Influenzati positivamente nelle nostre riflessioni da buona letture, e con sufficienti dosi di ascolto e attenzione, ci si rende conto di essere circondati da migliaia di parole e situazioni al pari dei prodotti esposti sugli scaffali di uno dei tanti supermercati presenti nelle nostre città. Città racchiuse dai non luoghi, freschi d’estate, caldi d’inverno. Anche se…era da quest’inverno che non si vedeva un’estate così, al pari di quel che si pensava e diceva l’inverno trascorso, che era dall’estate appena trascorsa che non si vedeva un tale inverno. E al supermercato le parole davvero sono in saldo. La cassiera, intenta a passare il lettore su ogni prodotto depositato sul tappetino ha appena domandato al cliente se è arrivato. Il cliente, occhi assonnati e viso annoiato per trovarsi in quel posto (si capisce, una funzione non sua) risponde , garbato ma secco con un no. “Ho aspettato fino ad ora, ma non riesco ad aspettare oltre. Sono impaziente. Dovrei trovarlo da un momento all’altro.” La cassiera ribatte: “Ma la scadenza è già passata?”Penso ad un prodotto, che il cliente magari staca cercando e la cassiera, data la coda e impossibilitata ad avere il polso della situazione, (colpa della mano pos-zionata a tracciare) tra gli scaffali, si interessava dal cliente stesso. L’incontro tra domanda e offerta. “Si, risponde lui. E’ già scaduta. Da due giorni”. Poi, dopo aver depositato tutti i prodotti nei vari sacchetti, alza il viso e tornando sul discorso, rende partecipe tutta la fila: “Mio figlio proprio non vuole saperne di nascere“. Risata collettiva. Ma le risate collettive non terminano qui. La pioggia caduta sulla nostra città nelle ore appena trascorse ha indotto ad uscire dalle mure domestiche per andarsi a” depositare” in una delle più grandi “soffitte mondiali” dove sono presenti bauli ricchi di ricordi: dal parrucchiere. Uno di quelli per “uomini e donne”. Li, non solo si trovano le riviste, belle e impossibili, che neanche dal giornalaio, ma quelle storie “esagerate”. Aspetto il turno, mi accomodo al lavello. Entra una ragazza, molto carina, “capelli tagliati da poco”, mi dice. Una settimana fa dovevano essere più lunghi. E difatti, continua, mimando con il gesto della mano: “Mi arrivavano fino qui”. Parla, il giusto, del lavoro, delle colleghe, del suo cane (da caccia), insomma, le solite chiacchiere che si fanno quando si è in una di queste soffitte (quale e che serbatoio di memorie individuali e collettive saranno i lavoratori di questa categoria). E’ graziosa, davvero. capelli castani, occhi nocviola, viso roseo. Ad un tratto arriva la pettinatrice, osserva il collega e gli intima: “Mi raccomando, un trattamento spa. E’ in corso un incontro davvero importante”. Spa. Cosa sarà? Alzo appena appena il capo e osservo chi insaponava la mia testa, infarcitasi nel frattempo di libri, di società, e di società per azioni, dividendi e utili ad altro. Utili, a dire il vero, mai. Ma, come si dice, non si sa mai. Mi osserva e dice: “Tranquillo, l’incontro è per domani. Infatti si sposa”.
Emily Dickinson ha scritto una volta ad un amico: “Ricordi, Joseph, quando io ero una ragazza dal cervello poco fine… l’idea che avevamo delle parole: erano cosucce da nulla, senza energia. Ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i lord … A volte ne scrivo una e la guardo, ne fissola forma, i contorni fino a quando comincia a splendere e non c’è zaffiro al mondo che ne possa eguagliare la luce” (Lettera a Joseph Bardwell Lyman (1829-1872) in: Barbara Lanati (a cura di), Emily Dickinson. Sillabe di seta, Feltrinelli, Milano 2004, p. IX)
Infarcita di libri di letture e di parole…
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Parole. Che vorremmo, per noi, che talvolta elargiamo, a piene mani, insieme a gesti, concreti, dei quali si perde traccia, memoria. Parole che spesso ci rendono muti, incapaci di parlare, dire, dirci. Ti manca qualcosa e tutto e’ un cantiere, parole che fanno difficolta’ a edificare…..parole, se non ci fossero….parole cha appartengono per meta’ a chi le pronuncia e per meta’ a chi le ascolta e quando le hai ascoltate cone non avresti e come non avrebbero, ti piovono addosso e trasformarle poi…forse un pichino come il dolore quando ti piove addosso e ti trasforma…..e trasformare il tutto poi…un’impresa lunga e travagliata.ma il mondo delle oarole e’anche quello che trasforma le zucche in principessa, a volte sono favole e ti rendono ancora unavolta piccolo in jn mondo fantastico e bello, altre volte ne producono degli effetti incalcolabili….
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Come direbbe un mio caro amico “Questo blog è tanta roba”!molto bello e profondo,si vede che ci metti il cuore nei tuoi articoli!! Tutti siamo immersi da una mole di pensieri che non ci mollano mai soprattutto quando i pensieri seguono l’agire che ci hanno visti coinvolti per tanto amore di una idea, di una persona, mole di pensieri quando le persone giocano su piu tavoli. Che fare direbbe uno che a te piace tanto, Lenin. Che fare? Ti vorrei dare un consiglio, fai qualche articolo sugli argomenti della giornata ,magari prendi spunto dal tg ! ci sarebbero molte opinioni sugli argomenti!!continua cosi che sei grandee !ti seguirò …in ogni caso ti ripeto….bellissimo e non fa filosofia. Questa lasciamola ai……passeri.
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Grazie. Viviamo in una societa’ liquida, vogliamo e abbiamo notizie al pari di un caffe’ istantaneo. La rete ci offre una varieta’inimmaginabile anni fa, di reperire notizie e non solo. Un blog e’ un diario, una sorta di diario. Scrivere notizie di u tg sarebbero doppioni. Bisogna scrivere, raccontare cose del mondo in cui si vive, quella picvola realta’ che altri occhi non vedono. Ad dxempio, una lettera per strada di un innamorato, storie di persone e vita di quartiere, libri e commenti, lotte di lavoratori sindacali da chi e’ coinvolto in prima persona in un lavoro che c’era e ora non piu’ o manca…di chi studia quando puo’ permetterselo perche non tutti hanno lo sponsor di papa’ e mamma….ecco. comunque, grazie dei consigli e delle letture che ne fai.
saluti
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