Mi piace molto questa macchina da scrivere che posa davanti a me. Sa di mare e ha tante cose da raccontare. Posa, e non so se sia lei a scrivere o io. O forse a piu’ mani tasti e testi a due teste. Come un pittore e la sua modella. Un atto d’amore. La pittura. E la scrittura. Anche se spesso si fa piu’ insistente il pensiero di chiuderla e riavvolgere il nastro. Del film? Di questa storia. Del blog. Domani comincio….o ricomincio. Il lento (mica poi tanto) trascorrere del tempo mi riporta li dove molto era finito prima di cominciare e dove molto avrebbe potuto e dovuto ricominciare. Se penso alla natura e alla sua capacita’ di rimettere tutto a posto, prima o poi, penso che allora questa notte dormiro’ sereno, e forse e’ questo il senso dell’ottimismo, il fatto che i conflitti interiori si stemperano e tutto, prima o poi, presto o tardi, ritorna in equlibrio, anche se e’ il caos prima della forma. E forse probabilmente torno al caos se tutto era da cominciare.
Sbucherà ancora il treno, mi siederò e guardero’ le scarpe. Già, le scarpe. Prima di chiudere gli occhi. Un tempo avrei posato il giornale sul sedile vicino, pensando e ripensando a quanti km avrebbe percorso e quante mani lo avrebbero sfogliato. Letture, pensieri e sogni che viaggiano. Formazione di coscienza. Ma quante parole contengono questi benedetti treni? Vedro’ la citta’ svegliarsi e qualcuno risvegliarsi, sbadigliando, portandosi addosso il calore del letto, e non solo, il profumo che si sparge per le vie, queste si, ordinate, squadrate, tutte “pettinate”, pronte per l’accoglienza, come capita la mattina presto, nelle scuole, nei pressi delle bidellerie, ai piani, prima dell’entrata, prima che “la campana suoni e dia inizio all’apertura del libro della vita”.
Ripensero’ a quei galli che mi tenevano compagnia per un paio, di km buoni buoni di sterrato, e che mi daranno la sveglia nell’attraversare lo stradone, il fango dopo la neve nei mesi invernali, e le pozzanghere che riempiono qualche buca come maschere e trucco su un bel viso; galli,
con il loro canto e i versi delle mucche, la dove la cittadina finisce e comincia la campagna , rivedro il sole sorgere e pensero’ che ogni giorno un po’ si muore e il giorno dopo si rinasce e tutto ricomincia da capo. Caos prima di tutto, come ingenuità, meraviglia e fiducia, poi, le forme. Ricordero’ le telefonate fatte e ricevute (e forse un po’ mancheranno come l’aria che mancava quando telefonavi da sotto le coperte, per non far rumore, per non farti sentire) per sentirmi meno solo e meno precario, quando la salita si faceva e si fa collina, e un quarto d’ora era il tempo per me, per te, prima di consegnare il resto alla scuola e il tuo ai tuoi libri, facendosi largo nel gruppo, sigaretta in bocca prima di entrare, facendoti largo per te per un posto in biblioteca…Cambierà rispetto a qualche anno fa un abito, un orario e nella forma, qualche kg in piu’ , e telefonate in meno, qualche amore sottratto dentro e qualche amore in piu fuori, e questo per quel sano equilibrio che la natura dispone: ovunque sia, l’amor, sia felice, se manchera’ qualcosa qui avrà qualcosa li…e un giorno forse, chi lo sa…Dal dialogo forse…o col dialogo forse, sereno e beato. I colori del mattino si distendono, un nuovo giorno si va facendo. Altri se ne faranno. La vita si sa, è un lungo viaggio.
Bella la “tua zona”,cioé belle le foto di Torino! Sei il miglioreee ;)a scuola abbiamo saputo che ancora una volta hai cambiato, in meglio. In poco tempo, contrariamente a quanti lavorano a scuola per anni, hai saputo dare il, giusto peso alle persone motivandole sempre con parole adatte al momento giusto. Unico. La tua mancanza si sente in ogni centimetro quadrato della scuola.
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