Buon primo maggio.

DSC00753Temperature in ribasso. Acqua, pioggia, temporale al mattino presto, così come  era successo ieri, nel tardo pomeriggio. In mezzo un arcobaleno. Ah, quanto è stato triste quell’arcobaleno di sei anni fa. Due passi, verso il “salotto” di Torino, con il pensiero in viaggio,  in prospettiva di domani e del domani. Piazza San Carlo, luogo di conclusione del corteo del primo maggio. Pensiero in retrospettiva,  a quando i palchi, posizionati qui, erano impregnati di passione, sindacale, politica, e dove andavano in scena i comizi, gli amori, le auto torinesi.  Quando via Roma era una “vasca”, lo struscio e la piazza, San Carlo, un parcheggio. Mi posiziono a due passi dal cavallo. Questo tardo pomeriggio, non è “circondato”.  Nessun girotondo in atto. Si offre per essere fotografato. Ma non espugnato. Forse fra due o tre domeniche. (Quando qualcuno si cucirà sulla maglia uno scudetto). Osservo altri fotografare.  Incuriosito e silenzioso. Mi posiziono a sinistra. Cerco la visuale alta e di colpo corrono i film delle foto di classe, quelle delle elementari, di fine anno o di Natale. In piedi e seduti. In alto, a sinistra. Per via dell’altezza.  Talvolta delle panche, per quelli “bassini”. In alto. Sia con il fiocco, a far da cornice al grembiule blu scuro con le tasche, sia con il pon pon che dalla terza elementare avevano sfrattato il fiocco azzurro dei maschietti. E sempre a sinistra, in piedi anche in seguito, alle superiori, quando cominciavano ad “uscire” dagli armadi le prime giacche quadri. In alcune cose, forse, esiste una sorta di predestinazione. Forse  per altezza rilevante, fin dal primo vagito. Anche se, sono più propenso a collocare ciò ad un cassetto della nonna, aperto così, un po’ per gioco, un po’ per noia.  Un’estate calda, caldissima. Pomeriggi eterni e tempi lunghi, lunghissimi. Infiniti. Smetti di giocare e cominci a curiosare. E gli occhi di un bambino, che a malapena legge  finiscono su un documento di lavoro, con il nome e cognome del nonno. Lavorare “oltre confine” di quello che poteva essere. in quel “ventennio” il confine. L’espatrio, pur di lavorare e dire di no a  “quella tessera” che era necessaria per lavorare. La scelta di lasciare tutto e tanti, pur di dire  ancora no a quella tessera.  No, no, no. Il diritto a lavorare senza “omologarsi” ad una dittatura.  Un foglio, quel foglio di “espatrio” per non avere la tessera (impronunciabile) era collocata in alto (a me pareva enorme, quel “settimanale”) a sinistra. Forse, è datare in quell’episodio  la nascita di quella posa assunta in tutte le fotografie, ovvero, in alto a sinistra. E a pensarci bene, anche all’università mi collocavo, in quella famosa aula 34, in alto a sinistra di quello che è stato il parallelepipedo di Palazzo Nuovo. Libri di storia del movimento operaio, pagine, documenti, scritti da altri. Da studiare e difendere.  E diffondere. E non solo. Anche in altre, magari più piccole. E oggi, tanto per non smentire, quando chiedono  ai colleghi, dove possono trovarmi, qualcuno risponde: “lo trovi in alto, a sinistra”. In quel cassetto c’era tutto. Una valigia che ti porti dietro, anche quando non viaggi. Pero’, qualcosa di diverso da un’appendice.  A questo pensavo ai piedi del cavallo, a domani, al corteo del primo maggio, a quelli degli anni passati.  Ai diritti da difendere sempre e comunque anche quando qualcuno continua a negarli o vorrebbe abolirli. Con l’arroganza di chi detiene qualche centimetro di potere e pensa di “potere” in virtù di una piccola e misera scala gerarchica, dimenticandosi che, fortunatamente, l’ordinamento, è ancora democratico, almeno in quelle cose, poche, che ci sono rimaste. Che il movimento operaio ha versato sangue. Che in un’ Italia con una disoccupazione  che “viaggia” al 12 per cento, bisogna per forza, andare al corteo, domani, per reclamarlo, questo benedetto lavoro, e per difendere i diritti e cercare di ampliarli, per chi non li possiede.   Andare col pensiero del nonno, che seppe dire di no, ad ogni forma  di oppressione. Dopo aver esaurito questi pensieri, mi dirigo verso la strada del ritorno. I portici, la stazione, la stazione della metro, la metro che arriva. Fischio. Le porte si aprono. Fischio, le porte si chiudono. Occhi su, alla mappa posizionata in alto a sinistra del vagone della metro. Una, due, tre,  cinque fermate. L’arrivo. Le scale mobili. Per la salita. Pur di non tenere quella parte impronunciabile, scalini a due a due. Per tenere la sinistra. In un batti baleno mi ritrovo in alto. Ovviamente a sinistra.

