30 novembre

20151130_150326C’e’ una grande poltrona a forma di labbra in una delle tante stazioni della metro torinese. E’ il Divano Bocca, la poltrona Money-Money. Precisamente a “XVIII”. Gia’, i ragazzi quella che noi chiamavamo la vecchia Porta Susa loro han cominciato a chiamarla “XVIII” omettendo come sono soliti fare, Dicembre. Gia’, domani sara’ il primo dicembre. E allora cominciamo questo viaggio da qui. Devo far rientro a scuola per quelle cose “straordinarie” che di tanto in tanto i ragazzi fanno capitare, alla loro eta’, e che poi, noi, “educatori” per come possiamo, siamo tenuti ad apporre un “timbro” al loro corso. E al…consiglio. Ho le gambe piegate, la testa pesante e tanta stanchezza. Non passa nessuno, a quest’ora del pomeriggio. Mi accomodo, rileggo l’ultimo articolo del blog, poi, reclino il capo all’indietro e, non so se sia stato un sogno o una visione, ma la costruzione del personaggio femminile pare abbia voluto dare continuita’ al suo scritto e prendersi ancora la sua parte.

Oggi in questo dito di costa, di sole raro e generoso, pallido nei ricordi, mi fa compagnia un libro di Modiano. Mi piacciono i suoi  personaggi, femminili, misteriosi, quelle fughe, sempre piu’ in profondita’ quasi a sfidare l’assenza precedente. In alcuni tratti, mi raccontano. Ce la metto tutta a cercare dei punti fermi. La vastita’  del mare e’  lo spazio di cui avrei bisogno, per emergere, non per sommergere. Provare a lasciare sul fondale una universalita’ di volti, inutili, superflui. Lo scruto, come se da un momento all’altro potesse trasmettere qualcosa, un consiglio, una parola, come se tra un’onda e l’altra potesse allungarmi una nuova carta di identita’…per una nuova narrazione: possibile. Insomma, non una semplice storia ma una grande Storia. Pero’, tutto si tiene: e’ la mia storia, ed e’ bella per questo.Unica.Come me. Mi domando se non sia proprio la mia presenza “a dare al luogo e alle persone quella loro aria strana, quasi li avesse impregnati del suo profumo” (P.Modiano, “Nel caffe’ della gioventu’ perduta”). Sembra Parigi, anche questo dito di costa che mi ha conferito i natali, trenta anni fa. E’ successo in novembre. E’ arrivata la metro e l’ora del consiglio e il metro del giudizio con cui dovremmo giudicare.

Volevo rimpolpare le “quattro paginette e scriverne almeno trenta. Avrebbero prodotto un effetto valanga e sarei potuto arrivare a cento pagine” , cosa possibile forse quando ci si sente definitivamente guariti dalle ferite di cere infanzie e adolescenze senza nessuna ragione per restare nascosti nelle zone neutre. E’ una bella Storia.

Il rumore di un Val che sta arrivando mi ha ridestato.

28 Novembre. La Storia

Senigallia, 28 novembre 2013 foto, Romano BorrelliDevo svolgere questo “benedetto” compito per lunedi: un breve racconto per descrivere  l’ambiente, il personaggio, possibilmente al femminile per noi maschietti e al  maschile per le femminucce, sentimenti…Dopo la descrizione del volto, di un personaggio, dei movimenti fisici per descriverlo psicologicamente, e altro ancora, oggi, l’ambiente. Mi piace il mare, d’estate e d’inverno. Le stagioni che passano e chi ci passa accanto in quelle. Chi resta e chi va. Il mare è una finestra, non una parentesi. Il mare raccoglie e restituisce tutto. Il mare. Mi piace prendere il treno e andare, a fine novembre, e perdermi nelle nebbie padane e poi sfociare come un fiume nel mare Adriatico. Ho terminato carta e penna e l’esercizio devo farlo altrimenti lunedì  mi bacchettano. Ci tengo. Comincio, come va, va. “Oggi, 28 novembre 2015.28 11 2015 Torino P.Susa.foto Borrelli Romano

