Secondo giorno di scuola

20150901_085606Torino. Fin dalle prime luci dell’alba (ma oramai e’ un’alba che si “stiracchia”  sempre un pochino piu’ in la’, con l’autunno praticamente alle porte) l’oggetto su cui volgo la mia attenzione non e’ lo smartphone ma il calendario delle lezioni. Due terze, una prima, una seconda. Oggi. Non li conosco, i ragazzi che in mattinata mi ritrovero’ in classe (e loro troveranno me) e incontrero’ davanti e riesco solo immaginarli. Penso: “Tanto, a quella eta’, sono quasi tutti simili”. Piu’ o meno. E cosi  gioco con la fantasia nel provare a dar loro voce, occhi, capelli e li immagino mentre consumo velocemente la mia colazione o sul breve viaggio in metro lungo il tragitto casa-scuola. “Saranno attenti? Curiosi? Affamati di sapere? Faranno domande come solo i ragazz* riescono a fare? Saranno stanchi, timidi, esuberanti, speranzosi?” E io, saro’  all’altezza delle loro aspettative”? “Learn by doing”.  La voce metallica della metro annuncia che siamo in una citta’ francese. Le porte si aprono e recupero insieme ad altri la scala mobile, con il mio carico di grappoli di emozioni e sentimenti. Cominciano a materializzarsi lungo le scale della metro, alcuni un pochino curvi, per attutire l’impatto con l’aria fresca del mattino ma con l’estate ancora dentro e la T shirt a ricordarcelo fuori.  Altri scherzosi e altri ancora seri o pensierosi. “Chissa’ se saranno loro il primo incontro questa mattina”. Posso solo dire e affermare che sono rimasto colpito dal loro alzarsi in piedi, come accadeva un tempo (e io che la pensavo pratica oramai desueta), con i loro nomi scritti su di un foglio di carta, come accade tra i giornalisti della tv. In quelle aule, scolastiche, con tutti quei nomi, talvolta difficili da pronunciare,  si distende un atlante. E Torino,  anche. I giri di presentazioni raccontano di una “utenza” (pero’, come non e’ bello questo termine) varia e di varia provenienza: Lingotto, Borgata Parella, San Paolo, Borgo Dora, tantissima Barriera e tanta provincia, sud di Torino, Europa, come accennato, e resto del mondo. Mi anticipano, con quei nomi esposti sul loro banco, dandomi il benvenuto. Loro. Poi, lentamente, tutto si scioglie. Alcune aggiungono alla loro presentazione quella del libro adagiato sul banco. Forse desiderosi di smentire le notizie che sono  pochi gli studenti che leggono, che pochissimi visitano un museo e altrettanti un sito archeologico. E la relazione si instaura e declinano  sottovoce le loro richieste-esigenze, i loro posso: “Professore, posso andare a temperare la matita nel cestino?” Professore, posso andare in bagno?” Professore, posso mangiare il panino? Ho fame, devo abituarmi ai nuovi orari. Prometto che non faro’ rumore. Mastichero’ in silenzio”…La scuola comincia….poi la campanella li riaccompagna ciascuno nelle proprie dimore. E il rientro si fa anche per me. Alla metro, un gruppo di studenti mi saluta:” Buongiorno Prof.” Ripenso ai fogli bianchi affiancati da una penna. Una distesa bianca, neve immacolata. Una storia da scrivere. Lunga un anno.