Un buon primo maggio a tutte. A tutti. Così, anche a chi mi saluta, trovando oggi, in alto, a sinistra.

Torino, città che riflette

Assisi. Basilica Inferiore. Dipinto di Cimabue

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Torino, per le vie del centro. Via Maria Vittoria. Dipinto, copia del Cimabue ( Posto nella Basilica Inferiore ad Assisi).

Giornata di pioggia sulla nostra città. Come da previsione. Giornata “radiosa”, invece, dalle parti di Roma, Citta’ del Vaticano, dove “uomini coraggiosi” sono diventati Santi.  Alle ore 11.02. Una giornata che resterà nella storia, non solo per  Roma. “Due uomini coraggiosi, sacerdoti, vescovi e papi del ventesimo secolo. Che hanno conosciuto tragedie ma senza esserne sopraffatti”. Papa Wojtyla e Papa Roncalli. Da oggi, due santi. Così sostiene Papa Bergoglio in un tripudio di bandiere bianche e rosse. Con ombrelli gialli.  Nella giornata dei 4 papi. Due in questo Regno,  che celebrano insieme “due nell’altro”. Papa Francesco che celebra.  Roma, “invasa” da pellegrini e turisti. Facile immaginare la marea di gente in quella piazza, dietro in quella che e’ piazza Risorgimento, il fiume in Via della Conciliazione, fino ai giardini di Castel S.Angelo. Una pagina di storia in una giornata trascorsa tra canti e colori, fedeli, gente comune e capi di Stato e “teste coronate”. Un evento davvero mondiale. Come era Czestochowa, Denver, Parigi, Roma… Un’ immagine che resterà nella storia per due Papi vissuti nello stesso secolo. Francesco che ringrazia e che si intrufola tra la gente, in via della Conciliazione.

Già, Francesco. Anche qui, a Torino, piove. Si cammina rasentando il muro, al riparo, per quello che si puo’, dai cornicioni, proteggendo la mazzetta dei giornali per una rassegna stampa “quotidiana”  in una giornata di festa ma piovosa. Tra la stazione Porta Susa  e i piedi della collina, una lunghissima direttrice. A metà, un salotto. Di quelli buoni. Sovente è “la meta” per il giusto riposo, nel lungo cammino di questa direttrice. Luogo dove sovente si festeggia uno scudetto, quando si vince; dove   di tanto in tanto si insediano palchi, residenza, un tempo, di comizi e manifestazioni sindacali e politiche. Prima che perdessero visibilità e consistenza.  Luogo di passaggio per manifestazioni e domeniche a piedi. Luogo. Diversamente dai non luoghi. Direttrice che incontra piazza Carlina, casa Gramsci.Altro salto presso la casa, oggi, anniversario della morte, 27 aprile. Scritte sui muri e cartelli che indicano la presenza di associazioni, come quella dei panificatori. Compagni, una parola, un ritmo. Condivisione, partecipazione. Cammini, osservi i muri, la Provincia, un museo. Un dipinto sul muro. Uno specchio dall’altra. Dall’altra, lo specchio riflette arrivi di moltitudini, in quella cittadina, Assisi. Lo, specchio ideale riflette  incontri, quotidiani e andati, partenze e arrivi,  “un panino” condiviso, da anni, per anni, un giorno: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” (senza dimenticare di rimettere i nostri debiti, poi, noi…); un paio d’ore rinchiusi in un abitacolo che si chiama vettura, o bus, l’aria condizionata, la radio che rimanda Rino Gaetano mentre le parole tamburellano in testa… “a mano a mano”, il vento che soffia sul viso e “ruba un sorriso”, la bella stagione che era iniziata..”? Insieme alle mani muovono braccialetti, rossi. Poi,   le colline, una scarpinata, e l’approdo ad altri colli, Assisi. Una meta voluta, ricercata.  Altro colle, alle spalle. Insieme a tanta filosofia. La meta e la ricerca, di sé e del perdono. Turisti incrociati, ovunque, coi loro zaini e le loro storie. Altre storie. Altra storia. Assisi. La contemplazione, la preghiera. Solitudine. Orazione.  Due mani aderenti, senza vuoti. Di qua, sul muro di questa via cittadina, la sorpresa. L’immagine. Ma lo specchio si trova su questo lato della strada. Dall’altra parte, l’immagine rimandata dal ricordo di una città, di un dipinto,  di un incontro, era quella vera. L’originale di Cimabue,  che si trova nella Basilica inferiore di San Francesco, ad Assisi. L’immagine sui muri di Torino. Per le vie del centro. Nei pressi del salotto buono, di via Roma. Via Maria Vittoria.  Bellissima questa copia del Cimabue. Chissà quante volte ci si passa, davanti, senza osservarlo e pensare all’autentica che si trova  ad Assisi. Fermarsi col pensiero. Essere qui, ad Assisi e Roma.  Torino, una città che davvero vista con occhi attenti non termina mai di stupire. Devozione popolare. Occhi rivolti verso l’alto. Mentre la nostra citta’ e’ invasa da turisti in coda per musei, forse complice il mal tempo, continuo ad osservare questo dipinto e lo “specchio” che rimanda immagini.

