“Qui Roma”. se non sbaglio non era solo un messaggio in codice ma era un giornale abbinato alla nostra cara “La Stampa” torinese, in vendita qui nella capitale. Forse correvano e “scappavano” gli anni ’90. Era il 1997? Probabilmente, si. Non ricordo a chi venne l’idea di quel lancio giornalistico, fatto sta che in tempi lontanissimi dagli attuali caratterizzati dalla presenza e invadenza molto social, il giornale torinese ci fece su una grande iniziativa. Che duro’ poco, a dire il vero: una versione de La Stampa in “cronaca” e salsa romana. Un po’ Torino un po’ Roma, per chi voleva allontanarsi dal “quotidiano”ma non troppo. Insomma, restando torinese e turista allo stesso tempo, conla speranza di catturare “quarche Romano”. Qui Roma. La Stampa in quel periodo si “specchiava”, anche? dolcemente, al sabato. Era Specchio in abbinamento al cartaceo. Un settimanale “caruccio”, tutto “pettinato”, che scriveva di tutto un po’. In ogni caso, oggi, “qui Roma”. Qualche tesi su quei due “monumenti storici cartaci” esiste? Io proverei a “ricercare”. Al tramonto capitolino,
piazza di Spagna è stupenda. Scendo giu da Trinità dei Monti, dove tra gradini e Chiesa è asserragliato un gruppo di fedeli al… selfie. E non solo, dai. La Chiesa è caruccia. Il tramonto stupendo. Scendo giu’ e mi affaccio un attimo sulla piazza. La Barcaccia si avvicina e così sono esattamente equidistante tra vertice e base. Comincio a scendere e mi siedo. Vengo cooptato Tra suoni e canti. Infatti, tra un controllo e l’altro dei vigili (al fine di far rispettare il divieto di non mangiar sulla scalinata), qui è là spuntano chitarre e canzoni che contagiano, coinvolgono tutti, seduti e in piedi, in una Babele di lingue. Ma questo non importa. Qui tutto comincia con un “Hi”: tempo zero e cominci a cantare per ritrovarti, tempo dopo, a mangiare pasta cacio e pepe dall’altra parte di Roma: gente che non hai mai visto e rivedersi in vita tua. Così è la storia. Tanto, non occorre molto. Solo un semplice “Hi”. E allora, “dai, namo va”. È Roma qui. Anzi, “Qui Roma”.