Torino 5 marzo 2016. Mattino presto. Cielo lattiginoso. Fiocchi d’ovatta precipitano dal cielo. No.E’ altro. “Ma vero?” provo a fare il verso ai ragazzi quando la tal frase e’ di dominio pubblico. Quando ormai sembrava non crederci piu’ nessuno, quando ormai tutti avevano smesso di pensarla, almeno per questo anno, mentre il generale inverno lo avevamo lasciato alle nostre spalle senza essere mai veramente entrato, a farsi vedere e “sentire”…eccola, lei, sottile e silenziosa, candida e bianca. Bianca come…la neve. Soffice. La neve del 2016. Ci mette un attimo a stendersi e assumere forma, sui tetti e sul manto stradale. E tra le mani dei ragazzi. Torino si sveglia, si affaccia e ammira lo spettacolo. Neve, neve, neve. Ricordo “Panchina innevata, gelo siberiano”. Un ricordo, un libro, “Un amore senza fine”, Scott Spencer. Bellissimo. Sospiro glutinoso, profondo, discontinuo. Avvolto in una nube di vapore, per il freddo o per gli occhi che si sciolgono o per entrambi. Da “paura di volare” a un amore senza fine.
Mi affaccio sul cortile allargato dove tutti navigano: la rete. Pupazzi di neve in grandissime quantita’ e forma. Ma come avranno fatto?? 5 centimetri? Mha’, certo e’ che un po’ ne e’ caduta. Non sentiremo i trattori e gli spalaneve, ma questa e’ cronaca. E storia. “Qui si che ci sta la notizia. Scrivi, scrivi” par di sentire voci “galoppine” e fotografi al seguito sguinzagliati per la citta’ (e la rete) per qualcosa e qualcuno, di buono e caratteristico. Il tutto quando ormai nelle vetrine dei negozi torinesi, colombe zuccherate e uova di cioccolata anticipavano Pasqua e le vacanze pasquali, e quelle la facevano da padrone. Ecco, festa interrotta, perche’ di colpo arriva lei. E si che ci voleva pure la sorpresa!!! Qualcuno sussurra in tono di sfotto’, “buon Natale”. Io ci scherzo su, prendo la sfera di Roma, regalo di alcune studentesse e ricordo di una gita e mi dico: “bhe’, nevica anche qui. Tutto l’anno”.