Portici di carta. Due km di lettura. Da sfogliare. Con gli “occhi interni” della riflessione, dell’analisi, della fantasia e quelli esterni, con l’ausilio degli altri sensi, del tatto, dell’odorato, come si faceva una volta, e come capita ancora. Libri, un posto dove mettere il naso. Libro, un idea a breve E lungo termine. Libro, storia di un viaggio. Personale. Come ogni anno, ad ottobre ritornano. I libri, grandi protagonisti in una Torino trasformata nella piu’ grande libreria all’ aperto, nella sua ottava edizione. Portici di carta, che a volerli davvero trasformare riuscirebbe bene anche bagnarci. I libri, si sa, riparano molto, riparano tutto e tutti. “Piovono libri“, scrissi qui sopra tempo fa. Ah! La citta’ di Torino, quando si mette, fa cose davvero grandi, in fatto di libri, musica e cultura. E insieme, vengono fuori questi eventi qui, capaci di conferire un fascino parigino, nel suo piccolo, voglio dire. Vetrina all’ aperto ebouquinistes che si aggirano sogliando, porgendo, consigliando. Molto da vedere, da sentire e da sfogliare. Un week end dove i libri venduti possono essere anche 50 mila. E poi, diciamoci la verita’: e’ davvero bello vedere gente gironzolare, con calma, libro in mano, sotto il braccio, in un sacchetto. Uno che legge, vale il doppio.
Per un week-end, sotto la Mole, sotto i portici. Da piazza a piazza. Sotto l’occhio vigile di Dino Campana. Cento anni dopo i suoi “Canti Orifici“. Pochi dalle nostre rose, le coglievamo insieme, le rose. E vergavamo carta e fogli di carta e di pc e”carta cantava” con la macchina stile L22 (L28)Olivetti. Una Olivetti in cartone che legge libri. “Anche tu, li leggi e li rileggi ancora? E poi, lo ricordi, quanto ti piaceva passare da qui e arrivare al Roma
con un suo libro tra le mani? Eri emozionata nel varcare la porta
e arrivando davanti al suo scrittoio. Era la prima cosa che domandavi, di portartici, appena messo piede nella citta’ sabauda, dolce come un gianduiotto, proprio tu, poi, che non hai voluto sorseggiare il bicerin. E la sera poi, al tramonto, come fosse vestita di abiti leggeri, la fontana, la lettura di alcuni passi”. I viaggi, i grandi viaggi, cominciano sempre con libro e come questo, continuano. Una piazza da abbracciare,
anche senza musica. Una piazza dove si offrono ai passanti, anzi, ai lettori, abbracci, libri e mesaggi d’ amore e dove i passanti, e i lettori, li rigirano a destinazione via social. “Questo ti piace? Quanto ti piace? Tanto? Poco? E poi, con quel tuo sorriso, in una delle rare volte in cui si incrociava in altro viso, parlavi di sicurezze. Un viso cosi bello, appena sfiorato dal freddo torinese…”
Gli strumenti ci sono.
E’ sufficiente prenderseli per un attimo e lasciarli al prossimo. La musica è buona. Il ritmo anche. E quando poi si parla di colpo di…nella piazza e’ tornato afrsi rivedere zorro. La focacceria ligure trabocca, di ricordi, di gente e profumi di mare. Profumo di pioggia. Tutto si mischia. L’odore del mare e dell’estate appena trascorsa si presenta tra i libri. Presso la “filiale” sotto portego, Libreria sulla Dora”, di via Pisa 46, a Torino.
Quella di Rocco Pinto, per intenderci. Il libro che ho appena comprato l’ho scelto perché mi riporta alla fabbrica dei colori, perché ne sento il desiderio, di rivederla, con quei colori cangianti. Vita e desiderio. Vita e destino. Il libro è intitolato “Salento, fuoco e fumo” di Nandu Popu. Lo compero. La vita è misteriosa. In una delle prime pagine, frasi vergate in dialetto salentino. Mi piace. Mi piace il ricordo. Mi piace ricordare come capita nelle fiabe, quando alla fine, ti si chiede: “raccontamene un’altra. Raccontamela ancora. In dialetto. Come capita in alcuni racconti. Raccontami l’amore. In dialetto“. Sotto i portici, sfoglio. Una cartina, il Salento, una ballata. Poco distante da qui. Forse in altra piazza. Forse da un negozio contiguo, musica estiva. “No, e’ musica dentro. Sono in un bus e tutto fuori corre velocemente mentre io sono fermo. In attesa. Di qualcosa che si muova. Fosse anche un trillo. Ci sentiamo fra un po’. Meglio un pochino di distacco’”. Due righe di un libro sfogliato velocemente mischiato ad altri libri e ad altri odori. E’ ancora estate.Poco piu’ avanti, La Torre. Anche se e’ la “filiale”di una libreria mi “ritorni in mente bella come sei…”, la Torre salentina, ovviamente. Il commesso mi domanda se poi “Il taccuino di Simone Weil” di Guia Risari ho poi terminato di leggerlo. Certamente, gli rispondo. Insieme a tutta la Mole degli altri libri. Per alcuni, in galleria San Federico è quasi l’ora dell’aperitivo in clima davvero fiabesco. Pochi metri dal corner gusto infatti, i laboratori per i bimbi con lo spazio a loro dedicato.Le ombre della sera ormai si allungano. E anche quella di “giraffa”, come il libro di Alessandra Comazzi, presentato, in “tandem”con Bruno Gambarotta. Ma si sa, Gambarotta, ai giri di bici, e di piazza, ci e’ avvezzo…
Un omaggio a Dino Campana. E allora perchè non leggere anche – oltre le poesie più note – le “Lettere di un povero diavolo”? carteggio 1903-1931 edizioni Polistampa 2011.
Se non vi fate spaventare dalla mole del libro – 459 pagine – troverete la vita di un uomo…
“Io sono un povero diavolo che scrive come sente” (lettera a Prezzolini del 1914)).
E ancora – più remenda: ” Per provarmi che esisto ho bisogno di essere stampato”.
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Ora che il tuo vuoto, qui a scuola e davvero forte, ci si e resi conto della modalita didattica di spiegare molte cose attraverso il blog, in tempo zero, suscitando passioni, interessi e domande. Dietro gli articoli si nascondono argomenti spiegati attraverso foto e racconti verosimili. Gli articoli erano integrati dai momenti liberi degli intervalli, al pari di un’ ora. Una modalita’ al passo coi tempi. Sicuramente un’eccezione e una testimonianza. Qui, in questo modo, eri al timone.Manca questa modalita anche se la acchiappano altri. Il Miur puo solo ringraziare e prendere spunto!! Era bello sapere che eri il nostro punto di riferimento, sempre li, in ogni momento.Graziee
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Grazie, molto bello, sentito. Probabilmente anche questa esperienza si concluderà. Presto o tardi, ma sarà così…
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