Fa freddo. Il mare rumoreggia, brontola, schiuma dalla rabbia, ma è bello anche cosi’. Una barca rovesciata, capanna per due cuori nelle notti d’estate. E’ sbrecciata, legno consumato, sprovvista di remi. Penso che solo per pochi giorni, appena tre, e forse avrei respirato la stessa aria della Morante, Elsa. Infatti aveva deciso, misteriosamente, di lasciarci esattamente tre giorni prima della mia nascita: il 25 novembre 1985. Oggi e’ il 28 novembre28 11 2015 Torino.foto Borrelli Romano, il mio compleanno: trent’anni. Ho una storia tra le mani. Mi piace leggere, da sempre. Sottolineare i passi e lasciare appunti. La mia storia e’ una strada di letture. Da leggere, da raccontare, scrivere. Le amiche mi dicono che anche quando mi posiziono in un angolo, perche’ mi infastidiscono il rumore dei locali e le chiacchiere inutili, gli sguardi si concentrano su di me. Dicono di essere interessante.In realta’ vorrei essere una comparsa ma la sommatoria degli occhi mi trasformano in una protagonista. Ho sempre un libro con me, forse per assentarmi. Forse il mio sogno era lettere, la vera medicina alla medicina. Avevo pensato di rileggerne qualche pagina sedendomi su questo tappeto vellutato,  immergermi, come avviene d’estate, onda dopo onda, riga dopo riga nella Storia, e che per troppo rumore, fuori e dentro, me ne impedisce l’azione. Le mani avvolgono il libro, le unghie lucide, smaltate di rosso, una piccola cicatrice sul polso, la pagina di un’altra storia. Il vento sciupa i capelli, alcuni rossastri altri neri, naturali. Passo la mano sul viso, prima sotto il naso, un po’a patata, poi sotto gli occhiali, ad asciugare una lacrima: il vento strizza l’occhio ai ricordi, li stropiccia e mi strattona al ritmo del tempo: passato-presente. Poi, mi tocco il lobo dell’orecchio, come spesso capita, quando i pensieri “escono” nell’ora di punta: un piccola perla mette lo stop alle dita nei loro movimenti. Un altro stop al caos dei pensieri: “da quanto tempo li indosso e donde vengono?” Un altro compleanno, quando il vento sbatacchiava fuori dalla finestra e il nemico alle porte era l’Università. Nell’altra mano un lembo della salvietta, si alza, sospinta dal vento, trattenuta nel braccio ripiegato. Mi ritrovo esattamente come faccio d’estate, quando però il cappotto rosso staziona nell’armadio della cameretta e il costume modella il corpo. La guardiola del bagnino è sguarnita, oggi. Solo qualche mese fa  la torretta “inforcava” gli occhiali del bagnino, che poi era un bellissimo binocolo grazie al quale nelle giornate serene, estive, l’ex-Jugoslavia pare essere a due passi da qui. Solo qualche tempo fa , invece, sulla sua sommità, una quindicina di gradini, giravo una scena di Titanic: braccia aperte e ben distese, occhi chiusi e capelli al vento. Il “gomito”  sempre li, sulla mia destra, con le sue alture avvolte dalla nebbia, oggi; dalle luci quando le sere e le notti sono più corte e le giornate più calde, più lunghe, d’estate. Le navi che si muovono lentamente, dopo aver ingoiato i loro carico. Il faro, con la sua luce, alla mia sinistra. Qualche buco sulla sabbia, là dove erano collocati gli ombrelloni. Le cabine sprigionano odori di sughero, legno e muffa. Alberghi, pensioni, stellati e gallonati, sono chiusi, e dentro immagino cucine, mobili, letti coperti da nylon, in letargo: “Riposo”. Il rumore di chi fa jogging proviene dal vialetto, alle mie spalle, costeggiato dal muretto, appridi di quanti, d’estate,  si mettono in vetrina per osservare meraviglie in carne e ossa, e “osano”. Quel vialetto  “conta km” riservato a ciclisti e passeggini d’estate. Sul muretto mi ci posavo quando ero in anticipo, a dire il vero, quasi mai, e proprio allira mi  accorsi che le distanze segnate erano diverse. Strana via per un vialetto con numeri che parevano volessero giocare un ruolo diverso nella mia vita. Mi volto attratta dal rumore. Giro intorno a me stessa come un gurotondo da bambina e avvolgo tutto il nastro: l’Universita’, la ferrovia verso sud e verso nord, una mole di km, il centro cittadino, piu’ in la residenza, la scuola, il faro, il luogo natio, il mare:  una zona di transito, di confine, l’orizzonte, un luogo tutto mio. Sposto gli occhi ora a destra ora a sinistra.  I “bagni”esibiscono fieri nomi e numeri. Ognuno di quelli e questi contiene storia e storie. Li leggo uno dopo l’altro: Cristal, Hollywood, Enrica, Marina, Elsa 25, 11, Morante, Laura 28, 11. Ogni posto, cosa, persona, un mistero e quando si ama veramente qualcuno bisogna accettare la parte del musteto. Trent’anni di Storia, pensavo mentre la brezza marina mi accarezza. Ma sono i miei, e allora, come che siano, me li faccio:” Tanti auguri“.

