Il modo migliore per conoscere parte del Salento è quella di prendere un bus, a caso, e andare, passare paesi e ascoltare le voci, i dialetti dei ragazzi, delle famiglie che ritornano. Vederne alcuni che danno l’idea che la scuola non sia ancora terminata, che consumano parte del cibo avanzato a pranzo e cenare. E’ bello vedere nella loro spontaneità, oggi, come ieri, a scuola. Mentre gli alberi “volano” via alle spalle di questo bus, che sembra ormai piuttosto avanzato negli anni e forse avrebbe bisogno di un tagliando, o qualcosa di simile. Un viaggio in “barca“, afferma qualche ragazzo in puro dialetto, senza capire se per via degli ammortizzatori o del manto stradale. Se la strada sono onde e il bus barca. Ma non importa. E’ l’umanità che rientra a casa, che conta. Con pochi euro son riusciti a godersi una giornata di mare, di sole. Umanità, dignità. A volte ferita, che viaggia. Intercettare parti di discorsi in dialetto e sorridere. Capire, far finta di non capire e non capire davvero. Un po’ come a scuola, lasciando i dovuti spazi di espressione agli “attori” principali di un’età così… Già in attesa “poco esatta” a dire il vero, del bus, ma non importa, in vacanza, il tempo è vuoto e pare che la scuola non sia affatto terminata. Attesa, tornata, amori in campo. Una sequenza di articoli del blog, ma siamo in Salento, tra mare, cielo azzurro, sole infinito e grande come un pallone infuocato e tanta terra rossa, capace di generare frutti buoni. Buoni frutti. Di tanto in tanto, masserie ristrutturate, pronte per la cena. Il bus corre. Qui dentro, luce nella Luce. Libri. E non è più come prima. Nel taccuino annoto, dopo aver posato gli occhi verso l’orizzonte. Il freddo e il gelo sono alle spalle. Ma ancora nella testa. File di zaini in attesa, accomodati su sedili vicini ai passeggeri, come me. Non si contano le infradito ai piedi e il sole sul viso. Qualche parola scambiata, il più, il meno, provare a chiedere se sono a conoscenza della candidatura di Lecce come capitale europea della cultura 2019, in un anno lontano da questo. Provare a sondare se conoscono un’altra candidata. E poi, una volta sul bus, vedere il sole, una massa enorme, un rosso fuoco, oltre gli olivi. Oltre quella che è la pista. Immaginarlo mentre si tuffa in mare. Immaginare quegli alberi, così forti, secolari, affiancati da alberi giovani. Penso al mio, di zaino, e che la scuola, anche per me, pare non essere terminata. Zaino che contiene libri. Pagine, annotazioni, rimandi. Viaggiano con me, anche se non è più come prima, l’elogio del perdono. Un passeggero che pone domande e aiuta a riflettere. Insieme, il taccuino di Simone Weil, libro di Guia Risari, scrittrice e traduttrice, con studi di filosofia morale all’università di Milano, alle sue spalle. (Guia, che in vikingo vuol dire, colei che viene dai boschi). Un libro che ho aspettato, cercato, desiderato, ma che davvero ne vale la pena. Comprare, leggere e rileggere. Mai da abbandonare. Neanche pochi istanti fino a quando non lo si fa proprio. E il formato, taccuino, è un invito ad assimilarlo alla propria vita. Come fosse un’agenda nostra. Il libro, con i suoi dieci capitoli, a temi riguardanti Simone Weil, mi piace, come ho già scritto in un commento. Ma merita, parlarne e riparlarne. Soprattutto per un tema riguardante Alessandro Magno, “Il bello e il bene”. L’Imperatore è nel deserto coi suoi soldati e gli viene offerto da bere, ma lui sparge l’acqua a terra. Ha sete, come gli altri uomini, ma, dato che l’acqua non basta per tutti, rifiuta di godere di un privilegio. Per me, il significato di quest’episodio è chiaro. Bisogna sapere rinunciare alla felicità se essere felici ci separa dagli altri.”
Mi piace averlo con me, e leggerlo sotto questi alberi di olivo, così forti. Guardarne poi la copertina e commentarlo. Con mio padre.
E anche in tal contesto, il pensiero alla fascia protetta del padre, un racconto, il 19 di marzo, dell’amore sconfinato di una ragazza per suo padre. Le sue braccia che cingono il busto del padre, mentre insieme, sulla moto, fanno strada.
Sulla strada del ritorno qualche nuvola all’orizzonte. Ovatta, cumuli di panna in un cielo turchino, colori acquarelli, sul mare. Nuvole che paiono in procinto di scrivere qualcosa sulla distesa d’acqua come le lacrime di un uomo che gli rigano il volto e ne scrivono l’essere. Piccole botti sulle terazze, contenitori d’acqua per lavare via la sera granelli di sabbia che pungono al pari di parole. Botti dai colori variopinti rassomiglianti a tante “pagliette” da calare sulla testa. Il mare, un’enorme distesa azzurra, un foglio. Da scriverci sopra.
