Torino. Un pomeriggio novembrino. Dopo la maratona, una breve “corsa”, un viaggio. Una “radiografia” di un giorno, per una storia. Foglie gialle, rosse e di ogni altro colore, formano un arcobaleno sulla terra dai colori variopinti, un arlecchino fuori tempo e fuori dal tempo, un bellissimo tappeto, sul manto stradale e sul terriccio di questi giardini che si frappongono fra scuola e scuola. E sotto i miei piedi. Alcuni sentieri sono ben disegnati e raggiungono “piazze” perimetrate da panchine affollate da individui di ogni età. Nonostante il tempo. Calcio, letture, (qualche giorno fa, per la gran pioggia, potevano essere due, i libri,”Capitani coraggiosi” e “Una questione privata”), quotidiani e “pet” i temi dominanti, ma anche l’amore ha sempre il suo dire oltre che il suo fare. Dire, amare, baciare, lettera e…testamento. Vecchio o Nuovo. “People” che si godono le scarne gioie novembrine, fatte di pallidi soli, veli di nebbia e queste vie che rappresentano un quadro fedele della natura. Sole pallido, prime nebbie, e chi cammina riempie il circostante e l’atmosfera con il suo alito caldo. Chi espone il viso al sole e chi cerca di ritrovare, o trovare quell’ energia che accende il fuoco interiore e che fa camminare e ballare all’ insegna della fantasia, creazione, ispirazione. Ma restiamo alla lettera e al suo corpo. Su di una panchina una coppia legge un “buongiorno” ormai divenuto presto un “buonasera” di un ieri divenuto a sua volta oggi e domani: “Così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno” . Per fortuna. A leggere i giornali sembrava, o sembra, che l’unico legame possibile fosse quello del cemento, che continuamente, ingordamente, si è mangiato e mangia bellezza. Resistono altri legami… I sentieri, vie in riduzione, non si “impennano” come talvolta accade in alcuni grandi giardini. Solo una decina di gradini fra il manto stradale e i giardini stessi. Un rialzo di un metro e mezzo.
I pensieri, invece, questi, si che si impennano. “Attenzioni distratte” avevo letto da qualche parte. Il tappeto di foglie è appiccicoso e qualcosa finisce sempre che te lo porti dietro, volente o nolente.
Un souvenir. Questione di fortuna. O di sfortuna. Il più delle volte, è solo residuo di… qualche foglia che ha deciso di lasciare prematuramente le “sorelle”, affacciate ancora sui rami, per vedere cosa si dice quaggiù dopo mesi di “lassu'” sugli alberi. Pensieri che si impennano, dicevo e che col tempo, forse, si appannano anche un po’, complice i primi freddi, le prime nebbie. Talvolta basta poco, per risvegliare antichi e recenti amori. Una musica, composta con poche lire, anzi, pochi centesimi. Un viaggio, una corsa. Dopo la maratona, una del tutto diversa. “Una corsa sessanta lire, due corse cento lire. 90 il notturno”. Per restare nel piattino e nella storia, nel piattino di un caffe’. Nei pressi del Comune di Torino,
dove L. lavorava, come impiegata. E cento lire, erano proprio quelle che M. girava e rigirava tra le sue dita, ben impresse sui bus di quel periodo, famosi elefanti cui tirare le orecchi ogni qual volta transitava in quei pressi. Per M., una “donna” nel cerchio della vita. Cento lire…chissà…Nei fine anni ’70 torinesi, girati e rigirati tra le mani,(anni e lire) una domenica, di di festa, per raggiungere L.
Girare per Torino, sul 50, o sull’8, via Milano, Porta Palazzo,
Barriera. Torino, Luce nella luce, fatta di luci, ieri come oggi, luci di ogni provenienza.
Oggi, invece, una corsa a piedi è più che sufficiente. Le monete sono un optional e cosi pure i biglietti cartacei. Il resto, viene incontro da sé, con musica e fantasia. Secchi vuoti e mani e ritmo e un cappellino per vincere il primo freddo e convincere i passanti che la buona musica si puo’ fare, anche a basso prezzo. Basta poco, un po’ di musica, qualche luce, buona luce, e il richiamo di un qualcosa di dolce e il più è fatto. Tutto torna, tutto ritorna, le nebbie si dissolvono e quel qualcosa di appiccicoso che era avvolto nella nebbia si ridesta e si risveglia.
Al centro del pensiero, il cuore del tema, la dolcezza del discorso in vetrina, diviene il pasticciotto. Un pasticciotto al Nord, a Torino. E tutto si impenna, compresi i ricordi. Basta davvero poco. Un “lettore”, le cuffie nelle orecchie, e una, dieci, cento volte una musica da ascoltare per restare avvolto nella grande bellezza di un pezzo che scalda come un sole che feconda il mare e che sa di Salento.
Cento lire, due corse. Novanta lire, una corsa notturna. E a guardare queste luci, questo è il costo della mia corsa. Bip. Con gli auguri di una “buona corsa” a tutt*. Una corsa, due corse o notturna.
Buonanotte, Torino.
Per quanto mi riguarda, un blocco, una penna, una macchina da scrivere, con ottantacinque volte voglia di scrivere, una panchina
e…90 lire, per una corsa nella fantasia, nella immaginazione, “sorella della menzogna”…e quando ancora giorno si fara’ un ritorno certamente sulla panchina non manchera’. Il sole, novembrino, sapra’ vendemmiare i giusti ricordi e le belle letture…
“Uno straordinario mezzogiorno di gelo. Scintilla il sole in ogni cristallo di neve. Non tira vento, non c’e’ una nuvola. Su una panchina del viale e’ seduta una coppietta. “Io vi amo”, mormora lui. Sulle guance della ragazza si accendono amorini rosa. “Vi amo”, procede lui…”La prima volta che vi vidi capii per cosa vivo, conobbi lo scopo della mia vita!o una vita con voi, o il non essere assoluto…”(Anton Cechov…Del piu’ e del meno…).