Come e’ andata e’… andata. La storia e’ stata scritta.

Un viaggio chiamato amore

“Questo viaggio chiamavamo amore” e’ terminato. I titoli di coda scorrono velocemente mentre TFF Torino p.zza Castello 27 11 2015.Borrelli Romanova avanti, sequenza dopo sequenza, ancora per qualche giorno.20151127_182941 Fa sempre piacere rileggere una pagina di storia, quella di Sibilla Aleramo e Dino Campana. Provare a inquadrarla, oggi, diversamente da ieri: il carteggio, la prima guerra mondiale, italiano, storia e psicologia. Oggi con qualche strumento in piu. Qualche nozione da restituire a scuola. Quando in una classe la storia e la scuola non sono due sofferenze. Massimo  T. di Giunti afferma che “Una donna” e’ un libro da comodino. Dopo averlo rivisto, (film) e in merito ad alcune scene, pensavo dicesse da…”letto”. Ma era Campana che era un…tipo. Nonostante fosse lui a voler scrivere un tipo, di lei. E, “baciarle la mano”. In ogni caso ha ragione Massimo quando afferma che e’  un ottimo libro.. Infatti uno lo custodisco nei pressi, del comodino, mentre questo che ho appena comprato, da Giunti, mi serve per regalarlo. Anche la scuola e'” un viaggio chiamato amore”. Una passione. Fa freddo, questa sera, a Torino,  ma fuori si sta bene e sotto la luna piena pure. Nell’aria vibra vento gelido e polemiche sul Dome, il pallone posizionato in piazza Vittorio: 22 metri per 16 in una piazza “aulica”. Nell’aria risuonano ancora musiche e danze di donne nella giornata contro la violenza sulle donne, quando era mercoledi, sotto l’atrio di Porta Nuova. 25 11 2015 foto borrelli romano.porta nuova Probabilmente e’ l’effetto Campana. Via GaribaldiTorino bia Garibaldi 27 11 2015 borrelli romano e’ una poesia, scritta da una L28. A dire il vero e’ un pochino piu’ lunghina e  mi sembrera’ fra qualche ora non piu’ una ragazzina ma una bellissima.. trentenne. Gia’ perche’ l’85 e’ l’anno in cui mori’la Morante e l’anno in cui nacque un’altra grande passione.  E’ l’effetto tempo. Sara’ una L 30. La percorro tutta e la srotolo. Poi torno indietro, in piazza Castello. Il presepe e’ pronto. Sull’albero invece ci si lavora. Costeggio la Facolta’di ieri, il mio passaporto per oggi. Un biglietto. Per un viaggio chiamato amore.

