
Fa fresco. Vento su Torino. L’aria ha spazzato via anche questi tre anni. Libri nello zaino. Notti insonni. E davvero. Tutto sembra un finestrino. A guardare fuori, mentre tutto corre e correva velocemente. La città, gli altri, sabato, domenica, gita, mare… Ma non fa niente. Un altro mondo è possibile. (ed è bello ritrovare questa speranza anche in uno dei personaggi del libro di Alice Corsi, “La memoria degli alberi“). Le scale alle spalle. Il Duomo davanti a me. Di tanto in tanto lo sferragliare del tram, del jumbo tram. Impiegate, impiegati, studentesse, studenti, “sciamano” alla ricerca di qualche posto economico per il pranzo. Ora fa freddo su questa panchina. Gli occhi si chiudono, ma non abbastanza per sorridere.
Dall’università, sorrido. Bella!!!, direbbero i ragazzi a scuola, e un pensiero lo volgo a loro, ripetendomi che, nonostante le chiusure e il mercato del lavoro, anche per loro, se ci credono “un altro mondo è possibile”. Un’altra partita si è chiusa. Questa, il primo step. Ora, inizia il secondo.
Ora andiamo a casa. Si ritorna.
Questo lavoro, lo dedico a tutte le operaie, operai, a chi ha perso il lavoro e chi non lo ha mai avuto e lo cerca. A tutti coloro che lavorano a Mirafiori per pochi giorni al mese, essendo in cig, in attesa che qualcosa cambi. Presto. Alle badanti, i badanti che si occupano, preoccupano e hanno a cura i nostri cari. Nuove lavoratrici e nuovi lavoratori che ho incontrato per capirne meglio le loro storie, di sofferenza, lavoro, solitudine. “La solitudine dei lavoratori” ha scritto Giorgio Airaudo e sostengo nella tesi. (E un pensiero lo volgo alla Fiom, compagne e compagni con cui ho passato notti in treno per raggiungere la capitale a manifestare il dissenso e dire che “un altro mondo è possibile”). Lavoratrici, lavoratori che spesso non “riescono a santificare il giorno di festa”. Alle lavoratrici e i lavoratori dei call center, laureati, addetti a questo lavoro pur di non “fuggire via”, all’estero, alla ricerca di un lavoro migliore, rispondente alle loro aspirazioni.
A Tutti i ragazzi che la mattina mi incontrano a scuola e mi riempiono la giornata con un “buongiorno e grazie“.
Un grazie all’amicizia del professor Giovanni Carpinelli e ai suoi utili suggerimenti. All’amico ing. Domenico Capano, che tanto ha insistito, come detto altre volte, affinché…cominciassi a….scrivere senza penna.
Questo lavoro lo dedico a chi convive ogni giorno con i disturbi alimentari di bulimia e anoressia affinché possano vincere definitivamente la loro battaglia e cantare vittoria, e sorridere così per sempre.
Un grazie al grande Felice Reburdo, uno degli ultimi “preti operai” che mi ha accompagnato fino qui, e Livio che ha “sponsorizzato” con il suo “tifo” l’avventura.
Un grazie a chi mi ha sostenuto, anche quando ero solo e a te, che non credi all’amore, ricordando Elsa Morante: “Con te per sempre finch’io viva e più in là”.
Un abbraccio a famiglia e fratellone…………..Si torna a casa. Per me, non tengo nulla.
Cio’ che si vuole, si puo’.