Abituati a guardare il bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto, osservo ” la balena “spiaggiata, trasparente che ingoia continuamente persone e sogni che viaggiano. Che paradosso, eh? Spiaggiata eppure viaggiano, i viaggiatori. A ciascuno il suo. Per restare in tema di libri, ormai a “portici aperti”.
Porta Susa. Rifletto, prima che gli uffici pubblici aprano e facciano passare luce su quei pochi spiragli che esistono, per portare a casa un sogno. Ed è proprio dagli spiragli che la luce comunque passa. Almeno, mi consolo così. Uno spiraglio, luce nella luce. E luce nella luce sono gli amici con cui vicendevolmente ci sosteniamo in una situazione che ha del paradossale.
Per il momento lo spiraglio, della luce, perviene da una amicizia consolidata. Spesso sfogliamo un libro, “insegnanti al timone”, noi che vorremmo, noi che forse potrmmo, non che non lo siamo e forse non potremo. Noi, che col 59 potremmo davvero stare al timone. Noi che siamo pochi. Quanti? Forse tre, quattro. Ma una norma non dovrebbe essere oltre che certastratta e… anche prevedere che….Vabbe’
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Un oratore parla: “una non scelta è una scelta”. Penso che talvolta si è nella condizioni in cui non si possa scegliere. A volte alcuni tracciano una strada, un po’…superficialmente, capace solo di portare al punto di partenza, dopo tanti sacrifici. Hanno raccontato che con la laurea, e con tanti sacrifici, bhe, saresti riuscito ad insegnare. Sacrifici tuoi, di chi sta intorno. Il tempo passa, le stagioni, gli anni. Tutto ruota intorno ai tempi stretti, del dopo lavoro, lo studio. Centellinare tempo, spazio, risorse. Di ogni tipo. Poi, una volta arrivati al traguardo, qualcuno ci ha raccontato che forse, quella laurea li, “classe di concorso…” sarebbe meglio toglierla perché insufficiente per insegnare e inserirti in graduatoria di terza, seconda, prima fascia.
Al che, resti fuori. “Si accomodi”.
Arriva poi nel frattempo qualcuno che ti consiglia, “bhe, hai fatto 30, fai 31, continua a studiare, prendine un’altra”, non si sa mai. Come fosse un ricostituente. E studiare è bello, davvero. Oggi discutevo con un amico innamorato dei libri, come me, di quanto vorremmo leggerne ancora e ancora. Recuperando il nostro tempo, nel frattempo sottratto da lungaggini di chi modifica percorsi. E mettere a disposizione questo sapere di chi lo vorrebbe sapere.
Altri tempi, scelte, altri sacrifici. Intanto lavori, studi e i quotidiani annunciano che forse il tfr andrà in busta paga. Poi, “in nome del popolo italiano….” qualcuno ti conferisce, dietro altri sforzi, un altro titolo di studio, solo che, anche questo, non basta ancora e sei fuori, ancora, dalle classi di concorso.
Che fare? Ottobre è il mese delle rivoluzioni, sostiene la storia. Nel frattempo comprendi, a furia di stare tra le aule, che è davvero bello lavorare nel campo della scuola, dell’educazione, con i ragazzi. Dalla scuola di massa alla scuola di massa. Ti inventi progetti, percorsi, nonostante tutto. Scopri che la scuola e’ la piu grande biblioteca che possa esistere, con le tesine, raccolte e depositate in qualche luogo sicuro. E ti verrebbe voglia di metterci mano e provare a leggerleee vedere in dieci anni come sono cambiati i ragazzi e come si sono modificate le aspettative, come concepivano il mondo del lavoro e come lo hanno trovato, e poi come si pensavano e ccme hanno dovuto ripensarsi. Di tanto in tanto ti capita una circolare tra le mani e mentre qualcuno immagina una “lotta” di piastrelle e di classi, leggi la data, il protocollo e pensi a come la comunita’, quella comunita’ si e’ modificata negli anni. Una fotografia, della scuola, con lenti sociologiche..Fotografia. Vedi il prof di fotografia e di italiano e suggerisci loro di provare ad immaginare un percorso in cui i ragazzi, knsieme alle classiche fotografiele del giorno della laurea, del matrimonio, si applichino su un percorso piu lungo, istoriato, narrato, perche’ no, romanzato, accompagnato dalle fotografie Degli sposo, dei testimoni, amici di un tempo. Soggetti, oggetti, relazioni. Tornare alla scuola di massa partendo dalla scuola di massa. Modalita’ nuove, al passo. I ragazzi sostengono che “il miur dovrebbe sapere che esiste questo sapere nel corridoio, un po’distante dalla classe”. Cosa? Mi rivedo come in un film la scrivania del professore di storia dell’Universita’ di Torino, Giovanni Carpinelli, ricolma di tesi, laureand* in fila a chiedere consigli, titoli, abbozzi di tesi. E lui, la sua passione per il lavoro di insegnante ancora al lavoro a formare “libri” , da scrivere e da leggere. E da correggere. Una passione, capitolo dopo capitolo, fino alla conclusione del volume.Ma riprendo il filo di un sogno. E davvero diventa un sogno, e lo insegui. Intanto, si cambia lavoro e tutto fa scuola. Tutto si tiene. Qualche anno in giro, per la provincia, a vedere come cambiano i campi, le coltivazioni, le insegne dei paesi, le stagioni, dal treno, dal bus, dalla macchina. Capisci che davvero insegnare è una passione, un sogno. Ci credi, senza se e senza ma. Ma… E allora dici, vabbè, proviamo. Diamoci ancora una possibilità. Trovi una “intesa”. Con te stesso e ancora una volta coi tempi, col lavoro. Passi di ruolo di un certo profilo, e qualcuno, mentre lavori, prova a sottoscrivere un’altra intesa. Su, ai piani alti, del Palazzo. Intanto lentamente ti stai avvicinando all’ennesimo traguardo. Stai diventando “nozioni” che camminano. Pensi: questa volta ci vado, ad insegnare. Sta arrivando il mio turno e ho dalla mia, non i numeri, ma il numero: il 59. Con questo, posso conservare il mio posto, e cominciare a realizzare il mio sogno. Manca poco. Uno spiraglio. E proprio su quel poco si gioca tutto. Quel poco, che è rimasto nella penna, nella fretta del e nel Palazzo. E così, per l’ennesima volta, per una questione di giorni, “dal fine lezione” al “termine attività didattica”, il numero fortunato, che permetteva un po’ di pratica, di esperienza, senza costi aggiuntivi per lo Stato, capace di far mantenere il posto di lavoro al dipendente, resta nella penna. Un numero che permetteva il sogno. Non un 13. Ma il 59. Il 59 non è applicabile. Ti dicono che devi scegliere. O di qua o di là. Dove di qua, è tenere un posto, a tempo indeterminato, (senza attivare, come capita per altri, un articolo, per accedere al profilo superiore, e tornare al proprio, una volta terminate le lezioni), o di là, andare si, ad insegnare, ma, al termine delle lezioni, a giugno, rientrare nella giostra della disoccupazione prima, del precariato poi. E tutto perché è mancato qualcosa. Nell’intesa. Pensavo fosse terminato il tempo del si deve. Pensavo fosse cominciato il tempo del vorrei…
Ho pensato che se non posso con il 59 magari con il 18, comma tre…..In soldoni mi dice che si, posso, potrei, a patto che non sia un costo aggiuntivo per lo stato. E quindi, non posso, perche’ il mio posto dovrebbe essere sostituito da altro lavoratore della scuola. Senza costi aggiuntivi….ma col 59 non ve ne erano!!!!!!
Se “Cei sei ” batti un colpo! Perche’ forsee’ un casi di pochi, per pochi, e pochi sicuramente lo siamo, ma e’ un “caso che fa scuola”.
Nel frattempo non si contano le mail e i soggetti interpellati. Ma chi era, Monti? Ma, non era un governo tecnico? Perche? Il Presidente del consiglio, attuale, sostiene che si possa utilizzare la modalita’ on line per segnalare “una buona scuola” e la scuola e’ buona per chi la fa.Tra le mni gira e rigira una nomina di insegnante, che vorrei, mi piacerebbe, ci tengo, ma mancano gli spiragli, rimasti nella penna, ai piani alti. Mi sa che domani dovro’ svegliarmi da un sogno lungamente e troppo brevemente accarezzato. Per colpa di chi, cantava Zucchero, non lo, so. Mi sa che domani non saro’ ancora professore. Ma quando arriva domani?
La testa e’affollata di numeri, e pensieri poco intesi e che non aprono strade, ma non ho voglia di seguirla, quindi, buonanotte.