Porta Nuova, musica, danza e “Il dubbio”

20151120_115144Sotto le arcate di Porta Nuova, quasi restituite al loro splendore, un uomo danza, al ritmo delle note di un pianoforte. La scala mobile posizionata al centro della pancia e’ inaccessibile, fino a fine novembre. Porta. Porta Nuova. Porta del Giubileo da spiegare. Roma.S.M.Maggiore.Porta Santa.Borrelli RomanoPorta Santa. S.M.Maggiore Roma.Borrelli RomanoAi ragazzi. Insieme al volontariato. Possibilita’.  Alla mensa Caritas, in via Marsala.20151123_190232 L’uomo danzante allarga le braccia e pare trattenere con se il mondo intero. Alza una gamba ora l’altra. E’ in pace. E’ un palcoscenico, Porta Nuova, e lui una gru, figura immobile per pochi istanti,  al coperto, da eventuali critiche di perfetti ballerini tra un popolo di allenatori della nazionale di calcio. Altri lo osservano con espressione garbatamente severa e tratti malinconici. Io, osservo le dita di un musicista occasionale seduto sullo sgabello mentre offre note di dolcezza. Lo osservo passare le sue dita dolcemente sui tasti come fossero biscotti da infornare, per impastare musica, per noi, affamati da chissa’ quanto, di dolcezza. Quell’andare e venire delle dita mi inducono a pensare alle onde del mare, pigre, venute da chissa’ dove. Un’ombra, una donna, dietro  me. “Il dubbio”: tutto insieme, gli ultimi spiccioli dei suoi venti anni. Sento il rumore del mare. No. Mi e’ parso. “Il dubbio” . Ero venuto qui con il libro di Modiano e la sua “Dora”, il suo segreto. Pensavo di rileggerlo.  O di vederlo. “Il dubbio”.  Mentre mi godo questa dolcezza e questo dubbio altri strusciano tra le delizie di “CioccolaTo'”.20151124_085555Dora e il suo segreto. Un’ombra…ultimi spiccioli di venti che per alcuni sono stati un po’ i miei.

Je suis “en terrasse”