TTT…che musica

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Torino. Maria Ausiliatrice. Ragazze e ragazzi della provincia di Milano in attenta lettura della Rivista Maria Ausiliatrice appena uscita.

Torino, Torre Giuseppe e Tamagnone Lucia…3 T.  Che musica sotto la Mole, in questi giorni. Per quanto riguarda le storie relative a Torre e Tamagnone, sono da pochi giorni fruibili anche su formato cartaceo (rivista Maria Ausiliatrice). Un grazie a quanti hanno chiesto con post la possibilità della storia su Torre Giuseppe in versione cartacea.

 

A Valdocco, l’entusiasmo di ragazze e ragazze provenienti dalla provincia di Milano che con la guida del loro don e  la sotto la statua del “padre e maestro dei giovani” (posta nel cortile di Maria Ausiliatrice, ai piedi delle Camerette del santo) osservano con attenzione la rivista patinata, fresca di stampa. Entusiasti del formato e degli argomenti trattati.

Per quanto riguarda la città, invece, si registra la presenza del Jazz Festival.  E numerosi turisti.

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Torino. 26 aprile 2014. Comune di Torino.

 

Alle 21 in piazza Castello, la musica continuerà. Questa sera. Per chi potrà.

In giro per la città, ora, non si trova solo un tram storico, verde, o tram ristorante. Esiste anche, in questi giorni  un tram trasformato in palcoscenico per dare spazio a questo tipo di musica. “Jazz, la forma più alta della musica” sosteneva una mia amica. Alla guida della sua vettura, la compagnia della musica jazz era costante.  In piazza, mani e dita he tamburellano su gambe e braccia; dita  mosse per dare il  ritmo a gambe in movimento con la musica di sottofondo. Jazz, espressione di sé stessi. Un’occasione, a Torino,  per diffondere la cultura jazz. Oltre che essere  musica di qualità.

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Torino 26 aprile 2014. Piazza Castello. Il palco per il Torino Jazz Festival.

Buon 25 Aprile. Resistente

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Torino. Piazza Carlina. Casa Gramsci.
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Torino. Casa Gramsci.

