“Cassapanca”

Lecce.20 7 2016 .staz.foto Borrelli RomanoA Lecce,  quando non si parte e non si arriva e’ tutta un’altra storia. Lecce: Firenze del Sud,  citta’ stupenda,  barocca. Sole alto e luce obliqua.  Il treno e’ li,  fermo,  sul primo binario,  ma non e’ stato e non sara’ il mio.  Ha smesso da poco di “vomitare” persone,  trolley e storie e solo per un caso o gioco del destino molti viaggiatori si sono incrociati,  parlati,  conosciuti per alcune ore. Un treno blu,  notte che profuma di Alpi,  Appennini,  Pianura Padana,  fiumi,  mar Adriatico,  citta’ e raffinerie e ha portato con se chissa’ quale carico. E’ li e ora riposa dopo aver fatto il suo mestiere e non andra’ mai in pensione. Silenzio. Anche l’altoparlante non annuncia nulla stamattina. Silenzio che e’ attesa.  Vado alla ricerca spasmodica di un caffe’,  del pasticciotto e del Quotidiano di Lecce e questi si,   restano invece la stessa storiaLecce.20 7 2016 foto Borrelli Romanoe fanno letteratura che non e’ vita ma esaltazione della vita.  Da qui si scrive e racconta. Oggi la luna si accende,  mercoledi di plenilunio, e quindi  riflettori accesi su molto. Stazione. Un sorriso lungo un viaggio,  anche se oggi,  fortuna,  non si viaggia ma si raccontano viaggi. Qui e’ il posto preferito per gustarmeli,    i pasticciotti,  e chissa’ perche’,  resta sempre il bar della stazione il luogo preferito dove farlo. Forse perche’ da qui i sogni viaggiano e hanno gambe. All’uscita qualche taxi in attesa di qualcuno  mentre altri attendono e ciondolano per l’arrivo di “quello da Torino”. Emozioni e ansia congelati almeno per altri dieci minuti. Oltre i taxi il viale alberato,  il centro,  il gazebo. 20 7 2016 Lecce.foto Borrelli Romano.  La ricerca del Salentoinbus idem. Niente orologio niente tempo. Alle 8 di mattina il sole era gia’ alto,  e sui nastri d’asfalto lungo la direttrice Porto Cesareo-Lecce i venditori ambulanti hanno gia’ sistemato nelle macchine cassette di frutta e verdure pronte per la vendita. E l’immancabile bilancia,  strumento commerciale da sempre e simbolo di giustizia. Le terrazze leccesi richiamano vita: sventolano 251 bandire del Gusto,  un ottimo risultato se si tiene conto che in Italia sono 4. 965. Sulle terrazze svetta e veglia  il campanile del Duomo con  i suoi 5 rettangoli che sono li, disponibili alla vista di tutti,  fin dall’accesso della città  e oltre.  Poi il ritorno. Sole ancora piu alto e tutto come prima,  con qualche macchina in piu verso il mare.  25 minuti di strada e di caldo,  qualche rotatoria e si e’ a Porto Cesareo dove un’altra giornata di mare è  pronta per essere consumata. Un giro veloce nel Paese tra negozi che richiamano “pillole felici”Porto Cesareo, Le.19 7 2016.foto Borrelli Romano e il solito “chiodo fisso”Porto Cesareo.Le.19 7 2016.foto Borrelli Romano. Il sole ora è  già  molto alto e scotta anche. Acceca.  Cerco un riparo,  sotto la veranda.  Li fuori, oltre le finestre,   persone e personaggi che hanno fatto la storia della via (che e’bellissimo un quartiere! )si aggirano con una consueta flemma. Escono dai loro fantasmi e si materializzato divenendo personaggi.  Mi muovo sorridendo,  al fresco. Incrocio una cassapanca la apro e. .. al tatto impatto in una storia gradevole. Un tempo contenitore per la  farina,  buona per il pane. D. ricorda quando il forno era unico e le giornate per cuocere i “pezzi” erano solo due la settimana. Il fornaio passava con il suo camioncino e sulle tavole di legno depositava i pezzi. “E come facevano a non confondersi tutti quei pezzi di pane? Perché  i numeri sono numeri ma le forme,  la farina forse no”,  potrebbe domandare qualcuno dotato di buon senso.  Semplice: ognuno sul suo pezzo metteva l’iniziale del nome o cognome.  L. per esempio e si capiva cosi a chi apparteneva. Ma questo,  un tempo. Oggi ho ritrovato storia recente, che mi ha tolto il fiato,  per un po”,  tanto quanto potrebbe farlo una bellissima foto del mare del SalentoBacino Grande (Le) 23 7 2016 foto Borrelli Romano. Con dedica di… corredo. Proprio come una cassapanca.