20151121_074156Torino, 21 novembre 2015.Ore 7.00. La citta’ ancora assonnata si stropiccia gli occhi, un po’ annebbiati come a tutte le sue ore, del giorno e della notte. Il cielo  di Torino “piange” lentamente e il freddo e’ pungente. Dal soffitto lattiginoso il cielo  piange di dolore. Sono stretto nel mio cappotto: e’ di qualche anno. S. ci lascio’ le sue impronte e il suo odore e un po’ di quell’azzurro-verde dei suoi occhi, uno piu’ verde dell’altro, mi diceva, fino a quando pensai fosse giunta l’ora di vederli da vicino. Trmendamente belli e profondi. E cosi mi avvicinai sempre piu’, a lei, fino a quando, lei, si allontano’. “Si dice che se non altro i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati. Impronta: segno incavato o in rilievo” (Dora Bruder, Patrick Modiano). Mi stringo nel suo interno (del cappotto) per patire meno il freddo, una borsa arancione con libri e giornali mi accompagna, direzione  Porta Susa. Diciamoci la verita’: ho voglia di poter dire “je suis en terrasse” e godermi la liberta’, per e di questo viaggio. Voglio staccarmi da pagine quotidiane di giornali e tg e vedere un po’ cosa capita al fine di poter rispondere alle numerose domande dei ragazzi,a scuola, (terrorizzati) relativamente a quanto accaduto a Parigi e ilsuo riflesso. Scale mobili, biglietteria. Allungo 109 euro per un biglietto di prima classe a Roma. E il ritorno, a parte. Sono le 8.00 e la freccia 9615 per Roma Termini spunta ed e’ pronta. Semaforo verde. Pronti, via, sfreccia. Arrivo previsto: 11.55. Qualche sedile piu’ avanti una giovane donna estrae libri da una borsa in tela con tante scritte: “Paris”.  Mi piace, l’idea. La osservo e lei si sente osservata nella sua borsa. Mi sorride. Ha uno sguardo alla Laura Morante, “una donna”. Mi piace. Avrei voluto porgerle delle rose. “In un momento”. “Giornali?” la domanda di una signorina  trenitalia che spunta dal fondo del corridoio. E si posiziona col carrello aggiungendo   un “dolce o salato?” Poi lentamente dopo tanta fretta della durata di 45  minuti “infiliamo” sotto le volte di Milano Centrale, poi,  e’ la volta del passaggio veloce da Bologna sotterranea, e Firenze con la sua pioggia obliqua che si stampa sui finestrini. Il finestrino e’ un foglio le gocce una scrittura. 15 minuti di ritardo e…sono a Roma Termini. Scendo dal treno. In  molti attendono oltre i varchi. Sotto le volte di Termini. Militari “corredati” di fucile e forze dell’ordine, pure, posizionati ora qua ora la. Compro due biglietti metro e mi infilo nella pancia direzione Battistini. Ad Ottaviano scendo dalla metro. Avrei voluto fotografare la scritta “Ottaviano” e altro ancora ma alcuni militari mi avvicinano e mi intimano  di mostrare il cellulare dicendomi che “e’ vietato fotografare: “ordinanza”! Mi chiedono di cancellare se ne ho gia’ fatte altre, di foto. Mostro lo smartphone. Ok. Penso: “Divieto di filmare e fotografare. Zona militare”. Un passo cosi identico a quello di pag. 123 del libro “Dora Bruder”. Cosi identico ancora a quello di  pag.128 Dall’alto  della metro stavo osservando le arcate di quella e gente in attesa, coi loro segreti, di perdersi verso i 4 punti cardinali. “Ora posso andare”. Esco su viale Giulio Cesare: due o tre camionette sono disposte lungo l’accesso alla metro. “Divieto di filmare o fotografare”. Piove. Allungo verso la Feltrinelli. Da qui torno indietro e mi dirigo verso San Pietro. Militari e gruppi di fedeli. Piove insistentemente e  la gente fuori mi pare in numero inferiore rispetto al solito. La gente comunque e’ fuori ugualmente. Fossimo a Parigi diremmo “En terrasse”. Velocemente raggiungo Santa Maria Maggiore e forse qui e’come sempre. Un paio di militari che c’erano anche altre volte. Il tempo stringe. 20151121_164102Il tempo e’ brutto. Il tempo e’ poco. Fuori piove e piovono ricordi mentre passano tram: “Marta di qua, Marta di la, questo non si dice e quello non si fa. Marta, Marta..”Il 5 ne  copre le voci e i ricordi. “Si dice  che se non altro i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati.Impronta: segno incavato o in rilievo” (Patrick Modiano, Dora Bruder).20151121_164013Raggiungo Termini, i varchi di accesso ai binari: incontro alcuni compagni della Fiom di ritorno dalla manifestazione. Sono le 17. Il treno parte. Ho raccolto materiale a sufficienza da raccontare ai ragazzi lunedi a scuola: alla quinta e alla quarta. Mi son fatto una idea.Tutta e solo mia.

Marta e Olmo e la 5 L

Marta e Olmo.Torino 25 9 2015.Borrelli RomanoMarta e Olmo. Quante emozioni.Oggi. Piu’ di ieri, di settembre,  quando ascoltando questa “piece”, in compagnia di mio padre preparavo accuratamente il mio ” debutto” a scuola. Oggi accompagnavo una quinta! Dopo averlo proposto al Consiglio di classe di settembre-ottobre. E che quinta. 13 ragazze completamente rapite dalle parole di Marta e Olmo, 13 “guerriere” assoldate nell’esercito della pace. Avevo timore che potesse essere di difficile interpretazione e invece molto si e’ sciolto in un abbraccio interminabile fra Marta e alcune ragazze  della quinta. Un abbraccio impastato da qualche lacrima. La prima guerra mondiale, la gioventu’, l’amore, sporcato da una guerra, per “pochi centimetri” di montagna. Una candela accesa al termine e poi…tanta speranza. Uno spettacolo dedicato alle vittime degli attentati di  Parigi. All’ uscita faceva freddo. Molto. Ma nei cuori, no. Ho girato loro i complimenti che alcuni del Comune di Torino hanno fatto, per la compostezza, educazione e per come hanno “respirato” la “piece”. Prima  alle ragazze, subito fuori dal Comune,  e alla Preside poi. E ancora a tutti i loro insegnanti, miei colleghi. Avrebbero voluto rivedere il tutto e forse piangere ancora. Non avevo tante parole da offrire loro perche’ me ne hanno date loro. Le ho scartate come fossero dolci caramelle e me ne son cibato, lungamente, per tutta la giornata. Sulla strada, al ritorno, ho proposto una visita all’Hotel Roma, da Cesare Pavese, nella sua stanza.E’ stata una bella giornata, di buona scuola davvero. Un consiglio: andate a vedere e ascoltare Marta e Olmo. Un pieno di emozioni.