Come consuetudine, un salto, in mattinata, presso Casa Gramsci, a Torino. Un fiore. Così come hanno fatto molti militanti, qui e in molte lapidi commemorative a Torino. Una Torino in festa, molti turisti. Per chi ha scelto la nostra città scartando mare, infradito, pareo, costumi vari o qualche visita nelle numerose mostre presenti in altre città.  Ancora un neo: negozi aperti. Speriamo ci risparmino  questa “brutta mostra” almeno il primo maggio. Ovviamente, tifiamo per  le saracinesche abbassate. “Odio gli indifferenti”, avrebbe detto Gramsci“Persone, oltre le cose” una pubblicità televisiva. Anche nel salotto buono di Torino,  Piazza San Carlo, “stazionano” gruppi di ragazze e ragazze. Sole estivo che “spacca” le pietre di questa piazza. Meglio allora calare sul “capo” qualcosa.  Nei bar adiacenti la piazza, la politica è il tema forte. Insieme agli ottanta euro in busta paga! Ormai “decretati” e pare “coperti”. Pure loro. Poi via a saltabeccar e nella discussussione su “incapienti”, “elezioni” e quindi “campagna elettorale”,  discorsi da bar. Ovviamente. Poco da bar, e molto da storia partecipata chi confronta questo 25 aprile con altro di altra data. Sotto la pioggia. A Milano. “Che liberazione”. Anche se, era l’inizio di un accerchiamento di un ventennio. Un altro.  Altri, seduti al bar, consultano il  giornale squadernato sotto il naso. Un occhio attento alle previsioni del tempo per i prossimi giorni. Questo è un bel ponte. Per molti  sara’ un  ritorno alle proprie attività a  “pagina del calendario voltata”.  Lunga fila nei pressi di questa piazza, in attesa di entrare in un museo. Sotto i portici di via Roma, traffico da Esodo, così come avvenuto in mattinata in numerose Chiese, in vista della celebrazione per la “Prima Comunione”. Tanti vestitini bianchi ricordano infatti non solo che è in atto la Prima Comunione ma contribuiscono ad affondare nei ricordi personali di molti.  Lunga fila al “centro” della Chiesa, che ricorda altro “esodo”.  Poi, foto ricordo per tutti. All’ uscita distribuzione di mappe geografiche scaricate da internet o disegnate a amno. Pronti, via , si parte direzuone qualche ristorante o agriturismo. Per chi puo’.Una bellissima giornata, da ricordare sempre. Tornando a casa, altro profumo di pizza e pane.

 

 

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Torino. Piazza San Carlo.

La fiaccolata per il 25 aprile

 

Torino, piazza Arbarello. Corteo e fiaccolata accompagnata dalla banda del corpo di Polizia municipale, direzione Piazza Castello, dove interverranno i rappresentanti delle associazioni della Resistenza Piemontese.

Alcune lapidi poste nella nostra città. Ricordare. Per tenere vivo il ricordo dei martiri che si sono battuti contro il fascismo.

Fra i molti presenti alla fiaccolata, molte studentesse e studenti. Tra questi alcuni prossimi alla maturità. Provo a chiedere scuola e provenienza ad alcuni. Un ragazzo in particolare sembra preparato sul programma di quinta e  in particolar modo sulla Resistenza.  Chiedo cosa lo ha portato ad essere qui, questa sera e quali letture sul tema.

In questo sessantanovesimo anniversario della Liberazione. Nei racconti dei più anziani, i racconti degli atti di eroismo. In quelli dei più giovani…

“Sono un ragazzo 19enne (appena compiuti), vivo a Torino da quasi dieci anni e ho iniziato la scuola dalla prima media dove mi hanno fatto ripetere l’anno perché mi sono iscritto tardi visto che ero appena arrivato dal Marocco. Non è la prima volta che mi trovo qui, alla fiaccolata. Mi sono integrato abbastanza facilmente  e anche l’apprendimento della lingua italiana non è stato difficile  poiché la scuola mi mise a disposizione un insegnante bilingue che poteva parlare con me in dialetto marocchino qualora io non riuscissi a comprendere. Dopodiché ho iniziato le superiori facendo un percorso di formazione professionale che continuai un volta presa la qualifica presso un istituto statale per ritrovarmi adesso a distanza di un mese a prepararmi all’esame  di stato. Attualmente frequento la classe quinta. Ho approfondito il tema sulla Resistenza e su quanti si sono battuti contro il fascismo. Letture particolari, Se questo è un uomo, La Tregua, di Primo Levi e la storia di una staffetta partigiana, L’Agnese va a morire.  La mattina, nel tragitto da casa a scuola, mi ritrovo spesso ad osservare alcune lapidi-testimonianze di chi ci ha garantito, oggi, la libertà, di poter parlare, esprimere la propria opinione, comunicare, dissentire,  pagata a caro prezzo. Esempi valorosi di chi ha saputo fin dal primo momento da che parte stare. Quella giusta. Sono qui, questa sera,  insieme a molte compagne e compagni di scuola per tenere vivo il ricordo di tanti giovani,  come me,  che alla età che ho io si sono battuti valorosamente per stare dalla parte giusta, lasciando in dono a tutti noi un valore fondamentale: la democrazia. Nel mio piccolo, coltivo la passione per tutto quello che è politica a partire dalla comunità in cui vivo e sono inserito. E questo sicuramente non potrei farlo se tutti quei martiri…”

