C’era la pioggia nel pineto, questa mattina. E la terra sprigionava i suoi profumi e cominciava a dare i suoi primi frutti mentre il mare conduceva i suoi fino a me con leggerezza e a bordo di un venticello
. La luna nei giorni scorsi, con le sue gambe divaricate ha partorito notti bellissime e mentre la musica o “lu rusciu te lu mare” le ha rese ancora piu’ belle e goderecce. Paesaggio “pascoliano”, molto intimo, e’ stato il primo pensiero. Pascoli cominciai a studiarlo con occhi attenti quando cominciò “il tempo delle conchiglie”. A dirla cosi sembrerebbe un film sugli amori adolescenziali. Forse solo sull’amore. Che bisogno c’è di declinarlo? Salutati velocemente amici e vicini (che mi dicono: “ce sta faci, sta parti? Allora si cujone”) creando cosi un’ennesima occasione di risata e Porto Cesareo con le sue casette basse poste tra terra e mare mi dirigo velocemente verso Lecce dove è in attesa il treno per Torino. Un disegno lungo le strade di Porto Cesareo mi ha rammentato il significato di un vero viaggio e per il tempo (gli occhi, Proust, anche questo e’ a corredo del tempo delle conchiglie) che ho disponibile voglio gustarmi un po’ di queste bellezze salentine. Certo non mi faccio mancare il solito giro in centro,
al Duomo, davanti all’anfiteatro,
” con occhi da poeta” gustando ancora una volta, alla faccia della dieta, un pasticciotto. Un giro e il tempo stringe:
le 11 si avvicinano e alla stazione dovrò pur arrivare. In città frotte di turisti carte geografica tra le mani. Un cartello in città ci da il suo benvenuto. Nessun problema: il treno è li ma è solo una piccolissima parentesi.