“Solo guerra nel cuore”

Torino Valentino 15 11 2015 foto Borrelli RomanoIeri mattina  faceva freddo su Torino. Ma di quel freddo che e’ gelo e impedisce di parlare per quanto tu ne abbia voglia. Parco Valentino, Torino.foto Borrelli RomanoE hai voglia ad alzare il bavero del cappotto. Il gelo della paura  che si fa strada a prescindere dalla montagna di vestiario che ci cuciamo addosso. Ieri mattina era programmata con i ragazzi di una 5  una breve visita presso in un luogo di culto,  per provare a leggerne l’architettura e il radicamento nel territorio. Per alcuni il tema dominante era sempre lo stesso: la paura, il terrore, il non voler uscire. Alcuni. “E’ proprio quello che vogliono” dicevano altri. “Infonderci paura”. Gia’. Pensavo a quelle belle facce pubblicate su La Stampa in mattinata.Visi giovani, belli, pieni di vita e speranza. Visi di tutto il mondo pieni di speranza e di vita.Vita. Qualunque Dio e’ della vita! Penso a Valeria, cosi bella, giovane, ricercatrice, piena di speranze. Guardo loro e cerco in tutti i modi di parlarne, della vita, del Dio che qualunque esso sia e’ della vita, dell’amore, della misericordia. Ripenso ad una frase e ad un disegno di Fred le Chevalier, la sagoma di una ragazza col cuore rosso fuoco: “Fai la guerra nel tuo cuore”. Penso ai due lampioni innamorati nel cuore del Valentino, qui a Torino, alla loro luce e a quella che dovranno passarci. Per forza di cose. Penso alle paroleParco del Valentino, Torino.foto Romano Borrelli, che ci servono, per ripartire.

Cala la nebbia

14 11 2015 foto Borrelli RomanoDopo l’estate nel cuore di Torino cala la nebbia. Da quanti anni non si vedeva la nebbia, qui,  a Torino?Torino 15 11 2015 Valentino.foto Romano Borrelli Di quelle che ti ci perdi dentro e non ne esci. Ieri avevo caldo e sete. Oggi  ho freddo e sono algido. La micrometeorologia locale non esiste. Un’insegna all’interno del parco del Valentino afferma  che sono attive le giostre a parture da oggi, almeno fino a gennaio: “Natale in giostra”. Quanti ricordi da queste parti. Ma come si fa ad andarci in giornate come quella di oggi? Non nel senso del meteo ma per i tragici accadimenti, gli attentati a Parigi. Un’ altra insegna indica per il Castello, dove forse e’ allestito un Presepe. Una rapida occhiata al circostante, fiume, parco, quartiere San Salvario, raccatto qualche ricordo e convergo verso casa, con la sporta dei libri sotto il braccio. Infilo la chiave nella toppa. Uno, due scatti e apro. Accendo la tv. Ho ancora un libro sotto mano, “La Ferocia” ma lo ripongo ben presto sul cassetto. Mi Incollo come un francobollo davanti alla tv per  cercare di capire qualcosina sugli attentati a Parigi ma non riesco a pensare. Solo rabbia per una situazione di impotenza. Una parola per Parigi: un abbraccio in tutta liberta’. Una canzone per Parigi: la Marsigliese.

