo dolce e succosa presenta oggi il segno dei tempi e il sogno infranto di altri. Tempo che passa, anche per il ficarolo, senza più il suo richiamo per la “fica”, tempo passato evidenziato da qualche ricamo sulla pelle, al pari delle sue “fiche” sulla buccia. Tutti scrivono e anche le Scritture sulla frutta hanno avuto sempre qualcosa da dirci. Il cielo ha un colore indefinito: sembra di essere in attesa, un lieto evento, ma certamente non partorirà pioggia. È l’effetto calore-afa. Tutto qui. Per la pioggia, qui, non è ancora tempo. Ma per i ricordi, si. Eccolo. Fresco di “pezzo di carta”, passeggiando dalle parti di Roma Termini, esattamente a Santa Maria Maggiore, partecipai, anni fa, alla funzione celebrativa della Madonna della neve. Oggi, 5 agosto, infatti, si ricorda “il miracolo della Madonna della neve”. Da una delle tante botole poste sul soffitto della Basilica vidi scendere tantissimi petali, o fiocchi, “neve”. Fu uno spettacolo davvero molto bello e coinvolgente. Lo rivedrei volentieri. E anche la neve, rivederla, non mi dispiacerebbe.