Alcuni lettori del blog, incuriositi da quanto descritto in precedenza e impossibilitati a muoversi hanno richiesto di poter documentare alcuni tratti di devozione della nostra città, della nostra circoscrizione, di fedeli in genere alla Madonna. All’ Ausiliatrice, cosi’ cara a don Bosco tanto che per lei eresse, su sua indicazione, eresse tutto cio’.
La sera è oramai scesa sulla città. La notte sta per calare. Sul territorio di Valdocco. Qui intorno, quasi tutto è illuminato a giorno. O così pare. Bus in continuo arrivo, carichi e stracarichi di fedeli. Ognuno di loro, portatore o portatrice di una storia diversa, provenienti da paesi diversi con lavori altrettanto diversi. Targhe di provenienza: Borgomanero, Novara, Domodossola, Milano, Alessandria. Sud. Difficile contare i bus immessi e costretti nel cortile. Ogni anno sempre più difficile capire come facciano ad entrare lì dentro. Una solidarietà di classe degli autisti che pur di ricavare un prezioso centimetro sarebbero capaci di chissà cosa. Anche di tenere una ciambella” in mano per ore. Pur di arrivare all’obiettivo principale. Non lasciare nessun bus, nessun collega fuori da questa cittadella. Solidarietà di classe che si esprime e si applica. Talvolta è nella classe che non si applica. Oggi, in molti luoghi, o no luoghi, lasciare qualcuno indietro, o non ricordarselo affatto pare essere lo, sport preferito. E ci si consuma e lacera anche quando nel ragionamento si apportano temi di indubbia comprensione. E su questo punto, almeno in questo cortile, quanto capita, rende davvero tutto questo un altro mondo. Raggiungo una scala. Salgo, per osservare meglio i bus in arrivo. Ascolto i consigli degli autisti arrivati in precedenza. Consigli millimetrici per “fare posto”. A quanti si apprestano ad entrare nel cortile per “ricoverare” questi “bestioni” da strada carichi di umanità. Provo a contarli, i bus. Dieci, venti, trenta. Mi fermo. Impossibile. Noto solo che alcuni, all’interno, cominciano ad alzarsi, smaniosi di scendere, dopo un lungo viaggio e carichi a loro volta di fatica. Nel loro ridiscendere, qualcuno ha mani occupate da qualcosa. Chi un rosario, chi una bottiglietta d’acqua chi un seggiolino pieghevole di quelli buoni per l’estate, durante l’esodo estivo, degli anni duemila e “tot”. Ridiscendo. Lungo il colonnato qualcuno ha già aperto il suo seggiolino e ne approfitta per mangiare un panino, una pizza, un piatto di qualcosa portato da casa o avanzato dal lavoro. Prima che scendano tutti gli altri compagni di viaggio. E’ gente che passerà la notte qui. Pensionati, ragazzi, lavoratori. Altri, giornale aperto su “sedili in pietra” ne approfittano per dare un’occhiata alle notizie politiche. Domani è un’altra vigilia. Di votazioni. Mi sposto nell’altro cortile. Coda ai servizi igienici stile stadio o concerto. Bar affollati. Gente in coda e volontari improvvisati baristi alle prese con panini e indicazioni ben “farcite”. Dove c’era il negozio dei ricordini a grappoli si raccolgono donne addette alla vendita. Su un cartello, posizionato all’estremità, vi è scritto, Cooperatori Salesiani. All’interno della Basilica centinaia e centinaia di mani passano oggetti di ogni tipo, affinché vengano posati per pochi istanti sulla statua della Madonna. Meglio, a contatto con la Madonnina. Alcuni volontari, avranno questo compito, per tutta la notte.
Ogni oggetto un ricordo, una speranza, una preghiera. Lacrime rigano il viso. Immagino dietro quei visi, storie personali, di sofferenze. Difficile accedere su questo lato. Meraviglia. Una improvvisa sorpresa dell’ anima. E davvero in questo caso, ci sta. Senza fare ricorso a Cartesio. Osservo l’orologio. Lentamente ci si avvicina alla mezzanotte. E la gente continua ad arrivare. Qui, a Valdocco, nella vigilia della festa di M.A. Decido di
uscire e recarmi in uno dei due bar. La coda alle macchinette è davvero impossibile sostenerla. Forse una ventina di persone che attendono in religioso silenzio all’interno di una giornata religiosa e di festa. Decido per il bar. Scambio qualche parola con un gruppo. Solite cose. Provenienza, lavoro, professione, studi. Alcuni sono molto giovani. Il tempo passa, così, da un cortile all’altro, da un tavolo all’altro. Ex allieve, anche se quell’ex denoterebbe una certa saggezza, in realtà non lo sono. Maturate, solo da qualche anno.
Studentesse, laureande, specializzande. Studenti. Un pochino in disparte un paio di ragazzi si fanno compagnia con un libro. Leggono, ripetono, si interrogano a vicenda.Uno catechizza l’ altro. E mi rendo conto di come il linguaggio abbia preso a prestito molto da queste realta’. Il mio pc, ad esempio, salvera’ con nome questo file. Salvera’ con nome, mentre i fedeli, i credenti vorrebbero essere salvati nel nome, mentre il piu delle volte, noi, esseri mortali, sappiamo solo la via per cestinarci. Provo ad avvicinarli. Quei ragazzi. Per un attimo mi pare di non essere mai uscito da scuola. Mi informo. Lunedì avranno l’interrogazione e tenuto conto che, questa notte non chiuderanno occhio, all’alba andranno in giro, così, da un cortile all’altro, al massimo, si affacceranno per Torino, almeno un pochino e poi, dopo la Processione, il viaggio del ritorno, domenica praticamente non studieranno. Liberi portati in “processione”. Ricordi personali, si dischiudono. Quei ragazzi sembrano alcuni studenti che durante la gita si accompagnano sempre con il libro per il giorno dopo. Una sorta di reperto archeologico, qualcosa di fuori moda. Ma lì, era un’altra storia. Prima di fare ritorno a casa, riprovo ad entrare. Ai piedi della Statua, pare di essere in una delle rappresentazioni al Calvario. Ancora un pensiero e rientro. A casa. Comincia a farsi alba. I devoti continuano ad arrivare. Senza ricambio. Senza “sliding doors”. Si entra solo. Ci sarà posto per tutti. Nessuna escluso. Fuori si vendono ancora candele. Serviranno per il resto delle prossime ore. Ad illuminare questo pezzo di notte che slava e anche per accendere una speranza.