Caffe’ nero e bollente. Bicchiere di plastica tra le mani, appoggiato alle labbra, gustando una “miscela arabica” che si fa strada, lentamente. Sorso dopo sorso. Osservando la Freccia. Ferma. Che tra poco si scagliera’ vetdo la dorsale appenninica. Campane a festa in ogni dove. I prati sono in fiore. Glicine. Colombi. Colombe (sempre Sida) e cioccolata di ogni tipo: latte, amara, fondente, extra. Profumi anche tu, certo. Parchi cittadini in movimento.
E cosi treni alle stazioni. Finestrini e musi e nasi e visi appiccicati per osservare e appannare meglio. Capelli di fresco, stirati, neri, lunghi, frangia, occhialetti calati sul naso, libro tra le mani, come breviario. Mano aperta a mo’ di ciao. “Ciao”. Bus in un continuo via vai e panchine e sedie che aspettano ( forti “quelli di corso Umbria che aggiungono sefie alle panchine a ridosso della fermata. E non si comprende se per l’attesa piu lunga dei bus o altro). E allora buon viaggio e buona Pasqua. Senza preoccuparsi troppo della meta. Certo. L’importante è tornare con occhi nuovi.