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“People” di…Torino

 

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Torino. Fermata bus don Bosco del 52 e 60. Corso Umbria.

A volte capita di incontrarle per la strada. Cosa? Le stranezze. E così, con alcuni pensieri in tasca, e altri che girano “liberamente a ruota libera”, avvolto in un parka che forse non è più ora, ci si domanda invece, di cosa potrebbe essere scuola, si sarebbe detto al nostro interlocutore:  “sai, sono davvero fortunato. Ho la fermata del bus proprio sotto casa“. Invece,  a volte, ti trovi costretto ad invertire un po’ il senso delle cose. L’interlocutore, avrebbe detto, ieri: “Sai, sono fortunato perché ho proprio le bancarelle del mercato…alla fermata del. Scendo, compro e poi risalgo sul bus“.

 

E se invece fossero bancarelle incorporate alle fermate? In ogni caso, e parte gli scherzi, lodevole l’iniziativa presa dalle istituzioni per “decentrare” un’area mercatale. Troppo “comune” l’idea delle bancarelle sotto il municipio. Meglio spostarle. Decentrarle per valorizzare le “periferie”.  Vedremo come sarà nelle prossime settimane (al mercoledì, corso Umbria).

Curiosa anche l’iniziativa di una mamma, alla ricerca di un “totem” erogatore di biglietto di sosta per…..il passeggino. Un passeggino sulle strisce blu! Troppo forte. (Via Industria).

Per non parlare poi, di un locale (presumibilmente) il cui terrazzo ricorda (a mio modo di vedere) la forma di “nave”. Con le lampare. “Avanti tutta!” Sulla terrazza, la zona fumo. Ma, a questo punto, magari, era per le candele. Per una buona cena a lume di candele. (locale zona Borgo Dora).

Per restare più seri, invece…

La luce e i raggi del sole filtrano attraverso le colonne del porticato. Tutta la via è animata da un via vai continuo che fa dimenticare la vigilia della festa. Dalla vetrina del negozio di scarpe filtrano invece ricordi, di quando andavano di moda le zeppe. Quelle verdi. Chi le fotografava e archiviava e chi spediva altrove.  E chi ancora veniva spedito in “altri paesi”. “Roba in saldo” ma pur sempre cara. Altri tempi.

Nel corso contiguo e al termine di questo, fervono i preparativi. Alcuni scatoloni contenenti candele giacciono ben custoditi sul muretto di Piazza Arbarello.  Un paio di signori lavorano per la manifestazione-fiaccolata. Alle 20. 30, puntuale, la fiaccolata, partirà e si snoderà lungo il centro di Torino. Per non dimenticare.

Ora e sempre, Resistenza.

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Torino. Via Industria. Strisce blu a pagamento.

Cani finti nei pressi del Duomo e Porte Palatine

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Cani finti nei pressi del Duomo-Porte Palatine e….Forse un invito ad istituire un’area per cani?..Mha, chi lo puo’ dire.

Ho provato a fare un paio di telefonate, nella giornata di oggi. Al museo e all’area archeologica. Il primo non era competente e si trova distante dall’area considerata, l’altra ha ascoltato e risposto. Mi è stato detto che i cani, finti, sono stati posizionati da alcuni mesi. Ma senza motivo particolare.

Per la cronaca, invece, sulla strada, dove si trova davvero di tutto, un cartello di lamentele. Per l’uomo. Non per il cane. I cani, non hanno responsabilità.

 

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Pasquetta a Torino

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Torino vista dai Cappuccini.