15 anni di 20 luglio

20160719_152728La veranda ripara dal sole,  dai rumori,  e oltre persone e personaggi. Chiudi gli occhi e il passato filtra attraverso le stesse fessure.

Con M. non prendemmo in considerazione di andare a Genova,  alla manifestazione contro il G8,   o forse non ci pensammo quantunque da un po’ scrivevo sulle contestazioni,  sui movimenti di protesta  e neo-liberismo,  FMI, Banca Mondiale movimento No Global e cominciavo a “scolpire” la mia tesi.  E adoravo la politica. Mi piaceva seguire il Social Forum,  le piazze tematiche,  come si stesse organizzando il corteo dei migranti e se il movimento no global aveva “messo il cappello” su di una forza politica di sinistra o se fosse il contrario. Mi entusiasmava il linguaggio politico di B. e come comunicava. E mi piaceva scoltare i dottori,  S. e A.  e il portavoce C. e,  o ma,  il movimento operaio? E noi,  operai, e studenti-lavoratori,  facevamo confluire le nostre discussioni in fabbrica con il bicchierino di plastica in mano nella pausa caffe’. Un altro mondo era possibile. Quel giorno M. mi accompagno’  come tantissime altre volte al lavoro, per il turno: pranzo insieme e 30 km di strada, sotto il sole e tanta felicità;   la collina torinese,  Superga e molto sole erano una bellissima cornice e cominciai cosi a pensare all’amore almeno 8 ore prima del nostro rivedersi come eravamo soliti fare ogni qual volta turno e fabbrica ci separavano. Uscii dalla sua macchina dopo che ci scambiammo un bacio e restai con quel gusto delle sue labbra e di lei per molte ore. L’entrata,  gli spogliatoi,  la camicia e i pantaloni verdi (gentilmente concessi per il nostro lavoro)e 4 cazzate prima di scendere in reparto,  dopo aver girato la chiave del lucchetto dell’armadietto lasciando alle spalle gli abiti civili,  Chieri,  Torino e.. .Entrando in fabbrica  il rumore si conficcava nelle nostre orecchie fin dalle scale e mano mano che attraversavamo i reparti diveniva sempre piu fastidioso e urtcante come una persona fastidiosa. Un saluto veloce con quelli del primo turno,  le disposizioni del capo o team leader e via. Un pezzo,  due,  tre o,  in piemontese,  al vua con i toc.  Una gurnizione, la vite, il tappino, i somma,  noie da catena di montaggio, le pause da 10 minuti, chi prendeva il caffe’ alla macchinetta e io che  pensavo a M. e al nostro amore.Trascorsero cosi le 8 ore.  Ero sempre il primo ad uscire dai cancelli di quella fabbrica e mentre gli altri si auguravano ancora una buona serata, o si pettinavano in auto prima di rientrare a casa, noi due eravamo gia’ figli della luna e del nostro amore: il mondo era nostro. Quella sera fu un tantino diverso. Salutai le guardie fisse al solito gabiotto ed M.  era al posto di guida nella sua macchina che mi aspettava,  davanti al piazzale. Entrai, mi sedetti, posai lo zaino dietro e mentre lei mi riempiva del suo odore e dell’amore io le riversano addosso quello  di olio e di fabbrica. Un velo di tristezza pero’ faceva capolino sul suo viso, un tratto scuro le era calato addosso e i suoi occhi, piccoli e neri eano divenuti ancora piu’ piccoli, quasi a scomparire, quantunque sempre belli. Mi posò una mano sul viso. Mi accarezzo’ dolcemente e mi disse:”hanno ammazzato un ragazzo in piazza Alimonda,   oggi pomeriggio, a Genova”. Chiusi gli occhi e i pugni. Dissi solo:”noooo”! Piego’ il suo viso e scomparve nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Piangendo. La strinsi forte e piangemmo. Eravamo forti e sensibili allo stesso tempo. Avevamo pensato fino a quel giorno ad un altro mondo e che esso fosse davvero possibile. Il mondo lentamente da li a poco cambiava corso. E a settembre avrebbe cambiato connotati. Non so quanto tempo restammo,  concavi e convessi tra un sedile e l’altro,   così ad impastare lacrime e sogni feriti nrll’animo e nella psiche. Forse una notte intera. Forse 15 anni. Ciao Carlo.