Onestamente. Francamente. Veramente. 14 ottobre. Nella spiegazione sul lavoro a Torino non sapevo da dove cominciare, questa mattina a scuola. Circondato da notizie di Nobel. Qui intorno tutto parla del Lingotto, dello stabilimento, nato già vecchio, coi suoi piani, con la pista, la bolla e il Fiorino e i suoi operai che hanno dato lustro, a tutto, tanto, alla città, ad un prezzo elevato, con le loro conquiste e la sconfitta. Il movimento operaio che vince, perde. Marcia lui e marciano i colletti bianchi poi. “Zitti, parla Bertinotti. Che dice? “. L’80, il 14 ottobre, e la cassa a zero ore. Le buste paga degli operai che sventolano stese come biancheria. Un panino, il caffè, i compagni, le lotte e noi figli a giocare con altri figli e figlie che non potevamo capire tutto quello e questo. Giocavamo, noi. Piangevano, loro. Ridevano, pochi. La grande ristrutturazione. Sembrava il titolo di un film. Non lo era affatto. Qualcuno ci ha lasciato pure, pero’. Che spiegare a questi ragazzi dai visi candidi e speranzosi e che al Lingotto ci vanno per Farinetti o l’8 Galery o a camminare o correre sulla passerella a vedere i treni partire da Porta Nuova e sognare e desiderare di partire anch’essi? Qui si parla di Marconi fermata, e i ragazzi non sanno che e chi c’era in quei due palazzi, di via Chiabrera dove si facevano i test per entrare “alla Fiat”e di un palazzo nei pressi che del lavoro ormai ne porta solo il nome. Che spiegare? Ricordi che intercettano un altro 14 ottobre, del 2000: l’alluvione, la Dora e sulle “sponde” di via Livorno il lavoro. E io a guardare, insieme a viso di donna, braccia sulla staccionata, e domandare se e quando sarebbe esondata. La Dora. Devo spiegare il lavoro e contestualizzarlo.Tempo. Passato e presente. Torino…