Pasquetta in città. Tripudio di fiori, di ogni tipo e via vai continuo di turisti. Giornata fredda, a tratti pioggia.  Nota dolente, negozi aperti, compresi alcuni centri commerciali. Nonostante il dì di festa da santificare. Nonostante le statistiche abbiano avvertito che solo un italiano su dieci si recherà a comprare. Braccio di ferro tra chi sostiene che l’apertura possa essere un volano e chi vorrebbe dedicare questo giorno agli affetti famigliari. In effetti, chi, andrebbe a comprare, oggi?

Una breve passeggiata, su uno dei “monti” torinesi, a sottolineare l’analogia con altri “colli”. Romani. Monte dei Cappuccini. Sono in molti, giunti quassù, ai Cappuccini, per ammirare la città ai nostri piedi e “stampare” una cartolina  via cellulare senza dover passare dal negozio e senza  affannarsi per un francobollo e la ricerca di una cassetta delle lettere per spedirla. Tutto “leggero”. Lungo il percorso, erba appena tagliata e profumi di piante e fiori variegati. Strada normale e sentieri. A noi la scelta. Poco distante, il lento fluire del fiume, forse alla ricerca del mare. La ricerca del riposo.  In cima, nei pressi della statua, gruppi di giovani, coppie, famiglie e anziani, che snocciolano ricordi dei tempi andati, di quando questo posto era collegato con una particolare funivia e di chi invece lo ricorda solo perché “ne ha parlato il giornale”. Chi racconta altre pasquette e chi  quando “le ultime volte che era stato qua”. Da una parte, l’arco rosso olimpiadi ci indica la zona Lingotto, dall’altro i grattacieli, indicano l’inizio (o il termine dell’autostrada Torino-Milano-

Ad ascoltare voci sagge, un tempo più giovani e più mielose, pare che un tempo, almeno per questa giornata, ci fossero treni, per Bardonecchia, uno ogni mezz’ora, o quasi. Dalle 8.30 del mattino  (o giù di li) in poi.  Il primo era sempre pieno. Impossibile l’accesso. Quelli per il mare, direzione Liguria, erano già partiti al mattino presto. Per loro, il viaggio, sarebbe stato lunghissimo.  Quello direzione Piacenza Rimini, pure.  Identica cosa in termini di viaggio. Chissà, oggi. A sentire le voci sagge,  si poteva andare a Bardonecchia con 7 mila lire, in due. E  a sentir i loro racconti, doveva essere davvero una bella gita. A lasciar spazio ai ricordi,  bastavano quattro biove, formaggio e fette di prosciutto, qualche succo di frutto e un plaid.  Oltre, per chi le aveva, le classiche uova sode colorate, e qualche biglietto romantico. Un augurio. Bastava poco. Appena arrivati sui monti, dopo essersi lasciati alle spalle la stazione della cittadina e alcune case a grappolo per poi imboccare la stradina centrale, via Medail, con negozi aperti,   si imbattevano in altri grappoli, questa volta “in carne ed ossa”, molto cittadini e poco attenti al fior fiore della natura. Erano quelli del primo treno. Li  si riconoscevano immediatamente. Stereo sulla spalla nell’identica posa in cui si erano  imbattuti  i nostri narratori nella stazione di Torino  Porta Nuova,  poco prima della scelta del treno. Musica a palla e   e palleggi continui con la palla, nello stesso modo in cui avevano reso il pallone uno yo-yo sotto l’atrio della stazione torinese intenti a controllare l’orologi posto sotto la volta.

