Fotografia di…classe

DSC00532DSC00528Il suo palleggio, il suo, dribling, lo “scartare” l’avversario, e non solo, a detta di un suo “vate”   ricordano, intabarrato nella sua maglia azzurra e rivestito del  suo  sorriso al “passaggio”, posto al confine tra due “realtà'”, quella dell’impegno e del “disimpegno”, che nel calcio fa tanto “scuola”, ricordano  un giocatore “d’oro” che grazie anche  ad un colpo di mano, e non solo di piede, vinse un mondiale. Pero’ bravo era bravo,  e questo, a vederlo dalla “tribuna”, bravo e’   bravo.  E fa scuola.  Facendo la “rasetta”  a quella che e’ la sua fascia laterale, che poi e’ un corridoio “marcato” o “stretto”  in due tempi supplementari quotidiani da 15 minuti al giorno, tiene in perfetto equilibrio l’aspetto atletico, la geometria e la matematica applicata a questa “nobile scienza” del calcio. Quando si trova nei pressi della bandierina e della panchina del “quarto uomo”, posizionato subito dopo i “tecnici”, con le dita della mano indica un tre. “E  tre”  afferma, facendomi tornare indietro ad un tre di tanti anni fa rifilati  all’ Olimpico, di Roma al Dundee United. Era il passaporto per la finale di Coppa Campioni. Una notte prima degli esami. E gli esami sono ormai prossimi a sostenerli i ragazzi di quinta, appena cimentatisi in una simulazione da tema di maturità.  E di simulazione in simulazione Marco simula reti, goal e braccia alzate al cielo. E bravo, a calciare, e’ bravo. La statura non rende il paragone, ma il pensiero ritorno a  quella notte, tra il trenta giugno e il primo luglio. Nei pressi di Parma, in un treno lunghissimo e carico di desideri che andava incontro al mare e al sole del Sud si apprendeva la notizia che Diego era passato al Napoli.

In alcuni scompartimenti fu l’apoteosi. Molti furono svegliati di soprassalto. Le “reti” che fungevano da porta pacchi all’interno dello scompartimento  furono gonfiate da ugole che emanavano gioia e grida fuori misura. Un ricordo, che e’ una “fotografia di scuola”. Gia’. A proposito di fotografie che hanno fatto scuola e che si facevano a scuola, ma, quelle di classe sono andate definitamente in pensione dopo aver dato un calcio non solo alle pensioni, ma anche ai fotografi? Certo un tempo era emozionante. Il giorno della fotografia. I tempi memorabili, a scuola, erano tre. La gita, la foto, e la pizza di fine anno. Di tanto in tanto “sciamano” novelli fotografi alla ricerca di qualche oggetto che rassomigli ad una lettera e tristemente rifletto che nel cortile dove ora palleggia Marco, di tanto in tanto, non ci saranno più  panche da sistemare, “dietro, quelli alti, seduti i bassini”, la maestra sorridente e il bidello nella sua giacchetta blu con penne e matite al seguito.  Loro cercano mentre noi, altri, siamo alla ricerca di qualche senso. Peccato. Che non ci sia piu la foto di fine anno. Come una volta. Pero’, ora, siamo tutti fotografi, tutti autori di libri, tutti giornalisti. Ne’ male, ne’ bene. Oggi, la foto di classe, con classe, ogni momento è buono per farla e pubblicarla. Non vi è più bisogno di aspettare maggio o giugno o la fine dell’anno. Non vi è più bisogno di lavare fiocco, grembiule e giacca o tailleur. Nulla più di tutto questo. E’ la tecnica, che talvolta da alleata dell’uomo puo’ diventare una vera nemica. Chissa’. Come manca anche quella macchinetta che ti faceva la foto, anzi 4 fototessera, per cinquemilalire. Manca davvero tanto. In compenso, ho pensato che qualcuno, per Torino, ci sara’ ancora che le fa,  le fotografie. E cosi  tornando indietro nel tempo e servendomi di un tram storico, mi sono imbattuto, nel centro di Torino in un antico lavoro svolto, saggiamente da bravissimi fotografi. Da quanto? Una sorpresa. Impossibile crederci…Andateci. Dalle parti dell’Università, Palazzo Nuovo. Intanto, i ricordi accendono altre classi…