La “fascia protetta” del padre. Tanti auguri, papa’

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Giornata di sciopero. Dei bus. Aree protette garantite. Il mercato pareva trasferito  dall’area mercatale di Porta Palazzo alle fermate dei bus. Carrelli della spesa, borse, buste, sacchetti di ogni formato e ogni contenuto. A tratti,  un contenuto mondiale. Ah, benedetta globalizzazione. Contenuto e forma. Come certe idee che girano e vengono fuori, senza fasce protette. Come capita.  I tram, vuoti, raggiungevano il capolinea. “Fuori servizio”. “Out of order”, mi ricordava Kelvini’, in una danza particolare, con movenze di braccia e mani davvero inconsuete, per me. Ma Kelvini’, faceva ballare braccia e mani, per fare il paio coi piedi, buoni, di Marco. Solo che i set, non sono piu’ da “15” punti e gli intervalli, in minuti, si sa, a scuola, non possono seguire un “concetto valvola” politicamente corretto ed estenderli a 21, come ora i set. Anche se loro, certi studenti, sanno sempre come allungare di qualche minuto il loro “break”. E accorciare altro. Come che sia, mischiato tra le tante massaie, rannicchiato nell’unico angolo disponibile di una panca posta sotto la pensilina, mi raccolgo per dare una scorsa a “Lettera al padre”, di Kafka. Già, lettera al padre…Oggi, la festa del papà…..ricordi tornano alla mente. Non frutto di nostalgia, che, a detta dell’amico di Kevini’ affiora quando si accorcia il futuro e si dilata il passato. Ricordi da “Vecchia Romagna”, un caminetto, la musica di sottofondo, qualche gioco con la carta e, voilà, ecco perfezionate barchette, cappelli e…angioletti. Made in “papà”, e con quelli attraversavamo stagioni, regioni intere, mari e oceani.  Ah, che bei tempi. In quanti staranno pensando in questo momento, al loro di papà. Mentre giro e rigiro le pagine del libro, alternandole ai ricordi, una ragazza, seduta al mio fianco, “snocciola” il suo, pubblicizzandolo mentre parla al cellulare. “La moto, lo scooter, le braccia strette intorno alla sua vita.” Lo sentivo forte, protettivo. Era il mio mito, anche se era quasi sempre al lavoro e sembrava assente nelle cose pratiche. Quanto l’ho amato quando il giorno del mio compleanno, pensando si fosse dimenticato, a sera, mi chiama, e mi urla dall’altra parte della stanza: tanti auguri, piccola”. Che forti, questi papà, che belli. Che bel ricordo. Era felice. Provavo ad immaginare, lei, piccola, con sua sorella, come trapelava dal racconto, in attesa, la sera, dell’arrivo del loro papà. Un angioletto. Anzi due. Un angioletto che ti resta impresso, nel cuore, e nella pelle.  Un angioletto, in attesa, che vale la pena attendere. Opss…un mito per cui vale la pena stare in attesa del suo arrivo. Un senso di pace, tra le sue braccia. A tutte le età. Bhè, buona festa, papà.

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