Una camminata sui prati spelacchiati, a volte un po’ fangosi per lo scioglimento delle ultime nevi, intenti alla ricerca di un posto assolato. Finalmente l’arrivo, al pari di una corsa stra-cittadina. I primi raggi del sole erano loro. Ovviamente, non prima di aver zigzagato tra quelli arrivati prima e impossesatisi come i barbari degli appezzamenti di montagna lasciati liberi.  Era sufficiente una radio, con buone pile. L’era dei cellulari con radio incorporata era ancora da venire. L’importante era che le pile fossero cariche. In alternativa, un mazzo di carte. A sentir loro, era bello guardare lo sciogliersi dell’ultima neve, quella stessa neve sulla quale si era sciato pochi mesi prima, o, se non si era capaci, come probabilmente accadeva, scivolare su quell’ultima  neve che racchiudeva qualcosa di romantico come un’ultima foglia posta sull’albero; una neve che era stata tantissima e abbondantissima, con lo slittino o una specie di padella. In alternativa, una gomma, tipo salvagente. L’effetto scivolo sulla montagna era identico. A sentir loro, se ci si stufava, si scendeva, zaino in spalla, alleggerito di quelle quattro biove, formaggio e prosciutto, per una passeggiata fino al ponticello. Nel frattempo, con una buona dose di sfortuna, era sceso a far loro compagnia anche un po’ di quei mal di testa che si prendono quando si cambia aria. A volte, anche dopo l’amore.  A sentir loro,  prima di partire, si dava un’occhiata al caffè della stazione, prima di rimontare sul treno e scendere in città, e se, di quelle 7 mila lire era avanzato qualcosa, bhe, c’era posto anche per un buon caffè. Nel treno, in quei cinquanta minuti, davano anche fondo alle ultime due tavolette di cioccolata con le noccioline. Riposte le carte nello zaino, con l’effetto dondolio del treno, c’era posto anche per un abbraccio  e una buona stretta di mano. Senza vuoti a perdere.  L’amore faceva da cornice. Una Pasquetta saggia con un tramonto in una tazza. 

I saggi osservano i binari della stazione. Sorridono. Mi pare di intuire il perché. Alcuni treni  ad alta velocità, in attesa. Pochi a dire il vero.Tra uno e l’altro, spazi. Arrivi e partenze con tempi diversi. Una volta si arrivava a Bardonecchia con 7 mila lire. In due. Non molto, a dire il vero. Ma nello zaino c’era molto. Con tanto. Amore.

 

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Torino. Il Po. Corso San Maurizio. La Mole Antonelliana.
Torino. Monte dei Cappuccini.
Torino. Monte dei Cappuccini.

Pasqua 2014. Continua.

 

Pasqua a Torino. Un caffè nella centralissima Piazza Vittorio Veneto, osservata e scrutata da una finestra particolare, i portici della nostra città. Oppure stazionare in coda, per tutto il tempo necessario, in altra piazza, Castello, per poter accedere ad un museo. In questo frangente, la coda per visitare la mostra dei Preraffaelliti, “l’utopia della bellezza”, a Palazzo Chiablese Settanta capolavori in un percorso suddiviso in sette temi quali la Storia, la Religione, il Paesaggio, la Vita Moderna, la Poesia, la Bellezza, il Simbolismo. Insomma, Torino come capitale dell’arte.

O  ancora, contemplare, in attesa che arrivi il battello in arrivo dalla parte opposto e il lento fluire del grande  fiume Po. 

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Torino. Domenica 20 aprile 2014. Il Po, l’angolo di Piazza Vittorio e la Mole Antonelliana sullo sfondo.

La vista è da cartolina. La Mole Antonelliana che si staglia nel cielo, visibile sullo sfondo, e la piazza che si apre nel cuore di Torino.

 

In realtà, le alternative  che la nostra città offriva e offre in questa giornata erano davvero numerose.  Oltre alle consuete “mete”, in molti hanno trascorso la festività, o parte di essa, optando per una scelta diversa. Il Serming, per esempio, o una visita, seguendo l’esempio dell’Arcivescovo di Torino, Nosiglia, in visita a qualche anziano o persona sola, sofferente, o ancora presso qualche casa di riposo, di cura o in un centro per anziani. E non si puo’ che immaginare, la felicità di chi, avvezzo alla sofferenza, solitudine, almeno per un giorno, è riuscito a contemplare ed intercettare un viso nuovo e raccogliere e riflettere su qualche parola in più, depositata e scambiata non da e con  qualche personaggio immaginario frutto della propria mente, ma da un parente o conoscente, in carne ed ossa, passato da li, non per caso, ma sollecitato, da qualche bel sermone. E dalla coscienza.  Non più mazzi di carte, o visi riflessi allo specchio, a consultare rughe e  nominarle con nomi di qualche realtà passata. Niente di tutto cio’. Un incontro, una visita, inaspettata per i pazienti, i più deboli, l’ascolto, il parlare. Così, per far passare il tempo, ma in maniera diversa da come accade in qualsiasi altro giorno. Non più caramelle alla menta da scartare, in solitudine o lunghe e infinite passeggiate in qualche cortile di una ex casa per suore ora di riposo. Qualcosa in più, almeno per un giorno. Restituire qualcosa e qualcuno  alla normalità. E la normalità , dovrebbe essere sempre. Uno degli ospiti, entusiasta di vedere volti nuovi, prova a dare prova a dare sfogo alla propria memora nel raccontare l’omelia della Messa. “Il masso del sepolcro spostato, nel giorno della Resurrezione, come sinonimo di barriera da abbattere.” Continua a dipanare il suo ricordo restituendo ai presenti quanto accolto in mattinata, prima delle Specie sacre.  “La lotta fra morte e vita”. E a modo suo, prova a dare una spiegazione, interpretandolo, quel masso spostato, come un ponte, un raltà che tendono ad avvicinare. L’incontro. Gli incontri. Parla, felice di aver trovato qualcuno con cui parlare. E in molti ad ascoltarlo. Con una lucidità incredibile. Gli occhi brillano. La gioia è di casa. Bastava poco. Davvero. E così è  per tanti altri. Per un giorno, in fuga dalla vecchiaia, dalla tristezza, dai pensieri.

