La veranda ripara dal sole, dai rumori, e oltre persone e personaggi. Chiudi gli occhi e il passato filtra attraverso le stesse fessure.
Con M. non prendemmo in considerazione di andare a Genova, alla manifestazione contro il G8, o forse non ci pensammo quantunque da un po’ scrivevo sulle contestazioni, sui movimenti di protesta e neo-liberismo, FMI, Banca Mondiale movimento No Global e cominciavo a “scolpire” la mia tesi. E adoravo la politica. Mi piaceva seguire il Social Forum, le piazze tematiche, come si stesse organizzando il corteo dei migranti e se il movimento no global aveva “messo il cappello” su di una forza politica di sinistra o se fosse il contrario. Mi entusiasmava il linguaggio politico di B. e come comunicava. E mi piaceva scoltare i dottori, S. e A. e il portavoce C. e, o ma, il movimento operaio? E noi, operai, e studenti-lavoratori, facevamo confluire le nostre discussioni in fabbrica con il bicchierino di plastica in mano nella pausa caffe’. Un altro mondo era possibile. Quel giorno M. mi accompagno’ come tantissime altre volte al lavoro, per il turno: pranzo insieme e 30 km di strada, sotto il sole e tanta felicità; la collina torinese, Superga e molto sole erano una bellissima cornice e cominciai cosi a pensare all’amore almeno 8 ore prima del nostro rivedersi come eravamo soliti fare ogni qual volta turno e fabbrica ci separavano. Uscii dalla sua macchina dopo che ci scambiammo un bacio e restai con quel gusto delle sue labbra e di lei per molte ore. L’entrata, gli spogliatoi, la camicia e i pantaloni verdi (gentilmente concessi per il nostro lavoro)e 4 cazzate prima di scendere in reparto, dopo aver girato la chiave del lucchetto dell’armadietto lasciando alle spalle gli abiti civili, Chieri, Torino e.. .Entrando in fabbrica il rumore si conficcava nelle nostre orecchie fin dalle scale e mano mano che attraversavamo i reparti diveniva sempre piu fastidioso e urtcante come una persona fastidiosa. Un saluto veloce con quelli del primo turno, le disposizioni del capo o team leader e via. Un pezzo, due, tre o, in piemontese, al vua con i toc. Una gurnizione, la vite, il tappino, i somma, noie da catena di montaggio, le pause da 10 minuti, chi prendeva il caffe’ alla macchinetta e io che pensavo a M. e al nostro amore.Trascorsero cosi le 8 ore. Ero sempre il primo ad uscire dai cancelli di quella fabbrica e mentre gli altri si auguravano ancora una buona serata, o si pettinavano in auto prima di rientrare a casa, noi due eravamo gia’ figli della luna e del nostro amore: il mondo era nostro. Quella sera fu un tantino diverso. Salutai le guardie fisse al solito gabiotto ed M. era al posto di guida nella sua macchina che mi aspettava, davanti al piazzale. Entrai, mi sedetti, posai lo zaino dietro e mentre lei mi riempiva del suo odore e dell’amore io le riversano addosso quello di olio e di fabbrica. Un velo di tristezza pero’ faceva capolino sul suo viso, un tratto scuro le era calato addosso e i suoi occhi, piccoli e neri eano divenuti ancora piu’ piccoli, quasi a scomparire, quantunque sempre belli. Mi posò una mano sul viso. Mi accarezzo’ dolcemente e mi disse:”hanno ammazzato un ragazzo in piazza Alimonda, oggi pomeriggio, a Genova”. Chiusi gli occhi e i pugni. Dissi solo:”noooo”! Piego’ il suo viso e scomparve nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Piangendo. La strinsi forte e piangemmo. Eravamo forti e sensibili allo stesso tempo. Avevamo pensato fino a quel giorno ad un altro mondo e che esso fosse davvero possibile. Il mondo lentamente da li a poco cambiava corso. E a settembre avrebbe cambiato connotati. Non so quanto tempo restammo, concavi e convessi tra un sedile e l’altro, così ad impastare lacrime e sogni feriti nrll’animo e nella psiche. Forse una notte intera. Forse 15 anni. Ciao Carlo.
Un racconto d’amore, triste, passionale, bello.Piace moltissimo.l’ho condiviso con altri.
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