L’estate nel “cuore” d’autunno

Torino. Estate nel cuore d’autunno. Torino 13 11 2015 foto Borrelli RomanoBraccia che si aprono e accolgono. Torino, piazza Statuto, 13 11 2015.Romano BorrelliCome i portici della nostra citta’ che abbracciano e avviluppano. Non si riesce a comprendere in quale stagione siamo immersi. Fa caldo. Il sole scalda le case e le ossa, nell’estate di San Martino. Qualcuno ha scritto e molti ne parlano dell’effetto “biscotto” , smog che sovrasta la nostra citta’ vista collina. Effetto collaterale. E non solo. Non fa freddo, almeno come dovrebbe. Ho voglia di mare, vorrei fare un bagno, a mare, in Salento. Ho sete. Parecchio. Di molte cose, talune inespresse. Forse ho la febbre ed il tepore e’ ancora piu’ intenso. Al Valentino, il parco degli innamorati di Torino al cui interno si custodiscono segreti oltre che una bellissima riproduzione medioevale, scoiattoli corrono e si avvicinano all’uomo alla ricerca di cibo mentre i cani rincorrono i primi in un circolo vizioso. Foglie mosse dal vento, appena accennato, e una musica intorno del tutto dolce, composta e suonata dal frusciare degli alberi.  Alberi che provano ad indossare abiti dai nuovi colori. Voci e nomi di donne si ricorrono nel tempo: “Stefania, Marta, Laura”, urla impazzite di mamme vigili. Ne accarezzo ricordi e parole. Voglia di gelato, di maniche corte, coperte ma scoperti sui prati del Valentino, a ripassare o preparare una lezione: una storia realmente accaduta, a Torino, una lettera, quella di Diego a Marilisa, una lettera- libro, di Kafka, e lettere di Freud. Il percorso di studio e’ bello, interessante. Cominciamo da una lettera, contestualizzandola, poi, si vedra’. Per ora, godiamoci la bellezza di questa citta’ con uno sfondo poco…autunnale.

Un incipit allo specchio

20151107_175950Tra un “incipit” e “volto allo specchio” da raccontare non so proprio da quale parte cominciare. O forse si. Sulla mia fronte aggrottata spunta una ruga. Sulla mia testa fili elettrici illuminati 20151107_175935che fanno il giro di Torino ed io, un po’ con la memoria e un po’ con altri fili elettrici viaggio e vagolo. Poso il dito nel breve solco e faccio km di giorno e di notte. Ritrovo l’estate il mare e il sole che vendemmia la citta’,  eterna ed eternamente mentre una foglia ingiallita danza in aria prima di lasciarsi andare. Anastasia invece si lascia dondolare sull’altalena, col capo reclinato verso terra e le braccia allungate e le sue mani che stringono forte le catene. I suoi piedi tesi toccano il cielo e ride quando e’ in cima e le nuvole le si avvicinano. Vuole gioia e reclama vita mentre il sole illumina il suo viso, cosi grazioso e giovanile con qualche sfumatura di rosso. Ascolto in silenzio il suo sorriso triste. Si, ascolto, perche’ certi sorrisi si ascoltano prima di coglierli. Alcuni anziani giocano come bambini e anche loro si colgono a vicenda. Mi piace vederli mentre accennano passi di danza sprizzare vita. Mi piace ascoltarli quando ballano e “sballano”  le ore e i tempi, un po’ come noi negli incontri, spesso “inesatti”. Si passano il fazzoletto di cotone sulla fronte asciugando quel po’ di sudore scoprendo cosi una fitta rete di vie, di strade e di storie gia’ trascorse. Un pensiero mi attraversa la mente: potessi ripercorrerle tutte insieme con loro. I ragazzi sono sparpagliati a due passi da qui, dal fiume, dal Valentino, tentati dai giochi vietati ai minori di anni 14 in una atmosfera che contiene ancora estate ma che si chiama autunno in questa citta’ cosi Artissima e Paratissima. Un flashback…E’ ora di rientrare…lentamente.  I ragazzi si raccolgono, lentamente. Domani in classe raccontero’ di quella volta che cadde il Muro, a Berlino, quando la luna aveva vent’anni, Giulia piu’ o meno la sua eta’e quando…Anastasia intanto continua il suo dondolarsi tra cielo terra e cielo in una spremuta di vita infinita.