1 agosto 2014. Nell’insenatura in cui mi trovo, si vedono distanziate 4 torri e nuvoloni giganti. Qualche goccia di breve durata non ha fatto mancare di compagnia e solitudine. La sabbia e’ bella, come fosse stata appena creata, e “questo e’ buono”. Profumo di bagno schiuma intorno con la genfe che rientra, sedie e giornali in mano che ne indicano la provenjenza. Oggi in teoria ci dovrebbe essere il ricambio dei vacanzieri…..
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Caro romano,vorrei ,prima di tutto,farti i complimenti per il modo in cui descrivi il tuo viaggio….una descrizione tra il culturale, il nostalgico,quasi poetico….devo confessarti,con un poco di pudore,che leggendo di quegli alberi stupendi,vivi,forti e bellissimi……preziosi e protettivi,….alberi che conosco benissimo e che amo particolarmente, ho avuto nostalgia degli ulivi dei nonni,alcune lacrime,ricordando come è bello vivere insieme alla natura,la natura antica………oltre a queste riflessioni,…nemmeno così interessanti, vorrei dire qualcosa che riguarda il tuo viaggio……ed è una domanda : vero che hai fatto RAVENNA e LECCE per scrivere sulle candidature capitale europea cultura, vero?…….grazie Romano, per gestire questo tuo blog in modo così vario e interessante…..e piacevole da leggere……….ciao! Vanessa m.
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Ciao Romano Borrelli, mi son fatto prestare il pc per esprimere il mio pensiero, io ti vedrei proprio bene come professore di storia dell’arte ma anche qualcosa d’altro. Ho avuto modo di leggere molti articoli e biografia. Ho notato un certo interesse per alcuni filosofi. Servirebbe una completezza di questo genere. Non conoscendoti magari lo sei giá a…. sei davvero bravo! Bellissimo blog ! Arrivederci.
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Vanessa, purtroppo, gli ulivi stanno soffrendo. Qualcosa pare abbia tradito. Si parla tanto di “abbattere” e creare una zona cuscinetto così che non stiano “in contatto” tra di loro. Mi spiace molto. Speriamo si possa fare qualcosa. Davvero.
Per il resto, ti ringrazio molto per seguire il blog. Alcuni tratti sono rimasti davvero allo stato naturale, incontaminato. Altre, invece, purtroppo, rovinati dall’uomo. Le cicale ci sono ancora, e anche i grilli. I grilli spesso mi fanno ricordare di Pinocchio e del bambino che è in noi.
Le due città, davvero sono belle.
Grazie.
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Fra, grazie. Devo dire che è un periodo che mi piace molto osservare l’arte con occhi diversi. Spesso pero’, quando si visita un posto non si ha cura di preparare l’incontro al meglio e così si sciupano le occasioni e si rovina qualcosa di bello. Il primo incontro è quello che poi resta nel cuore. A volte capita di avere troppa sufficienza nelle cose, di pensare ad altro o altri e così non resta nulla. Le due città sono davvero belle. Meritano entrambe. Melio prepararsi, con qualche guida, prima della visita.
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Pulia. Qualita’ e semplicita’. A Torino cominciano i primi pomeriggi uggiosi, freddi, che annunciano pioggia e maliconia, ma poi, a un tratto, la nostra citta’ e’ capace di riportare le lancette del tempo indietro, in PUGLIA. Esiste infatri da pochi giorni un negozio, Pulia, in via Garibaldi, 53 dove puoi trovare o ritrovare il pasticcioto e la sua crema, i rustici, le pizze o pizzelle, le orecchiette e ogni altro bendi Puglia. Oggi mi son fermato e ho gustato il, pasticciotto. Rivederlo e’ stato come arrivare a Lecce, in Salento…..complimenti al pasticcere….crema e pasta buonissime. Andateci.i
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Sono ritornato in Salento, perche’ il ritornare non necessariamente implica il movimento fisico. Basta anche un semplice auricolare, un lettore, una canzone, musica, e sono a Gallipoli, a Santa Maria di Leuca, a Lecce e in ogni posto da dove si vedeva ilmsole al tramonto fecondare il mare. Sono su uno dei tanti bus presi in Salento e con me ci sono ragazz* che sono qui per le loro vacanze…..la musica termina ma non ne ho ancora voglia di atterrare su questa realta’ “nordica” e tra un sole che feconda il mare che non sono quellimche io vedo ma quelli che io leggo….un libro, un altro sud, oriente…..no, resto ai miei occhi e quello che vedono e che hanno visto, non quel che leggono, quindi, torno indietro con il lettore e riascolto la stessa musica, salentina. Una, due, tre, cinque volte….fino a stordirmi……con una grande bellezza.
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Forse trovo un po’ di Kafka anche qui……..
Vai, Romano!Spaccali!
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