Sarebbe bello poterlo fare più spesso.

 

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Torino 20 aprile 2014. Piazza Vittorio vista da sotto i portici.

 

 

 

 

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Torino. Piazza Castello. Domenica 20 aprile 2014. In coda per la mostra sui Preraffaelliti. Mostra a Palazzo Chiablese.

Pasqua 2014

Fiume Po. Torino, Pasqua 2014.
Fiume Po. Torino, Pasqua 2014.

Ben tornato al sereno sulla nostra città. A scrutare il cielo, non si direbbe bel tempo, ma, quantomeno, sereno. Da qua sopra, dal Monte dei Cappuccini, a Torino,   scostando una ideale tendina di una ipotetica stanza, la città sembrerebbe un grande teatro e i suoi abitanti, attori,  artisti, le comparse, artefici principali del movimento cittadino.  Ognuno di noi, una piccola civiltà, distinta da altre, con i propri concetti  e definizioni. Le due stazioni, Porta Nuova e Porta Susa,  affollate di gente, viaggiatori, turisti e torinesi,  di chi parte e chi arriva. In una, un punto informativo a forma di uovo, che fa tanto Parigi, distribuisce cartine geografiche della città. L’altoparlante “snocciola” nomi di città vicine e lontane. Uova di Pasqua, come cani al guinzaglio e colombe sul palmo della mano.  “Piovono code”, davanti ai musei, era il tema dominante della giornata di ieri. Insieme al freddo. Oggi, gli ombrelli, sono stati momentaneamente depositati. Qualcuno comincia già a parlare di pranzo e di uscite fuori porta.

Nella giornata Santa di oggi, recuperare Calvino sarebbe l’ideale. “Ciascuno di noi è un attore su una scena e Dio è il pubblico”. Noi come attori e portatori di qualcosa di bello. Sembra una finestra sul mondo, questo piccolo “balcone”, questa piccola stanza di un ipotetico appartamento, a dir la verità, una grande terrazza, condivisa. Ad aprirla, scostare la tendina, una grande bellezza si offre a noi. Torino, estesa, Nord, Sud, Ovest, Est. In lontananza, “i pennacchi” dello stadio. Dall’altra parte, l’arco, a rimandare quello della vita. Qui, come in ogni altro posto. Roma ad esempio. Chissà perché, in lontananza, piazza Vittorio assume le sembianze del Vaticano, via della Conciliazione, gente accalcata, occhi verso l’alto. Altra finestra, questa volta reale nella visione.  Qualche analogia, forse, tra le due città, che fa tanto libro,  o semplicemente, una riflessione sulla giornata di oggi. Grandi bellezze. Musei all’aperto.  Il lento fluire del Po e traffico domenicale. Per restare in tema, città da sfogliare, come libri.  O città da scoprire, come un incontro, come l’amore.  L’amore sacro, perché come la grazia. “Ovunque si volga lo sguardo il mondo puo’ risplendere come la trasfigurazione. E tu non devi metterci nulla tranne un po’ di disponibilità a vedere.” Occorre un po’ di coraggio, nel voler vedere. La città, è bellissima. La giornata, pure. La luce è costante. Siamo noi che giriamo.

Torino, Monte dei Cappuccini. Pasqua 2014
Torino, Monte dei Cappuccini. Pasqua 2014