A Lecce, quando non si parte e non si arriva e’ tutta un’altra storia. Lecce: Firenze del Sud, citta’ stupenda, barocca. Sole alto e luce obliqua. Il treno e’ li, fermo, sul primo binario, ma non e’ stato e non sara’ il mio. Ha smesso da poco di “vomitare” persone, trolley e storie e solo per un caso o gioco del destino molti viaggiatori si sono incrociati, parlati, conosciuti per alcune ore. Un treno blu, notte che profuma di Alpi, Appennini, Pianura Padana, fiumi, mar Adriatico, citta’ e raffinerie e ha portato con se chissa’ quale carico. E’ li e ora riposa dopo aver fatto il suo mestiere e non andra’ mai in pensione. Silenzio. Anche l’altoparlante non annuncia nulla stamattina. Silenzio che e’ attesa. Vado alla ricerca spasmodica di un caffe’, del pasticciotto e del Quotidiano di Lecce e questi si, restano invece la stessa storia
e fanno letteratura che non e’ vita ma esaltazione della vita. Da qui si scrive e racconta. Oggi la luna si accende, mercoledi di plenilunio, e quindi riflettori accesi su molto. Stazione. Un sorriso lungo un viaggio, anche se oggi, fortuna, non si viaggia ma si raccontano viaggi. Qui e’ il posto preferito per gustarmeli, i pasticciotti, e chissa’ perche’, resta sempre il bar della stazione il luogo preferito dove farlo. Forse perche’ da qui i sogni viaggiano e hanno gambe. All’uscita qualche taxi in attesa di qualcuno mentre altri attendono e ciondolano per l’arrivo di “quello da Torino”. Emozioni e ansia congelati almeno per altri dieci minuti. Oltre i taxi il viale alberato, il centro, il gazebo.
. La ricerca del Salentoinbus idem. Niente orologio niente tempo. Alle 8 di mattina il sole era gia’ alto, e sui nastri d’asfalto lungo la direttrice Porto Cesareo-Lecce i venditori ambulanti hanno gia’ sistemato nelle macchine cassette di frutta e verdure pronte per la vendita. E l’immancabile bilancia, strumento commerciale da sempre e simbolo di giustizia. Le terrazze leccesi richiamano vita: sventolano 251 bandire del Gusto, un ottimo risultato se si tiene conto che in Italia sono 4. 965. Sulle terrazze svetta e veglia il campanile del Duomo con i suoi 5 rettangoli che sono li, disponibili alla vista di tutti, fin dall’accesso della città e oltre. Poi il ritorno. Sole ancora piu alto e tutto come prima, con qualche macchina in piu verso il mare. 25 minuti di strada e di caldo, qualche rotatoria e si e’ a Porto Cesareo dove un’altra giornata di mare è pronta per essere consumata. Un giro veloce nel Paese tra negozi che richiamano “pillole felici”
e il solito “chiodo fisso”
. Il sole ora è già molto alto e scotta anche. Acceca. Cerco un riparo, sotto la veranda. Li fuori, oltre le finestre, persone e personaggi che hanno fatto la storia della via (che e’bellissimo un quartiere! )si aggirano con una consueta flemma. Escono dai loro fantasmi e si materializzato divenendo personaggi. Mi muovo sorridendo, al fresco. Incrocio una cassapanca la apro e. .. al tatto impatto in una storia gradevole. Un tempo contenitore per la farina, buona per il pane. D. ricorda quando il forno era unico e le giornate per cuocere i “pezzi” erano solo due la settimana. Il fornaio passava con il suo camioncino e sulle tavole di legno depositava i pezzi. “E come facevano a non confondersi tutti quei pezzi di pane? Perché i numeri sono numeri ma le forme, la farina forse no”, potrebbe domandare qualcuno dotato di buon senso. Semplice: ognuno sul suo pezzo metteva l’iniziale del nome o cognome. L. per esempio e si capiva cosi a chi apparteneva. Ma questo, un tempo. Oggi ho ritrovato storia recente, che mi ha tolto il fiato, per un po”, tanto quanto potrebbe farlo una bellissima foto del mare del Salento
. Con dedica di… corredo. Proprio come una cassapanca.
Che bella foto 3 racconto.Nelle cassapanca le nonne ci mettevano cose bellissime ricamate a mano.Erano corredi per le figlie o fidanzate dei figli ma ci stavano anche cose buonissime da mangiare!!!
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Si perfettamente vero. Cose bellissime. E buonissime. Ma le bellissime suscitano racconti.
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